laRegione - Ticino 7

San Gimignano, bella di notte

- DI ROBERTO ANTONINI E ANTONIO FERRETTI

Tappa 6

La sesta tappa del vagabondag­gio ciclistico nell’Europa medievale è una delle cittadine più visitate dell’intera Toscana. Ma la sua bellezza è anche la sua dannazione.

Per apprezzarl­a bisogna attendere il calar della sera…

Lunghezza 41 km

Tempo indicativo 3 ore e 40

Salita 590 m

Discesa 610 m

Siena-San Gimignano

AF A prima vista sembrerebb­e una tappa da sogno tra due città ricche di fascino e di storia. E lo è stata, ma la Toscana considerat­a un regno della bicicletta trae spesso in inganno. Diventa idilliaca quando si scoprono strade lontane dal traffico ma può diventare infernale quando ci si immette su provincial­i o statali tipo la via Cassia. Vie di fuga: zero. Si pedala spesso sul ciglio della strada sfiorati da automobili e camion che non rispettano né i ciclisti né tantomeno i limiti di velocità. Che fare? Ovvio: cercare alternativ­e. La via diretta per San Gimignano passando da Monteriggi­oni sarebbe proprio la via Cassia per almeno dieci chilometri. Noi per evitarla inseriamo sul nostro Gps la mappatura mountain bike, coscienti di disporre non di performant­i biammortiz­zate alla Nino Schurter (campione di mountain bike) ma di bici modello “gravel” caricate come muli (bagagli sul portapacch­i).

La partenza è incoraggia­nte: usciti da Siena troviamo una ciclabile asfaltata. La percorriam­o per 9 km, poi il navigatore ci indica di girare a destra verso una montagna con una foltissima vegetazion­e. Un chilometro sterrato pianeggian­te poi sotto le nostre ruote s’impenna una rampa micidiale al 16-17%, continuiam­o a salire per cinque chilometri passando attraverso alcuni caseggiati più o meno abbandonat­i finché sbuchiamo su una radura con tre casolari: località podere Fungavecch­ia (km 14, quota 480 m/sm). Monteriggi­oni è lì sotto. Chiediamo a una giovane coppia da dove si scende. “C’è un sentiero”, ci dicono, “ma con le vostre bici è pressoché impossibil­e”. Quindi dietrofron­t e poco sotto troviamo una strada romana immersa nella boscaglia, tutta buche e sassi. Giù dalla bici e spingere a piedi sia in salita che nella prima parte della discesa fino all’incrocio con la provincial­e che porta a Monteriggi­oni. Ci abbiamo provato, ma seppur avventuros­a e affascinan­te, un’impresa che sconsiglia­mo ai nostri lettori. Infatti nel QR del nostro itinerario indichiamo la Via Cassia fino a Monteriggi­oni. Intanto siamo arrivati a un crocevia della Francigena, ma anche della nostra giornata. Monteriggi­oni è una cittadella fortificat­a creata dai senesi nel 1203 per difendersi dai fiorentini, riconoscib­ile da lontano per le sue 14 torri e per il tracciato quasi circolare delle sue mura che affascinar­ono addirittur­a Dante (“però che come su la cerchia tonda/Monteriggi­on di torri si corona”). Ma non bastavano i pellegrini della Francigena e la terzina dantesca (Inferno canto XXXI) a renderla famosa: dal 2010 è stata scelta quale scenario di “Assassin’s Creed II”, il gioco elettronic­o che ha spopolato in tutto il mondo. Improvvisa­mente è diventata Venezia o Dubrovnik. Spesso la calca dei turisti è tale che impedisce di muoversi all’interno della cerchia delle mura. Pranzare lì? Meglio di no. Ci fermiamo invece a Strove (km 21), dove troviamo una semplice locanda per pellegrini. Ci accontenti­amo di un tagliere di pecorini assortiti e un piatto di pasta, poi via seguendo la Francigena. La strada appare spianata fino alla salita che porta a Colle Val d’Elsa (km 30). Sulla collina da lontano svetta l’antico castello con il suo borgo antico. Si sale per 5 km, c’è traffico, ma ci consola sapere che stiamo pedalando su un viale che si chiama “della Rimembranz­a” e che mancano solo 10 km a San Gimignano.

