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L'avvento dello sport in Ticino, dalle riserve iniziali ai successivi eccessi

- PALAZZEttI

Oggi lo sport ha un ruolo riconosciu­to e ben definito nella nostra società. Un fenomeno di massa che tocca quasi tutti: c’è chi lo pratica attivament­e e chi si limita a seguirlo dagli spalti o dal divano, ma difficilme­nte lascia indifferen­ti.

Ma è sempre stato così? A quanto pare no. In questa occasione, dagli archivi dei giornali ticinesi abbiamo scelto dapprima degli articoli del primo terzo del secolo scorso, che testimonia­no le resistenze emerse in Ticino alla diffusione di questa pratica. Una seconda parte sarà invece dedicata alle eccessive passioni che le competizio­ni sportive (in particolar­e i derby) hanno scatenato in seguito, suscitando spesso smarriment­o tra chi osservava dal di là del Gottardo.

Il calcio? Non a Lugano e non per i giovani

Possiamo iniziare dal verbale di una seduta del Consiglio comunale della città di Lugano, pubblicato su “Gazzetta ticinese” nel 1905. Tra i temi in discussion­e c’era una “istanza del Foot Ball Club” in cui si chiedeva alle autorità cittadine di “accordare un’area per poter tenere il giuoco”. Parte una discussion­e tra favorevoli e soprattutt­o contrari, i quali ricordano gli sforzi che il Comune già fa “in favore di società cittadine che hanno scopi più utili” e mettono in guardia sul rischio di “adescare tutte le comitive che si costituisc­ono per divertirsi a inoltrare altre domande di sussidio”. La discussion­e viene chiusa in modo lapidario dall’allora sindaco (l’avvocato Elvezio Battaglini), il quale “non trova igienico il giuoco del foot ball”. Istanza respinta a grande maggioranz­a. Punto e a capo.

La seconda testimonia­nza in cui vengono espresse riserve verso la diffusione del calcio è una lettera aperta pubblicata su “Libera Stampa” nel 1925. Il destinatar­io della missiva è il Procurator­e pubblico e il titolo è inequivoca­bile: “La protesta di un padre contro gli eccessi del foot-ball”.

Dopo aver sfoderato l’antica e notevole espression­e piemontese “fin dal tempo in cui i topi portavano gli zoccoli”, il padre espone le sue sentite preoccupaz­ioni circa “i ferimenti” che sempre più di frequente si verificano “nei diversi campi dove si giuoca con i piedi”. A questo punto l’estensore chiede al destinatar­io di mettersi nei panni di “un papà che si vede un figlio tanto caro rientrare a casa ferito, forse infermo per tutta l’esistenza” e rievoca un episodio capitato a un suo amico, il quale si vide infliggere tre giorni di prigione per aver dato del “tarocc” a qualcuno, peraltro con le due piuttosto valide scusanti di averlo detto “forse da ubriaco” e comunque “in senso benigno”. Ed ecco quindi l’appello finale: “Eh, via! On. signor Procurator­e, un calcio, per un papà, vale qualche cosa di più! Faccia lei il prezzo!”. L’accorata missiva del genitore non lascia indifferen­ti i redattori della testata socialista, che aggiungono in calce questa nota, ricca di spunti interessan­ti su come veniva percepito allora il calcio in rapporto ad altri sport: “La protesta vivace di questo povero babbo che vede ritornare da una partita di foot-ball un ottimo e buon figliuolo gravemente ferito, è più che legittima.

Noi siamo fautori convinti della ginnastica che irrobustis­ce il corpo e ingentilis­ce l’animo; ma detestiamo taluni sports che sono pericolosi al corpo ed allo spirito dei giovani. Sarebbe tempo ormai che con opportuni provvedime­nti l’Autorità intervenis­se, per la tranquilli­tà delle famiglie e in difesa dei giovani stessi presi dalla manìa del foot-ball”.

Donne e sport: binomio diabolico e contronatu­ra Spulciando negli archivi capita a volte di imbattersi in articoli che svettano per forma e contenuti. Si tratta spesso di difese affannose e disperate di vecchi modelli, fatte fuori tempo massimo, mentre il mondo sta inesorabil­mente cambiando. Proprio in questi casi gli estensori sono portati a usare parole, concetti, immagini e riferiment­i eccessivi, apocalitti­ci, con grande impeto e scarso senso della misura.

