laRegione - Ticino 7

Libere associazio­ni

- di Lorenzo Erroi

La chiamano quasi tutti ’Motociclet­ta dieci accapì’, ma il vero titolo della canzone di Lucio Battisti (parole di Mogol, anno 1970) è Il tempo di morire. » la storia sfigatissi­ma di un tizio che perde la testa per una donna, ed è disposto a sacrificar­e la sua moto pur di stringerla fra le sue braccia. Che poi, moto si fa per dire: 10 cavalli, roba che neanche un Solex. Anche l’approccio è di quelli da far tenerezza: «Sono un disperato perchÈ ti voglio amare». E giù mugolii, singhiozzi, «lo so che ami un altro» – ci credo –, «mi basta il tempo di morireee». Roba che nella rozza provincia italiana il padre di lei ti passava sopra col trattore. Eppure, forse proprio per questo, è diventata un classico: ricordo notti insonni in giro per la nebbia padana sulla Renault 4 di un amico – 10 hp anche quella, o poco più –, a cantare a squarciago­la simili sconcezze per chissà quale passionacc­ia, naturalmen­te non corrispost­a.

Siccome però alla sfiga e alla provincia non c’è mai fine, è inevitabil­e che quel che si presenta come tragedia ritorni come farsa. Per cui lo sconfitto di Battisti nel 1992 si reincarna nel pavesino col giubbotto di jeans degli 883, quello che con le donne fa anche il duro: “Non me la menare, non capisco cosa vuoi, tanto lo sapevi che non ero come voi”. E poi, la classica uscita di quello che in Romagna definiremm­o ‘birro da balera’: “A me piacciono le birre scure, le moto da James Dean”. A risentirlo ora fa sanguinare le orecchie, ma c’è dentro un gran pezzo di adolescenz­a.

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