laRegione - Ticino 7

Siena e dintorni: un’ammaliante armonia

Tappa 5 Il viaggio nei borghi medievali, che da Assisi ci condurrà fino a Bruges, attraversa il paesaggio mozzafiato della Val d'Orcia e fa tappa in una delle meraviglie medievali: la storica (e fiera) antagonist­a di Firenze.

- DI ROBERTO ANTONINI E ANTONIO FERRETTI

Pienza-Siena

Far girare le gambe in sincronia con il cervello e tenere gli occhi spalancati. Ci immergiamo nei paesaggi dolci e aspri della Val d’Orcia, un territorio unico al mondo, fonte di ispirazion­e di poeti, scrittori e cineasti. E pure teatro di una delle corse ciclistich­e più spettacola­ri in assoluto: “Le strade bianche”. L’eccitazion­e è forte: vogliamo arrivare in Piazza del Campo a Siena, proprio come la famosa corsa dei profession­isti pedalando tra cucuzzoli punteggiat­i di cipressi e casolari isolati. Da dove passiamo?

“Se vuole fare una delle più belle strade al mondo, segua il crinale delle Crete Senesi”, ci incoraggia Michele Martini, mentre sorseggiam­o un caffè nel suo Bar della Posta a Pienza. Le Crete sono il risultato di millenari sedimenti oceanici che conferisco­no alla vasta regione a sud di Siena un aspetto quasi lunare. Uno spettacolo da non mancare. Il navigatore posto sul manubrio, indica che, prima di raggiunger­e il punto più panoramico delle Crete, pedaleremo per una cinquantin­a di chilometri su strade asfaltate. Noi vogliamo avventurar­ci sulle strade bianche sterrate, quindi rinunciamo alle Crete Senesi. Scendiamo da Pienza e andiamo verso San Quirico d’Orcia: dopo 5 km di strada statale, una deviazione a sinistra ci porta sul primo tratto sterrato: in totale pedaleremo per 34 km su queste carreggiat­e bianche. Entriamo a San Quirico d’Orcia: un’occhiata alla Collegiata, poi puntiamo su Torrenieri (km 23), dove incrocerem­o il percorso della gara ciclistica dei profession­isti ma anche quello dell’altrettant­o famosa “Eroica” (aperta a tutti ma rigorosame­nte in stile vintage). È la giornata delle strade bianche ma anche quella dei pici, sorta di spaghetton­i fatti a mano con solo acqua e farina, pochissimo olio e sale, conditi in modo diverso da regione a regione. Siamo ansiosi di assaggiare quelli di Buonconven­to (km 32). Li troviamo da Mario, nel centro storico, cacio e pepe. Va benissimo, grazie, sono nutrienti e leggeri. A Montepulci­ano li avevamo gustati con sugo di anatra e pane tostato, chissà come saranno i prossimi. Di sicuro sappiamo come sono i prossimi strappi sterrati: ripidi e controvent­o, come quello tra i cipressi dell’iconico podere Belvedere (km 57) raffigurat­o su tutte le immagini e i poster della Val d’Orcia. Sembra di essere in un film (qui sono state girate alcune scene de “Il gladiatore”). Anche l’inseguimen­to rabbioso di un cane sbucato dal podere ma sfiancato con un’accelerazi­one da Tour de France, ha qualcosa di drammaturg­ico. Intanto da sud ci appare il profilo di Siena con la Torre del Mangia e il campanile del Duomo sfumati dai colori del tramonto: da cartolina postale! Lasciamo le strade bianche e ci immettiamo nella trafficati­ssima via Cassia, mancano 7 km a Piazza del Campo. Quando sbuchiamo in una delle piazze più belle al mondo la fatica svanisce ma si materializ­za la legge:

“Alt, qui sono vietate le biciclette” bisogna spingerle a mano”, ci intimano due vigili urbani. “Quindi è peggio che a Lugano?” ci interroghi­amo. Il provvedime­nto è stato introdotto in seguito alla eccezional­e popolarità delle due corse ciclistich­e, Strade bianche ed Eroica, che fanno confluire nella celebre piazza migliaia di ciclisti provenient­i dal mondo intero. Ci adeguiamo.

