Lungo i muri di Lugano
La Street Art come segno di vita fra strade e palazzi
Negli ultimi anni l’arte urbana si è convertita in un’eccellente alternativa per recuperare gli spazi grigi delle città di tutto il mondo. Sebbene Lugano non sia specialmente conosciuta per la street art, la città offre un percorso di tutto rispetto che permette di avvicinarsi a questa forma di espressione artistica. State pensando a una gita culturale all’aperto senza dovervi allontanare troppo da casa? Un’ottima idea potrebbe essere proprio quella di andare a scoprire i murales che sono presenti negli spazi pubblici luganesi.
Il vademecum
Per facilitarvi il percorso, il collettivo Arte Urbana Lugano (AUL) ha creato un catalogo interattivo con le opere che sono state prodotte sul territorio negli ultimi 10 anni. Per consultarlo e decidere il vostro itinerario basta andare su www.arteurbana.ch e cliccare su Street Tour: troverete la localizzazione delle opere e le informazioni sugli artisti. Se poi avete voglia di una visita guidata, Lugano Region organizza escursioni urbane condotte dalla guida turistica Romina Poretti.
Avanti, Nevercrew
Lugano non ha un Banksy, ma Banksy è un nome imprescindibile nella storia della Street Art perché unisce due elementi chiave in questo tipo di opere: rivendicare gli spazi pubblici come veramente pubblici e utilizzare l’arte per inviare messaggi che rendono visibili i disagi, le ingiustizie e le sfide principali della nostra società. Sono di quest’avviso gli artisti del collettivo Nevercrew, Christian Ravecchi e Pablo Togni, che ci raccontano la loro opera “Close up” presente da quasi un anno sulla facciata di Viale Stefano Franscini 27.
Come spesso avviene per molti artisti ticinesi, il loro percorso artistico si è sviluppato principalmente all’estero. Ci confidano poi che “ogni volta che realizziamo un dipinto in uno spazio pubblico, il contesto diventa fondamentale per strutturare l’opera; tutto il lavoro parte quindi dall’interazione che scaturisce tra noi e il luogo, che generalmente è lontano e soprattutto, nella maggior parte dei casi, ci è completamente estraneo.
Nel dipingere dopo tanti anni in posti così famigliari, come ad esempio l’incrocio tra
Via Franscini e Via Zurigo, abbiamo avuto modo di utilizzare un approccio diverso, con una connessione preesistente e forte per cui abbiamo dovuto affrontare l’impossibilità di un distacco analitico iniziale”.
Dall’Hip Hop in poi
Quanto alla loro traiettoria biografica (entrambi diplomati presso il Centro scolastico per le Industrie Artistiche di Lugano), ci permette di capire come la realtà ticinese degli anni 90 gli abbia permesso di crescere e consolidare le loro collaborazioni nel mondo della Street Art regionale. “A metà anni 90 in Ticino era molto presente la scena Hip Hop e noi eravamo vicini a quella cultura. I nostri primi lavori “ufficiali” come duo sono stati infatti grafiche per mix-tapes e vinili di gruppi rap e ci si è aperta quindi anche la possibilità di sperimentare l’espressione artistica negli spazi pubblici: i graffiti, che ci hanno subito coinvolti proprio per l’immediatezza della comunicazione.” I due evidenziano anche che dipingere in strada offriva e offre loro la possibilità di confrontarsi in modo diretto con chiunque, cosa che all’epoca – in cui i social network non esistevano e internet in generale era molto meno importante e funzionale – permetteva uno scambio e una condivisione altrimenti impossibili. Trovarsi in un mondo ancora “offline” era altamente stimolante perché permetteva uno stato di massima immersione nel processo creativo.
I Nevercrew ricordano l’importanza di eventi ticinesi come il Graffiskate – evento Hip - Hop che si teneva in Piazza Grande a Locarno –, i concorsi come “Colora la Foce” indetti dalla Città di Lugano, l’esposizione collettiva “Dalla Strada…” al Museo d’Arte Contemporanea di Bellinzona, che riunivano artisti della scena dei graffiti svizzera. D’importanza è stato anche il Centro Sociale il Molino, in cui hanno avuto modo di dipingere in diverse occasioni.
