Troppo coperto troppo scoperto
Quando (secondo alcuni) gli abiti “scoprono” troppo
La storia dell’abbigliamento è anche la storia del pudore: studiare i vestiti aiuta a capire quali parti del corpo fossero ritenute “scandalose” – e, quindi, da coprire – in ogni epoca e cultura. Gli ultimi cent’anni di moda in Occidente, ad esempio, potrebbero essere riassunti in una parola: mostrare! Nel corso del ’900, infatti, gli occidentali hanno gradualmente scoperto i propri corpi: pensate che i polpacci delle donne erano stati nascosti per secoli quando, negli anni 20, spuntarono le prime gonne al ginocchio. In seguito le gambe si sono ulteriormente scoperte, grazie anche alla minigonna. Nella moda maschile, invece, sono venute alla luce le canottiere.
Oggi in Occidente si è abituati a vedere esposte tutte le parti del corpo, salvo quelle intime. In Svizzera la scelta di cosa mostrare è lasciata perlopiù al buonsenso: si è tenuti a regolarsi secondo il contesto. Non ci sono infatti leggi federali in materia; solo alcuni cantoni le hanno introdotte (dove ciò non è avvenuto, è giuridicamente lecito girare nudi…). Nonostante l’apparente permissività, i dibattiti sul tema non mancano – e toccano soprattutto le donne.
Uno dei contesti più discussi è la scuola: quale abbigliamento le è consono? A Mendrisio, il Centro professionale tecnico lo ha chiesto in un sondaggio a personale e studenti; ne è emersa una lista molto interessante (se volete saperne di più: non vi resta che procurarvi l’Agenda, ndr). Il sondaggio prendeva spunto da uno scandalo scoppiato in Romandia: nel 2020 alcune allieve hanno rivelato che, quando i docenti ritenevano i loro abiti inappropriati, le costringevano a coprirsi con le «magliette della vergogna». Le ragazze hanno definito la misura umiliante e discriminatoria, dato che solo di rado toccava i maschi. Il dibattito è stato accesissimo: alcuni difendevano le maglie, sostenendo che il rispetto per la scuola s’esprime anche negli abiti. Altri obiettavano che gli studenti dovrebbero potersi vestire come preferiscono, senza dover temere di essere ritenuti provocanti da compagni… e insegnanti.
L’associazione tra abiti femminili e sensualità ha una lunga storia. Per secoli la moda ha presentato le donne come oggetti del desiderio: pur coprendole, gli abiti ne esaltavano le parti del corpo considerate sensuali: pensate alle crinoline, che ingrandivano il posteriore. Uno degli scopi era attirare l’attenzione di potenziali mariti: in una società in cui le donne erano subordinate agli uomini, sposarsi era fondamentale per garantirsi sicurezza. Oggi, per fortuna, la situazione è mutata. Tuttavia, le scelte di vestiario delle donne tendono ancora a essere lette come messaggi rivolti agli uomini: c’è quindi chi interpreta gli abiti scoperti come un segno che si sia disponibili a ricevere “attenzioni”. Ma, come osservano i movimenti femministi, è tempo di rompere l’equazione “abiti scoperti = disponibilità”: un’equazione pericolosa, che può portare a giustificare molestie e stupri con commenti come: «Se si veste così, se l’è cercata». Che sia tempo di smettere di pensare che le donne si vestano “per qualcuno”, e di iniziare a concepire le scelte di vestiario (di chiunque) come un modo per esprimere sé stessi?