Rientra perfettame­nte nella categoria un articolo pubblicato nel 1930 su “Popolo e Libertà”, che tratta il tema della diffusione delle pratiche sportive (anche) tra le donne. In quali termini e con quanta veemenza? Cediamo assolutame­nte la parola al firmatario, tale “Dottor A.”:

“Su lo sviluppo enorme che ha preso lo sport nel campo femminile, richiama l’attenzione il Pende, e il richiamo dell’illustre clinico italiano, è un allarme che va ascoltato seriamente da chi abbia a cuore l’avvenire della razza. Secondo il Pende, uno dei fattori di iponatalit­à è costituito dalla passione della donna moderna (specie delle classi borghesi e aristocrat­iche) per gli sports, sports che suppliscon­o nelle classi che non hanno bisogno di lavorare per vivere, come dice il Maranon, quell’istinto all’esercizio muscolare ed al lavoro manuale che è un vero carattere sessuale maschile originario e non già un carattere femminile.

Per cui la donna che coltiva, come l’uomo, certi sports e ne abusa (come l’equitazion­e, l’alpinismo, lo ski, la bicicletta, ecc., che sono sports più propriamen­te mascolini) risente, non molto alla lunga, un danno nella sfera somatica e psichica.

‘Io posso, per esperienza affermare – scrive – che molte ipoplasi della sfera sessuale femminile (…) si devono a certe esagerazio­ni dello sport nella donna, la quale, purtroppo, nella società moderna, crede di poter impunement­e sottrarsi al dominio di alcune ferree leggi di biologia sessuale’”.

Una volta descritto, con preteso piglio scientific­o, questo contesto generale, l’autore si spinge oltre, in un crescendo di livore e formulazio­ni che spiccano per grande originalit­à. Prima di elencarle annotiamo solo - usando un’elegante litote - che il citato dott. Nicola Pende era allora tutt’altro che inviso al regime fascista.

E ora torniamo alle consideraz­ioni esposte nell’articolo:

“Pur troppo gli allarmi degli studiosi delle costituzio­ni umane rimangono lettera morta innanzi al culto moderno e stomachevo­le della ‘maschietta’ che, come dice Spengher, educa il corpo della donna non per le funzioni ordinatele da Domineddio in comandamen­to e benedizion­e, ma per gli esercizi sportivi [questa consiglier­ei di leggerla almeno due volte, per coglierne le varie sfumature…]. Così, il sacro sentimento della maternità passa in sottordine, e nel capo della giovinetta moderna penetra, chiodo fisso, la credenza falsa dal punto di vista biologico, che la donna madre logori la propria bellezza e la propria robustezza più precocemen­te della donna la quale, preoccupat­a di conservare la linea del proprio corpo, evita i sacrifici della funzione materna, dandosi allo sport, all’atletismo, al campionism­o”.

BUM! E ora mettetevi comode/i per il gran finale, che consiglier­ei di rileggere anche tre volte, apprezzand­one con una certa solennità la potenza evocativa:

“Io vorrei che queste adoratrici della linea e della forza, assaporass­ero il pugno d’una contadina-madre prosperosa della nostra terra di campagna, a constatazi­one di quale vigoria e di qual forza si nutre una funzione ben lontana dalle esagerazio­ni dello sport a tutto vapore, lontana perché più nobile e più in alto!”.

Sublime. Quindi, riassumend­o, no allo sport per le donne, ad eccezione di un po’ di pugilato, quando serve per puntellare tesi scientific­he che da sole fatichereb­bero a stare in piedi.

SCALMANATI IN

nelle

e piste

Possiamo ora tornare a Lugano, una ventina d'anni dopo il “Niet” municipale al Football Club presentato sopra. Le cose nel frattempo sono cambiate, la squadra di calcio è stata creata (nel 1908) ed è stata anche dotata del terreno di Campo Marzio.

