laRegione - Ticino 7

Toscana sì, però…

Tappa 8 Ai piedi degli Appennini, l’ottava tappa del viaggio nell’Europa medievale ci conduce a Castelnuov­o di Garfagnana, borgo acciambell­ato e un po’ appartato, una sorta di faglia sismica nella storia delle rivalità tra i comuni dell’Italia centrale.

- DI ROBERTO ANTONINI E ANTONIO FERRETTI

Lucca - Castelnuov­o di Garfagnana

Ariosto l’odiava, Pascoli la venerava. Non sappiamo cosa ne pensasse Adolf Hitler, ma riuscì indigesta perfino a Satana. C’è qualcosa di misterioso e selvaggio nell’avventurar­si in Garfagnana, terra di scorriband­e e rappresagl­ie. Siamo sempre in Toscana, ma mentre ci infiliamo nella Valle del Serchio tra due catene ininterrot­te di monti, le Alpi apuane da una parte e i primi contraffor­ti appenninic­i dall’altra, è come se entrassimo in un altro mondo, quasi nascosto. Appena lasciate le mura di Lucca troviamo una ciclabile lungo il fiume Serchio: 7 km in mezzo al verde fino a Ponte a Moriano. Tra Decimo e Borgo a Mozzano, nel punto in cui la valle si dischiude ci imbattiamo in bunker e muraglie di cemento; sono le prime avvisaglie di una storia molto speciale che qui lasciò una lunga scia di morte, devastazio­ne e fame. È quel che resta della famosa Linea gotica, la poderosa struttura difensiva fatta costruire dai tedeschi nel 1944 per fermare l’avanzata verso nord degli alleati angloameri­cani. Hitler, temendo il peggio, le cambiò denominazi­one in Grüne Linie, ma ormai era tardi: nel maggio del 1945 venne sfondata aprendo la strada alla disfatta nazista. A Borgo a Mozzano c’è un museo della memoria, con visite guidate. La tentazione di infilarci tra gallerie e trincee per capire meglio quei dolorosi momenti storici è forte, ma non c’è tempo; all’uscita di Borgo a Mozzano, ci attende il diavolo. Visto che è stato gabbato già una volta, guai a farlo aspettare. L’appuntamen­to è fissato al km 22 davanti alla prima meraviglia artistica della Garfagnana: il maestoso Ponte della Maddalena, o appunto del Diavolo, considerat­o un miracolo dell’ingegneria medievale, sfidò per secoli le piene del Serchio e le incursioni di numerose armate nemiche. Scampò addirittur­a alla furia distruttiv­a dei nazisti. Lo fece costruire Matilde di Canossa nell’XI secolo, ma la sua caratteris­tica sagoma – con una grande e arditissim­a arcata seguita da tre molto più basse – alimentò numerose leggende, come quella che l’architetto in ritardo con i lavori avesse fatto appello a Satana per terminarlo in una notte in cambio della prima anima in transito sul ponte. Quando si accorse che per collaudarl­o avrebbe dovuto passare lui per primo, mandò in avanscoper­ta un cane, beffando così Satana. Di storia come questa ce ne sono tante sul diavolo e i suoi ponti. Però quello di Borgo a Mozzano è tra i più belli d’Italia. Continuiam­o e arriviamo al bivio per Barga (km 33), raggiungib­ile dopo una salita di 5 km, scendendo si può poi proseguire lungo la via Giovanni Pascoli per Castelvecc­hio, dove il poeta della “cavallina storna” visse fino a poco prima della morte, avvenuta a Bologna nel 1912. Noi tiriamo dritto fino a Monticello, dove inizia la salita più impegnativ­a: una serpentina di 5 km nel bel mezzo di una vegetazion­e fitta e smagliante. Una picchiata veloce in discesa di 3 chilometri ci porta a Castelnuov­o di Garfagnana, sotto la Rocca dove Ludovico Ariosto visse per tre anni maledicend­o questa valle: “Questa è una terra di lupi e briganti”. Ma basta un aperitivo in piazza per rendersi conto che oggi, al contrario, gli abitanti sono particolar­mente gentili e accoglient­i.

Castelnuov­o terra di gente “inculta”?

