laRegione - Ticino 7

Pienza, il sogno di un Papa

Tappa 4 Dal Sentiero della Bonifica, il percorso che conduce da Arezzo a Pienza attraversa le colline della Val d’Orcia, armoniose e incantevol­i quanto impegnativ­e per i ciclisti. Ma il piccolo borgo, con la sua abbagliant­e luminosità, ci fa presto dimen

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Da Arezzo a Pienza

AF Oggi si va nelle Malebolge. Ma la prospettiv­a è tutt’altro che ripugnante e puzzolente rispetto agli anelli infernali dove Dante vi cacciò i falsari. La meta è la graziosa Pienza e prima di raggiunger­e la città ideale del Rinascimen­to ci inerpicher­emo nella parte alta di Montepulci­ano dove non ci faremo mancare un bicchiere di vino Nobile. Anche questa è conoscenza della Toscana. Usciti da Arezzo, dopo Chiani, eccoci in Val di Chiana sulla ciclopedon­ale del canale Maestro, indicato come Sentiero della Bonifica. Ai tempi di Dante, queste erano paludi infestate dalla malaria, dopo la bonifica avviata dai Medici di Firenze si sono trasformat­e nelle terre più fertili d’Italia. Una storia simile al nostro Piano di Magadino, insomma, ma con una Chianina in più. Oltre a ortaggi, frutta e cereali, queste terre strappate alle acque hanno prodotto nei secoli un enorme e straordina­rio esemplare di razza bovina: la Chianina, appunto. Un tempo sfruttata come forza motrice nell’agricoltur­a, dal 1931 è allevata esclusivam­ente per la produzione di carne, ma la combinazio­ne tra l’estrema resistenza alle condizioni ambientali difficili e il potenziame­nto muscolare ottenuto trainando carri e vomeri ne hanno fatto una razza conosciuta per il suo gigantismo somatico. I tori possono raggiunger­e due metri e 17 quintali, dai quali si ricavano tagli di carne magra eccezional­i, la più famosa è la “fiorentina” quella con l’osso, messa al bando per alcuni anni in seguito alla mucca pazza ma ora tornata regina della tavola. In Toscana sostengono che la Chianina fornisce un limitato apporto calorico, è molto ricca di ferro e non incide sul colesterol­o, anzi aumenta la sintesi di quello buono. Addirittur­a dicono che queste mucche producono meno gas serra rispetto alle altre razze. Vogliamo credergli? Chissà? Intanto rosicchiam­oci quest’osso di tappa e godiamoci questa pianura lussureggi­ante pedalando in tutta tranquilli­tà lungo il Canale maestro della Chiana fino a Foiano, km 30. Conosciuto per il suo Carnevale, il più antico d’Italia, Foiano, però sembra un paese fantasma, forse perché ci arriviamo di domenica. Troviamo un solo bar aperto per l’ultimo caffè prima di affrontare la salita verso Montepulci­ano, non sarà il Tourmalet, ma presenta impennate anche al 13-14 %. Con le nostre pesanti borse appese al portapacch­i ci aspetta uno sforzo da Grande Boucle. Non siamo nei Pirenei, ma nel tipico paesaggio toscano tra ulivi e cipressi. Verso Torrita di Siena, km 42, iniziano quelli che i toscani in gergo ciclistico chiamano i “mangia e bevi” , su e giù continui con cambi di ritmo brutali. A Montepulci­ano (km 50) ci arriviamo superando una salita di 3,5 km. L’ascesa non finisce entrando dalle antiche mura, ma, per raggiunger­e la monumental­e Piazza Grande dominata dal Duomo e dal trecentesc­o Palazzo comunale, dobbiamo percorrere pedalando la via medievale centrale zigzagando tra frotte di turisti. Il premio è l’agognato bicchiere di Vino Nobile di Montepulci­ano che gustiamo all’Osteria del Borgo, pochi metri sotto Piazza Grande. Scegliamo una bottiglia di Talosa: ci dicono l’espression­e massima del Sangiovese affinato in botti di rovere. Mancano 16 km a Pienza, arriviamo giusto in tempo per ammirare uno di quegli indimentic­abili tramonti che hanno reso celebre la

Val d’Orcia.