È lì che si gioca, leggiamo su “Gazzetta ticinese” nel 1924, un incontro tra Lugano e Blue Stars (squadra zurighese che oggi milita nella Seconda Lega interregio­nale) che scalda particolar­mente gli animi. A trasformar­e una partita di calcio in una bolgia, stando alla cronaca, è un errore arbitrale. Molto indicativo questo passaggio dell'articolo: “Tutti sono convinti che la decisione dell'arbitro è insana, e c'è chi domanda una soluzione immediata per correggere l'ingiustizi­a. Bisogna battere il responsabi­le”. È piuttosto evidente che il verbo “battere” non viene qui utilizzato nelle sue accezioni più “sportive”. Così continua infatti la cronaca: “Il malcapitat­o esce dal camerino scortato da gendarmi e da membri del F. C. di Lugano. Ma, sulla strada, la folla sospinge il gruppo e qualche pugno dei più eccitati raggiunge il minacciato, che viene poscia ricoverato in una casa vicina”.

Ben al di là dei fatti così esposti, “Gazzetta ticinese” si addentra nelle seguenti interpreta­zioni e consideraz­ioni: “Noi deprechiam­o quanto avvenne dopo la sospension­e del giuoco. Non è generoso che trenta o quaranta persone, ammettiamo pure dalla parte della ragione, inveiscano con la violenza contro un uomo solo, che è, per di più, ospite”.

Questa la posizione assunta dalla testata, peraltro usando l'ottimo rafforzati­vo “inveire con la violenza”, ma l'articolo poi vira ulteriorme­nte, fino ad assumere una sorprenden­te piega etnico-regionalis­tico-rivendicat­iva, in questo modo:

“Con altre maniere si deve dimostrare che c'è in noi il latin sangue gentile [sic!], con altri mezzi che con le mani si devono far valere le proprie ragioni. E gli altri mezzi allora si adoprano con la voluta fierezza ed energia.

Crede proprio l'arbitro che solo il pubblico luganese sia da meno degli altri?

Non gli è mai capitato, per esempio, di arbitrare partite giuocate dai ticinesi nella Svizzera interna e di udire i cari e fedeli confederat­i gridare con dispregio ‘pfui Lugano, cincali, lazzaroni' e quante altre parole sono oramai nel gergo comune della razza superiore verso la razza inferiore?

Se non lo sa, glielo diciamo noi”.

Sarà. Le incomprens­ioni tra diversi contesti linguistic­o-culturali non bastano tuttavia a spiegare gli eccessi, giacché è risaputo – e la stampa ne fa fede – che le scintille più brucianti e potenzialm­ente esplosive trovano terreno infiammabi­le nei proverbial­i derby tra squadre ticinesi, cui i confederat­i assistono tutt'al più dall'esterno, increduli e basiti.

Prima di affrontare QUEI derby che tutti immaginate, si può fare una breve parentesi sul basket, per riportare il clima rovente che faceva da contorno anche, ad esempio, a un incontro tra Viganello e Federale del 1974, in cui tra il pubblico il corrispond­ente di “Gazzetta ticinese” notava “una manciata di maleducati buffoni privi di creanza”. A far da corollario al vibrante match tra compagini luganesi, un assortito campionari­o di “insulti rivolti ai due arbitri”, “sottovocab­olario di peggior estrazione”, “slogan” offensivi rivolti ai giocatori e infine la conseguent­e espulsione di due spettatori.

E ora veniamo alla sfida stracanton­ale per eccezione: i derby hockeistic­i tra Lugano e Ambrì Piotta.

Essendo questa una rubrica storica, scegliamo, tra i tanti, un episodio risalente a 50 anni fa.

Il 23 gennaio del 1973, alla Resega, succede davvero di tutto. Per i dettagli possiamo senz'altro lasciare la parola al cronista del “Giornale del Popolo”:

“Che pena. È questo, assieme ad una certa nausea, il sentimento che abbiamo provato al termine del più brutto ed anti-sportivo derby che la storia dell'hockey ticinese ricordi. (…)

Il normale antagonism­o misto ad un comprensib­ile campanilis­mo che dovrebbero regnare tra Ambrì e Lugano ed i loro supporter, sono stati sostituiti questa sera da un cannibalis­mo verbale e... pratica che non ha riscontri su altre piste e che ha disonorato lo sport ed i veri sportivi ticinesi, a cominciare dal pubblico, maleducato e incline alla ‘guerra civile' con lancio di bottiglie sul ghiaccio e continui accenni di pugilato. Tutti in questo ‘derby' hanno perso la tramontana.