Il più noto dei personaggi al quale è legata la località in cui trascorria­mo il pomeriggio e la notte, non ne era dunque particolar­mente entusiasta. E non solo perché il suo soggiorno nel capoluogo della Garfagnana lo teneva lontano dalla moglie Alessandra Benucci. Ludovico Ariosto considerav­a quelle terre, in cui era stato inviato come governator­e,

“popolate da gente inculta, simile al luogo ove è nata e avvezza”. Insomma una Toscana ben diversa da quella che fiorisce altrove in quegli anni rinascimen­tali. L’autore de L’Orlando furioso trascorse tre anni (1522-25) nella Rocca di Castelnuov­o (oggi per l’appunto “Rocca ariostesca”) per decisione del Duca Alfonso d’Este. Saranno di fatto gli Estensi di Ferrara a contrasseg­nare, perlopiù nel bene, la storia di questa località e della sua valle a partire dal Medioevo. Non fu comunque solo il celebre poeta a conservare un’immagine poco lusinghier­a della Garfagnana. Ne abbiamo la prova sfogliando un testo scritto nel 1879 da un certo Raffaello Raffaelli,

Descrizion­e geografica storica economica della Garfagnana. Lo storico racconta di un “forastiero” molto inquieto di metter piede in un paese

“che mi hanno detto stanza di lupi e di orsi… in un paese incolto, semibarbar­o, inospite… ho la testa sbalordita, e mi sta sempre innanzi agli occhi la pittura orrenda di questo paese…”. Raffaelli racconta che molti stranieri arrivando in Garfagnana temevano di ritrovarsi “in mezzo ai selvaggi” e che la maggior parte degli italiani manco sapeva “in quale plaga dell’orbe terraqueo fosse situata la Garfagnana”. In uno slancio sciovinist­a, lo storico si affretta a correggere il tiro, a sfatare il pregiudizi­o, scrivendo di “una popolazion­e pacifica, di una regione dove si gode la quiete, di persone cordiali e amici del forastiere, di arguto e versatile ingegno, dotato dalla natura di dolcissimo parlar toscano”. Ora però tocca a noi raccontare un po’ quanto abbiamo visto e sentito. Cominciamo dal “parlar toscano”: qui, ci spiega Martina Moriconi dell’Unione dei Comuni della Garfagnana, si parla un toscano particolar­e. Le “e” sono in genere chiuse e la “c” viene pronunciat­a come una “g”. Davvero curioso. E quanto sta davanti ai nostri occhi? Anche se il suo capoluogo non è una meta indimentic­abile, la Garfagnana, tutta, ha indubbiame­nte il suo fascino. La “valle del bello e del buono” secondo le parole di Giovanni Pascoli è punteggiat­a di borghi, castelli, pievi, ponti. Contrariam­ente a quanto lasciano intendere le parole di Raffaelli, la Garfagnana fu in realtà politicame­nte e militarmen­te un’importante faglia sismica.

La storia locale dell’Alto Medioevo non è molto nota. Come Lucca, pure tutta la Garfagnana fu conquistat­a dai Longobardi; conoscerà poi la fase di incastella­mento (che comportava la fortificaz­ione di interi villaggi) in innumerevo­li comuni (un centinaio!) e diventerà nei secoli terra di scontro dapprima tra i Signori locali e i Lucchesi, e in seguito tra le diverse potenze comunali, oltre a Lucca, Pisa, la Urbino di Francesco della Rovere, Firenze (che papa Leone X de’ Medici aveva spronato nel 1521 all’offensiva militare e alla conquista) e Ferrara. Furono dunque gli Estensi a lasciare qui il miglior ricordo. Ecco, ma cosa rimane di tutto questo a Castelnuov­o? In realtà davvero poco. La Rocca ariostesca che domina la Piazza Umberto I e che risale all’XI secolo è stata promossa a emblema cittadino. Eppure dell’originale castello non sopravvive molto; al momento in cui scriviamo (e temiamo anche negli anni successivi) non è neppure visitabile. Sovrasta Castelnuov­o un’altra opera legata agli Estensi: la fortezza, o meglio ciò che ne rimane, di Mont’Alfonso: val la pena andarci – una manciata di chilometri, 200 metri di dislivello – soprattutt­o per la vista spettacola­re sulla Valle del Serchio. Attenzione però! Castelnuov­o inganna un po’. Si ha l’impression­e di essere già in montagna (anche perché si è fatta parecchia salita da Lucca… ma pure, lo avevamo quasi scordato, non poca discesa); in realtà tuttavia si tratta di una sorta di illusione ottica. Non siamo neanche a 300 metri sul livello del mare e la salita verso gli Appennini ci attende tutta nella prossima tappa.

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 ?? ?? Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano.
Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano.
 ?? ?? Verso la Garfagnana.
Verso la Garfagnana.
 ?? ?? Castelnuov­o di Garfagnana - Ponte di Santa Lucia.
Castelnuov­o di Garfagnana - Ponte di Santa Lucia.

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