Perugia: la città (a volte) invisibile
Tappa 2 Percorso breve per questa seconda tappa tra Assisi e Perugia, due gioielli medievali storicamente rivali, uno simbolo della spiritualità, l’altro del potere urbano.
Si pedala con lo sguardo all’insù
AF
Da Assisi, se non c’è troppa foschia, Perugia la si vede stagliarsi a occidente. Non è molto lontana, 25 chilometri circa ed è in qualche modo una città che le è simmetrica. Assisi adagiata in altitudine sulle pendici del Monte Subasio, Perugia che da una collina domina la valle sull’altro versante. Il percorso disegna una U: prima si scende da Assisi per un paio di chilometri in direzione Santa Maria degli Angeli e Bastia Umbra, poi vi è una lunga pianura di una ventina di chilometri, infine si sale di nuovo per sbucare nel capoluogo umbro, meta di questa breve tappa. La discesa, non appena inforcata la bicicletta, ti porta in un paio di chilometri in pianura, si procede come se si andasse alla Porziuncola di San Francesco, ma abbastanza presto si esce dalla strada principale svoltando a destra in via Ospedale delle Pareti, una stradina secondaria asfaltata, che ti conduce in mezzo ai campi. Temevamo il traffico perché la piana tra Assisi e Perugia è molto frequentata. Ma, grazie al Gps, abbiamo snidato una via ciclo-compatibile. Attraversiamo un’area dove si concentrano soprattutto vigneti, uliveti, campi di mais, di grano e colza. Perugia la vediamo e non la vediamo, ci appare e poi scompare, come se giocasse a nascondino da lassù. I luoghi che attraversiamo non hanno nulla di spettacolare, un po’ anonimi ma in fondo piacevoli, come una pausa tra la bulimia artistico-storica di Assisi e quella che troveremo a Perugia. A Collestrada imbocchiamo la sterrata che ci consente di passare sotto il cavalcavia della frequentatissima Statale 3 bis Tiberina. Poco oltre, la bellissima sorpresa, una vera oasi per i ciclisti: la ciclopista del Tevere che si imbocca su una strada asfaltata di bianco e che porta nei boschi e nei campi attraversati dal fiume. Perugia è sparita dall’orizzonte, è nascosta dietro le colline. Qui ci si immerge nella natura, l’assordante rumore delle macchine ha lasciato il posto al canto dei merli. Si incontrano ciclisti e joggers. Fino ad ora nessuno sforzo, ma sappiamo che i 340 metri di dislivello ci attendono tutti a fine percorso. La salita vera e propria inizia a un manciata di chilometri dall’arrivo. La strada Pretola è quella principale, ma la si può evitare quasi subito: alla prima curva a gomito, invece di svoltare si procede diritti su una stradina. Problema: a tratti è ripidissima, leggiamo con sgomento un 23% sul nostro Gps. Ma non c’è traffico. Si può scendere dai pedali e spingere la bici per un chilometro circa. Perché no? A un certo punto la strada principale è inevitabile, la si deve percorrere, ma per poco: dopo un paio di chilometri, a Sant’Erminio, la via San Giuseppe e il viale Sant’Antonio ti portano sotto le mura di Perugia, che finalmente riappare in tutto il suo splendore. Una volta arrivati lì c’è l’imbarazzo della scelta per accedere al centro città: si può scegliere la porta Sant’Angelo, o, se si è impazienti, si passa (a piedi, perché è a senso unico) sotto l’Arco Etrusco, la monumentale porta in travertino, risalente al III sec. a.C. Poi da lì ci si può felicemente perdere, o dirigersi verso la piazza IV Novembre, tra la Cattedrale e il Palazzo dei
Priori, baricentro della storia e della bellezza cittadine.
