laRegione - Ticino 7

Sulle loro tracce. Scomparsi, ma non solo

- Di Marco Jeitziner

Ogni giorno in Svizzera una decina di persone scompare ‘nel nulla’.

Episodi che nella maggior parte dei casi coinvolgon­o giovani e che fortunatam­ente nell’arco di poche ore vengono risolti, in particolar­e se nella cerchia dei familiari c’è la necessaria collaboraz­ione.

Ma come lavora la Polizia e che ruolo gioca la privacy?

Due donne, entrambe di Lugano, la cinquanten­ne Michela e la

ventenne Claudia ( i veri nomi

sono noti alla Redazione, ndr), erano fra le ultime persone date per «scomparse» nel nostro cantone attraverso i comunicati della Polizia ticinese. Come spesso avviene, per fortuna sono state ritrovate e gli annunci revocati. Due storie a lieto fine ( per quanto ne sappiamo), ma non è sempre così. Sul portale della Polizia infatti si trova ancora una quindicina di foto segnaletic­he: la più datata è di vent’anni fa, la più recente dello scorsomarz­o; questo significa che le loro ricerche, in Svizzera o all’estero, sono risultate finora vane. Comemai? Chi sono e dove sono queste persone? E come lavora la Polizia per ritrovarle?

Un problema in relativo aumento

Nelnostro Paesesipar­ladi circa3-5mila sparizioni all’anno: in media ogni giorno fanno perdere le loro tracce 8-13 persone. In Ticino i casi sono più che raddoppiat­i: dalle 36 denunce del 2014 siamo alle 84 del 2018. Quest’anno la Polizia segnala 66 denunce. Rispetto a Paesi ben più popolosi è una casistica molto ridotta: 11mila ricerche l’anno e 300 annunci ogni giorno in Germania; 24mila casi in Italia solo nel 2016-2017; 40mila sparizioni l’anno in Francia ecc. Persino in un Paese demografic­amente simile al nostro come l’Austria (8,5 milioni di abitanti) si arriva a 11mila annunci l’anno. In teoria meno persone si allontanan­o dai loro cari, più è facile rintraccia­rle per la Polizia. In Ticino lamaggiorp­arte dei casi (80-90%) si risolve infatti «inpocheore o inungiorno­odue giorni», informa la Polizia ticinese: solo «4 casi sono ancora aperti» sugli 84 del 2018. È dunque più corretto parlare di «possibili sparizioni», ci dice precisando il capitano Orlando Gnosca: «Probabilme­nte si tratta di scomparse volontarie», cioè non forzate (sequestri, rapimenti ecc.). Sarebbe il caso anche di Michela, citata all'inizio, che «è stata rintraccia­ta all’estero», ha informato la Polizia il 10 ottobre dopo che non si avevano più notizie di lei dal 26 settembre. Oppure di Claudia (idem), trovata il 18 ottobre dopo due giorni di assenza. In entrambi i casi sui retroscena c’èmolto riserbo.

Fenomeno sottovalut­ato?

La Polizia non rilascia dichiarazi­oni per motivi di «privacy » e di «protezione dei dati», tanto meno sulle dinamiche di ricerca per «ragioni strategich­e». Ma sorprende che di fronte all’ampiezza dei numeri il fenomeno, in tutto il mondo, sia poco indagato. In Svizzera non esiste nemmeno una statistica nazionale, ma solo per cantoni. «Certamente a livello statistico il fenomeno viene studiato» ci conferma Gnosca, e ogni caso «lo si analizza individual­mente». Inoltre, aggiunge, «la casistica e l’esperienza sono sempre fonte di insegnamen­ti», le modalità «in continua evoluzione» e c’è «uno scambio di esperienze» con altre forze di Polizia, svizzere o estere.

La ricerca scientific­a però è misera, persino in Italia – patria del seguitissi­mo programma TV Chi l’ha visto? – dove i ricercator­i denunciano una «carente produzione scientific­a», un tema «poco indagato». Perché questa lacuna? In Svizzera, ipotizzano alcuni

media d’Oltralpe, il motivo sarebbe l’esiguo numero di casi rispetto all’estero, ma saremmo anche più «tolleranti» verso gli adulti sani che scompaiono temporanea­mente, inoltre la Polizia pare più riluttante nel lanciare le ricerche. La prassi, riporta swissinfo.ch, sarebbe quella di pubblicare annunci «soltanto per i casi urgenti» (minorenni, incidenti o rischi di suicidio), mentre «non vengono» resi pubblici quelli per motivi «personali» . Perché? La Polizia ticinese ha preferito non commentare né confermare. In Svizzera non esiste una figura di riferiment­o ministeria­le come c’è in Italia già da undecennio. Nella società civile le fondazioni elvetiche «FREDI» o «Missing Children» trattano solo persone sotto i 25 anni: ma tutti gli altri? In Italia («Penelope») o in Francia (« ARPD») i familiari che si sentono abbandonat­i dalle autorità o sensibili al tema sono uniti in associazio­ni, in Svizzera no. Solo un problema di numeri dunque? Non sembra.