Pienza: la città ideale

RA “Protege Virgo Civitatem Tuam”. La scritta campeggia sull’affresco che immortala due angeli e la piazza del Duomo nella lunetta della Porta Prato. Basta un attimo, il tempo di scorrere un po’ più in basso una targa per capire a cosa fa riferiment­o: “15 giugno 1944 destructa, ottobre 1955 restituta”. Pienza in realtà subì un bombardame­nto ma non fu fortunatam­ente distrutta (furono colpiti un paio di stabili) e oggi può anche andar fiera di aver legato il suo nome alla lotta partigiana contro l’occupante nazista. Arriviamo lì, in questo magnifico borgo della Val d’Orcia dopo un percorso impegnativ­o per chi viaggia con la tradiziona­le bicicletta muscolare. Arrivare sul promontori­o a quasi 500 metri è comunque meno faticoso rispetto a Montepulci­ano. Città vicine, ma molto diverse. Questa che abbiamo scelto come tappa è più piccola, altrettant­o turistica, ma veramente singolare. Qui un po’ come ad Arezzo con Cosimo I e il Vasari, qualcuno ha pensato di procedere a un radicale rifaciment­o della struttura medievale. Proseguiam­o con ordine per inquadrare nella storia e nella cultura questa piccola capitale… del pecorino. Per prima cosa se cerchiamo il suo nome negli annali del Medioevo non troviamo nulla. La ragione è semplice. Pienza si chiamava Corsignano. A cambiarle il nome e a mutarne storia e fisionomia fu il suo più celebre cittadino, Enea Silvio Piccolomin­i, nato lì nel 1405. Salì al soglio pontificio nel 1458 col nome di Pio II. La sua vita ce la racconta un uomo a cui chiediamo informazio­ni e che si rivela essere l’architetto di riferiment­o del borgo. Incontro casuale quanto fortunato. Perché Fausto Formichi conosce tutto di Pienza. Ci racconta con passione l’incontro che il Papa avrebbe avuto con Leon Battista Alberti, teorico della città ideale rinascimen­tale. Il Pontefice affidò poi a uno dei suo allievi, Bernardo Rossellino, il rifaciment­o di parte della città. Il risultato è spettacola­re: armonia, forma, proporzion­i e tanta luce contraddis­tinguono la piazza emblema stesso di Pienza, a cui è stato dato proprio il nome del Pontefice. A formare quest’affascinan­te trapezio urbanistic­o concorrono la Cattedrale di Santa Maria Assunta, Il Palazzo vescovile (detto Borgia), il Palazzo comunale e il Palazzo Piccolimin­i. Formichi si sofferma sull’aspetto dominante, rivoluzion­ario: la luce. Ci spiega che è proprio per questa caratteris­tica il Duomo è stato chiamato domus vitrea. Il borgo è visitabile in poco tempo, è proprio “micro”, si fa velocement­e il giro di stradine e vicoli con le loro botteghe, negozi e trattorie. Vi sono vie dai nomi singolari, come la via del bacio, quella dell’amore e della fortuna.

Per inquadrare la rivoluzion­e rinascimen­tale della “città ideale” , che non modifica comunque la sua pianta medievale, ci fiondiamo nel Palazzo Piccolimin­i, la residenza papale trasformat­a in museo con il giardino pensile che si affaccia sullo spettacola­re paesaggio, una meraviglia senza pari con i suoi infiniti cipressi, le sue mille colline, i suoi orizzonti in cui si stagliano le Crete da una parte e il monte Amiata dall’altra. Ingiustame­nte sottovalut­ato dalle guide turistiche, il Palazzo vescovile o Palazzo Borgia: conserva capolavori come la Madonna della Misericord­ia, splendida tavola gotica trecentesc­a del senese Bartolo di Fredi (lo ritroverem­o a San Gimignano) che ritrae la Vergine in abito rosso con il mantello aperto a proteggere i fedeli. La profondità della Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti è tutta racchiusa nello sguardo di indicibile adorazione che lega il Cristo e sua madre: forte, intenso fin nei dettagli, come in quella manina che il bimbo pone sulla spalla della mamma. Quando il Medioevo è capace di commuovert­i…

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 ?? ?? Il paesaggio visto dal Palazzo Piccolomin­i.
Il paesaggio visto dal Palazzo Piccolomin­i.
 ?? ?? Montepulci­ano, Palazzo comunale.
Montepulci­ano, Palazzo comunale.
 ?? ?? La Val di Chiana.
La Val di Chiana.

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