Perugia: tra viuzze e… animali fantastici
RA
Perugia si allunga su diversi crinali, sfiora in alcuni suoi punti i 500 metri. Sembra un ragno gigante che allunga le zampe in tutte le direzioni. È maestosa con le sue porte, con le sue arcate a crociera che coprono le viuzze, i suoi cunicoli scavati nel sasso, i bui sotterranei della Rocca Paolina, simbolo del potere papale, che ricordano le prigioni di Piranesi e che oggi, grazie a una serie di scale mobili, consentono di accedere agevolmente al centro storico. Sfogliando una pubblicazione che racconta la storia dei diversi quartieri, ci imbattiamo in un’azzeccata sintesi del grande scrittore americano Nathaniel Hawthorne: “Vagarono di qua e di là, perdendosi in quegli strani e ripidi passaggi che a Perugia chiamano strade. Alcuni sono come caverne, per via delle arcate che li ricoprono lungo tutto il percorso, e si tuffano improvvisi verso un’ignota oscurità la quale, misurata che se ne abbia l’oscurità, ti riporta alla luce che quasi disperavi di rivedere”. Un bell’invito a camminare per i vicoli, a scoprire magici itinerari per poi convergere nel cuore della città: l’imprescindibile Duomo (Cattedrale San Lorenzo) la cui facciata laterale dà sul Palazzo dei Priori e la piazza IV Novembre con la celebre Fontana Maggiore. La cattedrale trecentesca, pregevole soprattutto per le volte riccamente affrescate, conserva una curiosità: l’anello nuziale di onice consegnato da San Giuseppe alla Vergine Maria. Beh, diciamo… “presunto” sarebbe un eufemismo. Le spiegazioni stesse, apposte accanto alla reliquia precisano che: “È del tutto improbabile che l’anello qui custodito sia stato effettivamente indossato dalla Vergine al momento delle nozze”. Bene… un po’ di glasnost in chiesa, anche se per molti pellegrini è certamente bello crederci. Perugia era una delle principali città guelfe. Qui nel 1216 morì Innocenzo III e qui si tenne il conclave in cui 19 cardinali elessero al soglio pontificio il suo successore, Onorio III (siamo ancora ai tempi di San Francesco, fu Onorio ad approvarne la Regola). Papa che pigiò sull’acceleratore delle crociate, compresa quella durante la quale furono massacrati i catari. Città guelfa coinvolta in sanguinose lotte tra fazioni in cui l’antica suddivisione (guelfi con il papato, ghibellini con l’imperatore) aveva il più delle volte perso il suo significato originario. Si trattava di lotte di potere tra famiglie, tra clan, tra borghi. Altra scorsa a una rivista storica, mentre sorseggiamo un aperitivo nella centralissima piazza della Repubblica per imbatterci nella considerazione di un predicatore francescano del XV secolo: “Dicono che Dio sia guelfo, Giovanni evangelista ghibellino, ma il Battista guelfo. Il leone è guelfo, ma l’aquila ghibellina. Ma io vorrei sapere una cosa: l’asino di che fazione è?”. Beh di sicuro nel comune medievale umbro due animali erano considerati guelfi: oltre al leone, il grifone. Campeggiano ovunque, e in particolare sul e nel Palazzo dei Priori (sede della Galleria Nazionale: da non perdere!), straordinaria opera gotica trecentesca, simbolo stesso di Perugia, del suo potere, e oggi sede del Municipio. Il grifone, quadrupede alato, testa da aquila, zampe da leone: come altri animali immaginari del bestiario medievale affascina ancor più di quelli reali. Un po’ ovunque in chiese, quadri, su pale d’altare, facciate di edifici, fontane, capitelli troviamo cardani (uccelli bianchi che svolazzavano alla corte del re per predire il destino), fenici, che risorgono dalle ceneri simbolo della resilienza, draghi naturalmente o unicorni, quei cavallucci bianchi dal lungo corno che possono essere ammansiti solo da una vergine. Uno dei passatempi più divertenti nei borghi medievali consiste proprio nello snidare gli animaletti o animaloni dei bestiari… Provare per credere: non si rimarrà delusi.