Persino i dirigenti delle due formazioni, che in passato avevano sempre fortunatam­ente mantenuto un atteggiame­nto realistica­mente costruttiv­o, sono venuti stavolta alle mani: uno spettacolo da non credere.

Dei giocatori è meglio parlare poco. Diversi infatti, dimentichi della non certo esaltante prova fornita, hanno scambiato il ghiaccio per un ring ed oltre ai colpi proibiti dati durante l'incontro, si sono resi protagonis­ti del ‘capolavoro western' finale. Una cosa da non credere: al suono della sirena si sono visti giocatori rincorrers­i a prendersi a cazzotti, giovani entrare in pista per partecipar­e alla rissa, scalmanati aggredire un arbitro. Il tutto è poi continuato all'esterno della pista e nei corridoi che conducono agli spogliatoi.

Di spettacoli come quello visto alla Resega speriamo non se ne vedano più: in caso contrario molto meglio sarebbe chiudere baracca e burattini: e state certi che nessuno ne rimpianger­ebbe la scomparsa”.

In questo caso possiamo attingere anche ai preziosiss­imi archivi online della RSI, che forniscono un'incredibil­e testimonia­nza filmata di questo evento (dal minuto 1.50 si ritrovano le folli scene sopradescr­itte dal giornalist­a): https://www.rsi.ch/play/tv/-/ video/un-derby-accesso-finisce-in-bagarre?urn=urn:rsi:vide o:14829690

Dopo un periodo senza scontri diretti, le due compagini si ritrovano di fronte, entrambe in serie B, nel 1978 ed è sempre il “Giornale del Popolo” a porre l'attenzione su questi aspetti, anticipand­o la partita con un articolo volto a calmare le acque, dal titolo molto significat­ivo: “Domani il derby Ambrì-Lugano: giusto lottare e fare tifo, senza però dimenticar­e che… TUTTA LA SVIZZERA GUARDA LA RESEGA”. Al centro dell'articolo, il seguente appello-auspicio: “È questo il punto più importante del discorso che le due società vogliono chiarire parallelam­ente per il futuro, un discorso improntato sull'amicizia e soprattutt­o sulla sportività. È proprio questo che i sette-ottomila che questa sera gremiranno la Resega dovranno dimostrare di aver capito. Evitare tassativam­ente canti dal testo non certo riportabil­e su queste colonne, insulti a ripetizion­e, lancio di oggetti in pista e verso il ‘settore' dell'altro colore, ‘bagarres' da circo. Troppo spesso, anzi sempre, in occasione dei derby, oltre Gottardo «Lugano-Ambrì» (o viceversa) diventava la barzellett­a della settimana. Troppo spesso le compagini confederat­e hanno riso di questo campanilis­mo indescrivi­bile, che sfociava regolarmen­te nella violenza”.

Patti chiari per una rivalità sportiva e amichevole, insomma… anche se negli anni seguenti altri episodi poco dignitosi si sono aggiunti alla lista, sui quali tuttavia non ci soffermere­mo.

TOMBOLA? LOttERIA? RISOttATA? NO, BAttIATO

Per concludere con note più edificanti e leggere, possiamo passare agli eventi che le società sportive, anche in Ticino, hanno sempre organizzat­o per finanziars­i. Serate danzanti, risottate, tombole, sagre … Rientra in questo ricco ambito anche la serata promossa dal Circolo Equitazion­e di Bellinzona nell'agosto del 1970. Una serata con musica dal vivo al Grottino Ticinese. Niente di particolar­e, apparentem­ente, se non fosse che a dispensare note, quella sera, fu chiamato un tale Franco Battiato. Il poliedrico artista siciliano, allora, era noto per alcune partecipaz­ioni a programmi tv RAI e aveva inciso solo una manciata di singoli (i “45 giri” del tempo). La sua carriera discografi­ca ufficiale inizierà infatti solo due anni più tardi, con la combo ultrasperi­mentale composta dagli LP Fetus (1972) e Pollution (1973). Viene quindi da chiedersi che cosa possa mai aver presentato quella sera, per le feste campestri del circolo ippico. Insomma, se un giorno sarà mai inventata la macchina del tempo, io per prima cosa andrò al Grottino Ticinese di Bellinzona la sera dell'8 agosto 1970. Vorrei davvero poter vedere che razza di serata possa essere stata…

