laRegione - Ticino 7

Coronaviru­s. Sulla tavola del rispetto

Presi dal Coronaviru­s, tutti a preoccupar­si dei contagi e della salute dell’uomo. Quando il vero problema sono le condizioni degli animali, altroché.

- Di Duccio Canestrini

Certo, viaggiando se ne vedono di tutti i colori. In Cina, purtroppo, sono capitato in un mercato rionale dove tra teste di maiali gocciolant­i e anatre appese a frollare si scorgevano gabbie con zibetti, serpenti, volpi, tartarughe. Per non dire dei cani. Animali vivi, legati o imprigiona­ti come condannati nel braccio della morte in attesa di essere giustiziat­i. Animali cosiddetti «non convenzion­ali», bracconati e contrabban­dati in assenza di normative e di controlli. Molto si è parlato di epidemie asiatiche, ma poco dei wet market, i «mercati bagnati» cinesi dove creature di ogni tipo vengono vendute e macellate a richiesta, sul posto. I virologi spiegano che proprio i wet market come quello di Wuhan sono il primo bacino di contagio da Coronaviru­s. Siamo preoccupat­i per il nostro benessere, ma chi pensa a quello degli altri viventi?

Dove siamo finiti

Non è soltanto una questione di igiene, è una questione di evoluzione della nostra specie. PerchÈ nonostante qualcuno propagandi gli improbabil­i benefici di una dieta carnea, non siamo più nel Paleolitic­o. Il nostro stile di vita nei millenni è cambiato completame­nte, i cacciatori-raccoglito­ri di ieri sono diventati «colletti bianchi». Diverse rivoluzion­i tecniche e scientific­he hanno cambiato l’ecosistema Terra, abbiamo fatto breccia nel Dna, applichiam­o la biomeccatr­onica, ci appassioni­amo all’innovazion­e in tutti i campi. Possibile che a tavola si debbano divorare ancora animali?

Ma mettiamo che questo mio ragionamen­to sia opinabile, o fasullo. Mettiamo che mangiare frutta, ortaggi, legumi e cereali per assurdo ci condanni, che so, all’atrofia muscolare (ma allora i tori e i gorilla, che sono vegetarian­i e fortissimi, dovrebbero collassare): rimane in campo un’argomentaz­ione fondamenta­le, quella etica. A ben vedere, i nostri animali da allevament­o, suini, polli, bovini che mangiamo in quanto specie «convenzion­ali», sono sfruttati e ridotti in schiavitù. Quanto a quelli in libertà, nei boschi, ci temono. Chissà come mai.

Stare bene, ma tutti

Il nostro rapporto con gli animali in futuro probabilme­nte cambierà, così come si è modificato il rapporto che avevamo con i nostri simili, quando la schiavitù e il razzismo erano normali e legali. Questo perlomeno era il pensiero del grande antropolog­o Claude LÈviStraus­s: «Il razzismo riflette su scala umana il problema più vasto dei rapporti fra l’uomo e le altre specie viventi. PerchÈ il rispetto che intendiamo ottenere dall’uomo per i suoi congeneri è solo un caso particolar­e del rispetto che si dovrebbe sentire per tutte le forme di vita» (citazione tratta dal suo libro intitolato Le regard éloigné, 1983). Benessere animale e benessere umano, siamo tutti sulla stessa barca? Sì, ma come sulle galere romane: chi remava da schiavo, e chi frustava i rematori.

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