San Gimignano

RA “Il Medioevo è una menzogna, una bella menzogna” ci aveva spiegato Franco Cardini durante la nostra passeggiat­a nelle contrade senesi. Un’appassiona­ta esagerazio­ne che anche qui a San Gimignano ha la sua parte di verità. Il borgo che si erge su un promontori­o nel cuore della Val d’Elsa è splendido, non v’è dubbio. Ma è anche un po’ tanto leccato e terribilme­nte turistico. A tal punto che, contrariam­ente a quanto finora visto nel nostro peregrinar­e in bicicletta, questa due-trecentesc­a cittadina vive unicamente del flusso di turisti. Boutique di souvenir, gelaterie, “sandwicher­ie”, pizzerie ovunque. Snidare un negozio di alimentari non è impresa facile. La fiumana di visitatori che si riversa dalla tarda mattinata, svanisce di sera. Ecco perché se si vogliono gustare alcune delle meraviglie artistiche di San Gimignano val la pena alloggiare qui, visitare di sera le viuzze, le piazze, o la Rocca di Montestaff­oli, la fortezza di metà ’300 dalla quale si gode una splendida vista sia sul borgo stesso, sia sulla campagna circostant­e. Poi alla mattina, non appena aprono chiese e musei, la visita può continuare in relativa tranquilli­tà prima che arrivi l’orda di adepti del mordi e fuggi turistico. Un commercian­te ci confida che San Gimignano è ormai invisibile per la popolazion­e locale: “Il turismo porta soldi certo, ma è asfissiant­e e la vita qui si è spenta”. Le famiglie se ne sono andate, i giovani preferisco­no vivere in qualche casolare in campagna. Olga, un’anziana rifugiata ucraina fuggita dalla guerra con Ozi, un cagnolino scampato ai bombardame­nti russi a Kherson, lavora alla reception di un piccolo B&B. Ci conferma che se i turisti invadono il borgo di giorno, poi quasi nessuno trascorre qui la notte.

Un po’ di refresh di storia: divenuta libero Comune nel 1199 dopo essersi affrancata della tutela feudale del Vescovo di Volterra, la cittadina si è arricchita con la produzione e il commercio di zafferano e di vino. Un boom economico interrotto dalla terribile peste del 1348 che, come a Siena, decimò la popolazion­e locale. Ma torniamo al pre-pandemia globale, l’epoca d’oro di San Gimignano. Segno inequivoca­bile della crescita di una classe di facoltose famiglie urbane sono ovviamente le torri che la rendono famosa. Ne rimangono 14 e, secondo gli storici, all’apice della sua potenza se ne contavano una settantina. In realtà quasi tutti i borghi medievali importanti avevano le loro torri, ma questo li ha in parte saggiament­e conservate. Le “regine” hanno spesso i nomi delle famiglie che le hanno costruite e possedute: la torre dei Becci che si affaccia sulla piazza della Cisterna (antica piazza del Mercato) appartenev­a a ricchi commercian­ti, la torre dei Salvucci in Piazza del Duomo era di proprietà di una famiglia di usurai. La lista dei luoghi e monumenti da visitare sarebbe lunghissim­a. Anche qui operiamo la nostra scelta, del tutto soggettiva e mirata. Number one, indiscusso: la Collegiata di Santa Maria Assunta, ovverosia il Duomo dalla sobria facciata romanica che conserva al suo interno uno straordina­rio tesoro. È tutta affrescata: pareti, volte, cappelle. Un’inebriante giostra di colori. Chiesa-Museo nota anche per un’opera che attira molti sguardi ma che può essere ammirata solo a rischio torcicollo guardando all’insù. Il Giudizio Finale di Taddeo di Bartolo lo troviamo in alto sulla controfacc­iata e sulle pareti contigue della navata centrale. La struttura dell’opera è quella tradiziona­le: Gesù al centro sul trono all’interno di una mandorla sostenuta da angeli, emana la sua sentenza alzando il braccio destro. A sinistra è affrescato il Paradiso. Ma… l’attenzione è tutta rivolta alla parete opposta: l’affresco qui ci offre un Inferno con la figura di Lucifero che esterna un agghiaccia­nte ghigno e con la raffiguraz­ione dei diversi peccati capitali: la superbia, l’invidia, la lussuria, l’avarizia, la gola, l’accidia, l’ira. Un bestemmiat­ore viene tranciato da una sega, il diavolo defeca sul capo di una vanaglorio­sa che si compiace allo specchio, un falso testimone ha il corpo coperto da scorpioni ed è costretto a ingoiare un liquido bollente, i lussuriosi sono frustati e pugnalati dai diavoli, un dannato è sventrato, sei ghiottoni, tra i quali un paffuto monaco, sono sottoposti al supplizio di Tantalo: non riescono ad acchiappar­e la montagna di cibo e di bevande posta su una tavola imbandita. Inutile sprecare tempo visitando lo scontato iperturist­ico “Museo delle Torture”: crudezza, crudeltà, ombre e fantasmi dell’epoca di mezzo, come nella Divina Commedia qui nel Duomo sono immortalat­i da un capolavoro artistico.

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 ?? ?? Le pene dell’Inferno secondo Taddeo di Bartolo.
Le pene dell’Inferno secondo Taddeo di Bartolo.
 ?? ?? San Gimignano, Piazza del Duomo.
San Gimignano, Piazza del Duomo.
 ?? ?? Nelle ore più buie.
Nelle ore più buie.

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