‘Close Up’
“Close Up” riflette sul rapporto tra uomo e natura. Per i Nevercrew “questo rapporto è emblematico sotto diversi aspetti: c’è ovviamente la crisi ambientale di per sé, che è una tematica fondamentale e un’urgenza che ci riguarda tutti, la conseguenza di politiche di sfruttamento e appropriazione, di una visione globale incentrata principalmente sul guadagno; ci sono quindi tante derivazioni che riguardano l’impostazione della società stessa, i sistemi “artificiali” che l’uomo ha costruito allontanandosi proprio dalla natura e dalla sua natura, e che lo portano ad accettare in modo contorto la distruzione della stessa natura di cui fa parte. Tutto questo si traduce poi anche nei rapporti e negli equilibri all’interno delle stesse società dell’uomo, e diviene quindi una questione politica e sociale”.
“Su questa base”, spiegano, “elaboriamo costantemente le nostre tematiche, interagendo man mano con i luoghi e i contesti con cui ci confrontiamo.” La balena come soggetto è un’immagine potente che permette loro di fare un discorso molto ampio. L’hanno scelta perché è presente ovunque
(in specie diverse) e quindi in un certo senso riguarda ogni luogo. Per questo consente loro di costruire un discorso al contempo diretto e assoluto.
Da Roma al Ceresio
Un’altra artista presente nell’itinerario è la romana Gio Pistone che ha creato a fine agosto 2020 il murale “Genesi di un incantesimo”. Sebbene Gio sia donna e nel suo murale lo spettatore possa intravedere temi cari al femminismo, l’artista afferma che si “è sentita sempre un essere senza genere”, sottolineando il fatto che le sue opere si riferiscono alla difesa dei diritti in generale e alla lotta contro ogni tipo di discriminazione. Nel suo racconto emerge una traiettoria biografica che mette al centro un mondo fantastico. Pistone si confida dicendo che sin da piccola aveva scelto il disegno come una sorta di secondo linguaggio. I soggetti, spesso figure di fantasia tendenti all’astratto, caratterizzati da colori molto forti e linee nette, nascono prestissimo in seguito a incubi notturni.
L’idea che fu della madre, allora studentessa di psicologia, di disegnare le figure immaginarie sognate la notte il mattino seguente con l’intento di affrontare la paura, è stata ed è ancora fonte di ispirazione per lei. Inoltre, come molti nella Street Art, Pistone è un’artista a 360 gradi e questi sogni li approfondisce anche creando scenografie teatrali. Come i Nevercrew anche Gio Pistone è figlia di un’epoca in cui la controcultura è servita per avvicinarsi al mondo dell’arte urbana: “Verso i miei 12 anni è accaduto l’incredibile, vedevo spuntare sui muri della mia città scritte colorate, poster e locandine disegnate da artisti che invitavano a iniziative e che catturavano la mia attenzione totalmente. Questo coincideva con la nascita a Roma dei Centri Sociali e dell’avvento della controcultura Punk e Hip Hop. Finalmente vedevo vivere la strada di messaggi e linguaggi nuovi e codificati che ancora non capivo, una selva da attraversare per riuscire a riconoscerne i richiami”. Da allora non ha mai smesso di creare, e con il murale “Genesi di un incantesimo” Gio rappresenta la nascita di un rito diviso in tre parti: la scoperta, il credo e la consacrazione. Per Pistone “possedere una ritualità comune, un’iconografia nota e leggende legate a eventi misteriosi crea la storia di un luogo e ne fortifica l’appartenenza. I riti sono simili in tutto il mondo anche se in posti lontani dunque le esigenze umane sembrano essere simili”. Il disegno vuole rappresentare la similitudine tra i culti, l’inutilità di considerare il proprio al di sopra degli altri e la consapevolezza che in ogni religione esiste una differenza di ruoli e di potere come in ogni sfera delle società umane. 1. “Celsius”
Murale termocromico che reagisce ai cambiamenti di temperatura, Spazio Morel, Lugano 2019.
2. “Disposing machine”
Murale realizzato per Artrust a Melano, 2017.
3. “Shifting machine”
Murale presso il nuovo centro pacchi di STISA SA a Cadenazzo , 2019.
4. “Close up”
Murale realizzato per Arte Urbana Lugano (Città di Lugano), 2020.