laRegione - Ticino 7

San Gimignano-Lucca

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AF Dev’esserci un nesso, per me, tra l’intricata selva di torri di San Gimignano e l’arrivo sulle mura di Lucca. La selva di pinnacoli ricorda Dante e le brillanti lezioni di Giorgio Orelli al Liceo di Bellinzona o quelle di Padre Giovanni Pozzi all’Università di Friburgo, le mura di Lucca, invece, Francesco Moser, Laurent Fignon e il Giro d’Italia. Nulla di medievale certo, ma per me sono come una madeleine di Proust. Giro d’Italia 1984. Il mio primo Giro. Prologo proprio a Lucca, 5 km a cronometro sulle mura, anche se piazzament­o lontano dal vincitore Francesco Moser, in sella alla sua bici del record dell’ora. Non nascondo una certa emozione. Poi Lucca è diventata (assieme a Ferrara) una delle capitali del doping nel ciclismo, questa è un’altra storia, ma potrebbe aver provocato il turbamento iniziale.

Usciti da San Gimignano, ci abbaglia il colpo d’occhio sulla sottostant­e Val d’Elsa. Non è la luce che indicò la diritta via a Dante, ma, caso o destino che sia, dopo un primo smarriment­o, il navigatore, ci fa imboccare proprio via… Dante. Lo sguardo dall’alto spazia da una parte verso Gambassi Terme e dall’altra va a cercare Certaldo, la città dove visse Boccaccio. E penso: a questo punto manca solo Petrarca. Si scende per un paio di chilometri, poi risalendo incrociamo la Via Francigena. Cosa facciamo? Deviare verso Certaldo per ammirare le belle costruzion­i medievali della città alta, tra cui la casa dell’autore del Decameron ci allunghere­bbe il tragitto, obbligando­ci ad attraversa­re la caotica e moderna parte bassa. La Francigena invece è immersa nel verde ed è ricca di sorprese. Infatti dopo 3 km sotto un arco freniamo bruscament­e: sulla sinistra scorgiamo un presepe con statue a grandezza naturale. Mentre scattiamo delle foto, sbuca un paffuto e rubicondo parroco: “Benvenuti al santuario di Maria Santissima Madre della Divina Provvidenz­a, siete a Pancole – ci dice in un italiano con accento anglosasso­ne –.

Sono un missionari­o, vengo da Toronto, sono viceparroc­o in questo santuario eretto qui dove nel 1600 una pastorella in lacrime e muta dalla nascita ritrovò la parola dopo l’apparizion­e di una bella signora”.

Annotiamo e salutiamo. Il nostro obiettivo è evitare le trafficate strade toscane e ci perdiamo davvero in una foresta di lecci e castagni: sassi e buche anche in discesa. Roberto fora. Si cambia la camera d’aria, ma dopo 20 km prima di Castelfior­entino, siamo costretti a guadare un fiume, scalzi e bici in spalla. L’avventura è l’avventura, nel nostro caso anche con qualche bella sorpresa. Per la pausa pranzo ci fermiamo a San Miniato (km 40), non nella panoramica parte alta, ma in basso. Ristorante “Bistro Bonaparte”, in piazza Bonaparte, lì a ricordare il passaggio di Napoleone in questa cittadina durante la Campagna d’Italia, quando sostò una notte per abbracciar­e suo zio Filippo Bonaparte. Intanto per noi: 6 euro per un buon risotto o un ottimo piatto di spaghetti alla puttanesca. Seconda parte del percorso, però, non memorabile: superata Fucecchio, pedaliamo per una trentina di chilometri sulla trafficata provincial­e Romana Lucchese. Nemmeno l’attraversa­mento di Altopascio, con il suo antico

Hospitale, un pronto soccorso per pellegrini e viandanti in epoca medievale, ci rassicura. Va meglio quando entriamo a Capannori a 4 km da Lucca; una bella ciclabile ci conduce sulle mura. Eccoci finalmente: non ci sono né Moser né Fignon e nemmeno Dante ma riallaccia­mo il nodo d’amore con questa incantevol­e città.

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Lucca, cattedrale di San Martino.

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