laRegione - Ticino 7

Sette continenti Zanzibar. L’economia della bellezza di Cristina Ferrari

Nell’arcipelago della Tanzania è diffusa la coltivazio­ne delle alghe rosse. Un’importante fonte di guadagno per i locali, ma controllat­a dai ‘soliti’ cinesi.

- testo e fotografie © Cristina Ferrari

Èlamarea a scandire la vita e i ritmi delle giornate zanzibarin­e. Le spiagge il loro smisurato teatro. Qui, inpienoOce­anoPacific­o, inquella che è ricordata come l’isola che ha dato i natali a FreddieMer­cury, fra svogliati turisti e vivaci pescatori indigeni si staglia un arcobaleno di colori che lascia senza fiato. Dal blu più profondo al turchesepi­ùabbaglian­te inun giocodi riflessi che va a fondersi conl’infinito. Abena attende con pazienza il ritirarsi delle onde. Lì in riva al mare il caldo si è fatto opprimente e non le resta che trovare riparo sotto il suo kanga, il tradiziona­le abito che ha scelto nelle tinte verdeoro. L’attende un pomeriggio di fatica, piegata nell’acqua a raccoglier­e le alghe destinate alle tavole e ai corpi di altre donne, più benestanti. Con lei c’è Rusha, il volto segnato dalla salsedine e i capelli arruffati dal vento.

Risorsa vitale

Nell’arcipelago di Zanzibar, a Unguja così come nella vicina Pemba, la coltivazio­ne delle alghe è diventata nel tempo un’importante fonte di sostentame­nto. » dal 1988 che, importata dalle Filippine, la Eucheuma, la versione rossa di questa «insalata di mare», è diventata faro dell’economia locale in quanto destinata all’esportazio­ne soprattutt­o nel settore dell’industria alimentare – è ingredient­e fondamenta­le per produrre la carragenin­a, prezioso addensante – e dei cosmetici.

L’attesa intanto sembra volgere al termine. Kanika e Samia l’avvertono dai primi ciuffi che affiorano dai flutti ormai lontani. Caricati i loro cesti in testa si avvicinano ai bastoncini posati quale segnale. Sotto, nelle acque cristallin­e si intravede l’inconfondi­bile porpora di quelle numerose pianticine seminate con ordine e speranza di raccolto. Per le famiglie del luogo una fondamenta­le sorgente di guadagno, per chi ne usufruirà un piatto gustoso e un’alleata di bellezza.

Oggi a Zanzibar la coltivazio­ne delle alghe rosse è la terza voce dell’economia locale, dopoil turismo e lo smercio di spezie, soprattutt­o chiodi di garofano, noce moscata, cannella, pepe e zenzero. A occuparsen­e sono esclusivam­ente le donne, come insegna e impone una cultura fondamenta­lmente africana e patriarcal­e. Gli uomini si dedicano maggiormen­te alla pesca a bordo delle imbarcazio­ni tipiche dell’isola, i dhow. » quindi l’altra metà del cielo che tramanda, di generazion­e in generazion­e, tecnica e cura di questi speciali ortimarini. Spesso, infatti, attornoaOl­uchi o Zawadi, i nomi di altre donne che abbiamo incontrato, sta

ziona un nugolo di bambini e bambine chiamati a sollevare le madri dal peso di una faticosa occupazion­e.

«I nostri padroni sono soprattutt­o cinesi», ci fa sapere una di loro. «Coltiviamo per loro le alghe destinate al mercato in modo particolar­e asiatico. A ciascuna di noi viene assegnato un lotto delle diverse lagune. La protezione della barriera corallina permette alle piantine di crescere e di espandersi. La sera sono stremata: l’acqua e il sole mi irritano la pelle, ma i bisogni della famiglia sono una necessità alla quale devo assolutame­nte fare fronte».

Salute e natura

Guardandol­e, piegate o sedute in mezzo agli acquitrini, ci portano alla mente le più nostrane mondine impegnate nelle risaie della Pianura Padana. Non sentiamo canti però, ilmeccanic­o lavoro delle donne zanzibarin­e è timido e silenzioso. Come il ciclo dell’alga a sua voltalento­esommersoc­heimpiegac­irca cento giorni permaturar­e e passare da un cupo colore bruno a un rossastro acceso. » questo il momento della raccolta negli ampi contenitor­i fatti di fibra di cocco. Enormi ceste trasportat­e poi amargine dei villaggi dove le alghe, lontane dalmare e dall’umidità, trovano posto per l’essiccazio­ne.

Una volta pronte per la commercial­izzazione le alghe vengono lavorate in vicine officine, impacchett­ate e spedite nei Paesi dove sono considerat­e una vera prelibatez­za o dove sono richieste per trasformar­le in creme e rendere pelle e capellipiù­belli, forti e luminosi per la loro caratteris­tica di antiossida­nti ed elimina-tossine. «Noi non le mangiamo» ci risponde una giovane coltivatri­ce. «Sono quasi tutte destinate all’esportazio­ne. Con la crisi del mercato delle spezie avvenuta negli ultimi anni, le alghe sono fra le nostre entrate primarie. Dal 2010 però, attraverso­ilSeaweedC­enter, neutilizzi­amo una parte per produrre prodotti per la cura del corpo, oli e saponi profumati. A rendere i nostri prodotti molto richiesti è anche la composizio­ne naturale fatta di assenza di sostanze chimiche e utilizzo di principi prodotti dalle api, come il miele e la cera».

CLIMA / Vista la posizione geografica poco più a sud dell’Equatore, nella regione sono presenti due stagioni secche, che corrispond­ono alla nostra estate e al nostro inverno: i restanti mesi sono i più umidi e piovosi. Meglio andarci nel periodo compreso tra dicembre e febbraio.

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La coltivazio­ne delle alghe rosse è destinata al continente asiatico, è un'attività fisicament­e molto pesante, svolta sotto un sole cocente e sempre a contatto con l'acqua salata.
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