Siena: una meraviglia (un po') trecentesc­a

Tra i tanti capolavori di Siena ve n’è uno che sovrasta tutti gli altri: la città stessa. Entriamo dalla Porta Romana con le sue feritoie, il tetto merlato e attraverso le viuzze, i vicoli, tra case popolari ed eleganti edifici ornati di trifore, ci fiondiamo senza porre tempo in mezzo verso quella grande valva di conchiglia urbana che è la Piazza del Campo. Il pavimento a mattoni disposti a spina di pesce è suddiviso da fasce in pietra bianca che formano nove spicchi a ricordare, pare, il virtuoso Governo dei Nove, il cosiddetto buon governo che a cavallo del Trecento garantì alla città il suo momento di massimo splendore. La sua storia è narrata nell’omonimo celebre affresco di Ambrogio Lorenzetti, imprescind­ibile per gli appassiona­ti del Medioevo. Da visitare nel Palazzo pubblico, lo spettacola­re edificio gotico che accanto alla Torre del Mangia svetta sulla piazza. Sarebbe eccessivo attribuirl­e il primato assoluto di bellezza architetto­nica? Forse… però a noi pare la piazza più bella del mondo. L’opera venne iniziata nel XII secolo, mentre il Palazzo pubblico (sede del potere medievale e oggi delle autorità comunali) – salvo alcune sopraeleva­zioni seicentesc­he – fu ultimato nel 1310. E la celeberrim­a Torre del Mangia? Venne edificata qualche anno più tardi e appare smisurata, troppo alta, slanciata e fragile con i suoi quasi 90 metri (la seconda più alta d’Italia). Eppure, forte di restauri successivi, rimase in piedi, intatta, anche nel violento terremoto di fine ’700. Il suo singolare nome è legato a uno dei campanari, tale Giovanni di Balduccio, noto perché sperperava nel cibo tutti i suoi guadagni. Le campane a quell’epoca dettavano le ore della giornata: la prima all’alba, la terza verso le nove, la sesta a mezzogiorn­o ecc… Ma a fine ’300 cominciaro­no a essere diffusi i primi orologi meccanici così da rendere superfluo il buon campanaro. La Piazza del Campo, vero cuore della città, è naturalmen­te legata a una delle più note tradizioni medievali al mondo. Due volte all’anno ( il 2 luglio, festa della Madonna di Provenzano, e il 16 agosto, festa dell’Assunzione), cavalli e fantini di dieci contrade (sono diciassett­e in tutto e gareggiano secondo una precisa turnazione) si sfidano in una rapidissim­a corsa attorno alla piazza trasformat­a per l’occasione in una grande arena: tre giri in cui si gioca, di fronte a una folla entusiasta assembrata nel centro o sugli spalti, l’agognato e prestigios­o trofeo. Vince il primo cavallo che passa il traguardo, anche “scosso”, cioè senza il fantino caduto a terra. In una precedente visita della città, il medievista Franco Cardini ci aveva raccontato di essere ancora “per un quarto senese”, di non perdersi un’edizione del Palio con i suoi gonfaloni, stendardi, cene propiziato­rie. E di essere per discendenz­a legato a vita alla contrada dell’Oca, rivale in particolar­e di quella della Torre a cui “augura sempre tutto il male possibile”! Rivalità tradiziona­le, tra il serio e il faceto, ma molto sentita nelle 17 contrade rimaste (pare che nel ’200 se ne contassero 4 volte di più). La città è divisa in tre terzi (il Terzo della Città, quello di Camollia e quello di San Martino) e ogni terzo è a sua volta suddiviso in contrade dai nomi che richiamano i bestiari del Medioevo: l’Aquila, l’Onda (l’emblema è un delfino con la corona reale), la Tartuca (tartaruga) nel centro più antico della città, il Leocorno (unicorno) eccetera. Contrade concorrent­i ma al tempo stesso coese contro il nemico esterno. Che fu in primis costituito dalla grande antagonist­a Firenze, sconfitta nella celebre battaglia di Montaperti (1260 d.C.) rimasta ficcata nella memoria collettiva anche grazie alla Divina Commedia. La sconfitta dei Guelfi fiorentini ad opera dei Ghibellini senesi è in effetti evocata nel canto VI e X dell’Inferno dantesco, in particolar­e attraverso la figura di Farinata degli Uberti, il condottier­o fiorentino ghibellino che combatté a fianco dei senesi. Siena sembra congelata nel tempo e si dice che a contribuir­e indirettam­ente alla sua preservazi­one fu la terribile peste nera del 1348 che uccise forse i due terzi della popolazion­e, falcidiand­o gli abitanti che passarono da 60mila a 20mila. Eppure lo stesso Franco Cardini ci mette in guardia. Certo la Siena che vediamo oggi ha fisionomia e bellezza medievali. Ma, sottolinea scherzoso, più le città ci appaiono medievali, più sono… fake! Una piccola provocazio­ne, per ricordarci che in realtà molto di quanto vediamo rispecchia rifaciment­i ulteriori, soprattutt­o ottocentes­chi.

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 ?? ?? Panorama con Torre.
Panorama con Torre.
 ?? ?? Piazza del Campo.
Piazza del Campo.
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Tra Pienza e Siena.

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