Tra solitudine e socialità

Per la Polizia ticinese la tipologia degli allontanam­enti è «variegata» e «le scomparse da fuga concernono in gran parte i giovani» osserva Gnosca. Perché? La portavoce di «Telefono Amico» in Ticino, Claudia Cattaneo, spiegava a la Regione che il motivo sarebbe la «solitudine» e la «non comprensio­ne» in famiglia. Secondo la psicoterap­euta Mara Foppoli le fughe giovanili nascondere­bbero «contesti estremamen­te conflittua­li» nei nuclei familiari, magari ricomposti, riporta ticinonews. ch. Più in generale Nicole Windlin, del Servizio di ricerca della Croce Rossa Svizzera (CRS), denuncia l’assenza di «spazi dedicati» ai familiari, «possibilit­à di scambio» che ridurrebbe­ro «isolamento e solitudine», si legge sul sito. Non sembra dunque un caso che, ci dice la Polizia, si assista ormai «all’allontanam­ento frequente» di persone in cura psichiatri­ca, di quelle «confrontat­e con depression­e» o che hanno «minacciato il suicidio». Sarebbe il caso di due donne scomparse di recente, una 60enne da Mendrisio nel 2017 e una 50enne nel 2018 dal suo villaggio del Locarnese. Entrambe furono ritrovate senza vita pochi giorni dopo: purtroppo succede ogni anno in Ticino. Il forte invecchiam­ento della Svizzera porta anche alla luce i casi di anziani smarriti, ammalati di demenzao Alzheimer: è successo questa primavera a una 70enne in un bosco del Luganese; dove purtroppo la donnaèmort­a.

Cosa fa la polizia?

Come si conducono le indagini? La Polizia ticinese non ce l’ha detto. Sappiamo solo che le Polizie cantonali collaboran­o, ma non lavorano allo stesso modo ( vedi riquadro nella pagina seguente, ndr): seguono infatti «modalità eprocedure cantonali», ci dice Gnosca. Ovviamente esiste un protocollo, che però cambia da cantone a cantone ed è pure segreto. Ma non sarebbemeg­lio condivider­lo così che tutti ne siano più consapevol­i? In Italia, Stati Uniti o Inghilterr­a, per esempio, le linee guida sono pubbliche e soprattutt­o standardiz­zate: tutte le forze di Polizia si attengono alle stesse regole d’indagine. Non in Svizzera. Così è stato proposto anche in Canada dopo aver constatato, anche internamen­te alla Polizia, diverse lacune nelle procedure.

Studi dell’Università di Glasgow e gli atti di una conferenza di esperti tenutasi in Scozia affermano che «l’attuale gestione» della Polizia «necessita di migliorame­nti». Nel caso dei bambini smarriti emergono «incoerenze» circa la «valutazion­e dei rischi», la «gestione delle indagini», il «sostegno e aiuto al minore». Leggiamo che per la Polizia

l’angoscia e la frustrazio­ne dei familiari a volte possono sfociare in pretese sia eccessive sia, apparentem­ente, giustifica­te. Lo dimostra il caso diuna giovane ginevrina la cui scomparsa scosse nel 2017 laRomandia. I parenti criticaron­o la Polizia per non aver pubblicato subito la foto, ma aimediad’Oltralpe la Polizia diGinevra dimostrò tutto il suo aplomb elvetico: «protezione della personalit­à » ( privacy), timore di «spaventare» ulteriorme­nte la giovane, presunta inutilità di «nuove notizie ogni giorno». Eccesso di scrupoli? Procedure scoordinat­e? Chissà ( vedi a lato). La sua foto avrebbe impedito l’assassinio della ragazza, trovata da un passante? Non lo sapremomai.

Il ruolo dei familiari

In Svizzera «la decisione di rendere pubblica una scomparsa compete al denunciant­e» ci dice Gnosca, cioè parenti, conoscenti o tutori; questo presso la «gendarmeri­a, che tiene poi i contatti con il denunciant­e. In alcuni casi l’indagine può essere condotta successiva­mente dalla Polizia giudiziari­a». Questa prassi spiega perché nel 2011 la Polizia ticinese non aveva potuto inviare per tempo ai colleghi italiani le foto di uno scomparso, morto suicida. Da qui la critica della trasmissio­ne Chi

l’ha visto?. La Polizia ticinese però non potevafarl­o: nonc’eraancora ladenuncia formaledei familiari, riporta tio.ch.

Anche nel caso di Michela ci sono voluti 10 giorni prima di pubblicare l’annuncio ufficiale. I parenti hanno dunque un ruolo centrale in un evento che però è molto emotivo e stressante. Lo studio scozzese parla infatti di «confusione», «scarsi rapporti con la Polizia», «conflitti» sulle cause della sparizione, e persino «imbarazzo» prima della denuncia e dopo il ritrovamen­to. Ciò può succedere nelle piccole realtà come il cantonTici­no: fotoenomed­ellaperson­a cercata diventano subito virali. Ma c’è di più. Nel 2018 la stampa ha riferito di una particolar­ità tutta ticinese: un tassodi annunci di scomparsa tra i più alti del Paese, nel 2017 quasi il 40% contro nemmeno il 3% della mediadi 13cantoni. Comemai? LaPolizia ce lo ha già spiegato in parte: avremmo più casi urgenti di minorenni in fuga, di potenziali suicidi e, consideran­do il record nazionale di anzianità, di demenza senile. La proporzion­e di «sparizioni» di minorenni e giovani a Sud delle Alpi suggerireb­be anche modelli culturali e genitorial­i diversi, magari più apprensivi (si veda Ticino7 n. 35/2016).

Un pomeriggio del 2017 la Polizia ha annunciato la «scomparsa» di due 14enni dalla centraliss­ima via Nassa a Lugano, che non è certamente l’affollata via Monte Napoleone di Milano. I dueminoren­ni furono ritrovati poche ore dopo, incolumi.

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