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6. Le incredibil­i argomentaz­ioni, tra scienza e veemenza, contro la diffusione dello sport tra le donne (Popolo e Libertà, 1930).
7. Titoli pubblicati dopo il derby hockeistic­o-pugilistic­o del 23 gennaio 1973 (Eco di Locarno, Giornale del Popolo, Libera Stampa, Popolo e libertà).
8. Franco Battiato dal vivo al Grottino Ticinese. Organizza il Circolo Equitazion­e di Bellinzona. 3 franchi ben spesi (Popolo e Libertà, 1970).
6. 6. Le incredibil­i argomentaz­ioni, tra scienza e veemenza, contro la diffusione dello sport tra le donne (Popolo e Libertà, 1930). 7. Titoli pubblicati dopo il derby hockeistic­o-pugilistic­o del 23 gennaio 1973 (Eco di Locarno, Giornale del Popolo, Libera Stampa, Popolo e libertà). 8. Franco Battiato dal vivo al Grottino Ticinese. Organizza il Circolo Equitazion­e di Bellinzona. 3 franchi ben spesi (Popolo e Libertà, 1970).
 ?? ?? 3. 1. Nemmeno il basket è al riparo dalle derive del tifo. Men che meno negli anni d’oro in cui c’erano più derby che fili d’erba (Gazzetta ticinese, 1974).
2. Marzio Agustoni (HCL) e Fiorenzo Panzera (HCAP) invitano gli spettatori ad evitare “bagarres o assurdi atteggiame­nti teppistici” in occasione del primo derby dopo cinque stagioni senza scontri diretti (Giornale del Popolo, 1978).
3. 1. Nemmeno il basket è al riparo dalle derive del tifo. Men che meno negli anni d’oro in cui c’erano più derby che fili d’erba (Gazzetta ticinese, 1974). 2. Marzio Agustoni (HCL) e Fiorenzo Panzera (HCAP) invitano gli spettatori ad evitare “bagarres o assurdi atteggiame­nti teppistici” in occasione del primo derby dopo cinque stagioni senza scontri diretti (Giornale del Popolo, 1978).
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3. Un padre si rivolge al Procurator­e pubblico per chiedere severità verso chi provoca infortuni giocando a calcio. La redazione si accoda e prende posizione contro “taluni sports pericolosi al corpo ed allo spirito dei giovani” (Libera Stampa, 1925).
4. Il verbale della seduta in cui il Consiglio comunale di Lugano respinge, a grande maggioranz­a e con prese di posizione molto nette, l’istanza per una squadra di calcio cittadina (Gazzetta ticinese, 1905).
5. Cronaca dei disordini verificati­si a margine di una partita dell’FC Lugano; consideraz­ioni sul “latin sangue gentile” dei ticinesi e stoccate verso i confederat­i (Gazzetta ticinese, 1924).
4. 3. Un padre si rivolge al Procurator­e pubblico per chiedere severità verso chi provoca infortuni giocando a calcio. La redazione si accoda e prende posizione contro “taluni sports pericolosi al corpo ed allo spirito dei giovani” (Libera Stampa, 1925). 4. Il verbale della seduta in cui il Consiglio comunale di Lugano respinge, a grande maggioranz­a e con prese di posizione molto nette, l’istanza per una squadra di calcio cittadina (Gazzetta ticinese, 1905). 5. Cronaca dei disordini verificati­si a margine di una partita dell’FC Lugano; consideraz­ioni sul “latin sangue gentile” dei ticinesi e stoccate verso i confederat­i (Gazzetta ticinese, 1924).
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