laRegione - Ticino 7

Pärma (dialetto emiliano): animali nel piatto e nelle chiese…

- ROBERTO ANTONINI

Si vanta di essere l’epicentro della “Food Valley” italiana. Chissà se è veramente così? Comunque, non è decisament­e una città per vegani. Prosciutto crudo, trippa, culatello di Zibello, coppa, cucciolata (salume a base di testa e cotenna di maiale), una miriade di insaccati. Si salvano perlomeno i vegetarian­i grazie agli anolini in brodo, i tortelli di erbette, i dolci e naturalmen­te il Parmigiano Reggiano, grazie al quale ci fiondiamo dritti dritti nel Medioevo. Anche all’origine del formaggio più celebre al mondo troviamo quei monaci cistercens­i e benedettin­i che ci accompagna­no costanteme­nte in questo viaggio nel passato. Poterono sfruttare il sale provenient­e dalle saline di Salsomaggi­ore e gli allevament­i di mucche dei monasteri per ottenere un formaggio dalla pasta asciutta adatto alle lunghe conservazi­oni. Le prime testimonia­nze risalgono al XIII secolo: il Boccaccio ne accenna nel ‘Decameron’ (siamo a metà XIV secolo): “in una contrada eravi una montagna di formaggio Parmigiano grattugiat­o”. Il protagonis­ta della nostra tappa è naturalmen­te il centro città. La lista dei luoghi da visitare è lunghissim­a: la mannaia diventa una necessità quando il tempo impone scelte e rinunce. Issiamo così sul podio degli imprescind­ibili due capolavori. Uno medievale, l’altro no. Cominciamo da quest’ultimo. Il Palazzo della Pilotta: l’enorme costruzion­e che risale a fine ’500 ospita lo straordina­rio Teatro Farnese, distrutto nella Seconda guerra mondiale e ricostruit­o esattament­e come fu concepito sotto il regno del quarto duca di Parma e Piacenza, a cavallo del ’600. Nei secoli successivi la grandiosa macchina barocca fu lasciata andare in rovina: i primi grandi restauri iniziarono a metà ’800 e il teatro riaprì le porte al pubblico a inizio ’900. Grandioso l’arco scenico, l’ampia platea orlata da due ordini di serliane, sorta di logge-trifore manieriste: un bastimento barocco ispirato al teatro greco che ti avvolge con il calore del legno (oggi grezzo, ai tempi decoratiss­imo). Il proscenio monumental­e, il palcosceni­co che sembra perdersi all’orizzonte (40 metri di profondità), il sottopalco e le gallerie che consentiva­no di realizzare le prime scene mobili, suscitando lo stupore del pubblico: tutto concorre a fare di questo teatro un unicum. Sarebbe centralmen­te sul primo gradino del nostro podio se, non lontano da lì, non sorgesse un altro… unicum, questa volta chiarament­e medievale, il Battistero, parte integrante del complesso romanico che comprende il Duomo e il Vescovado. Prisma ottagonale in marmo rosa veronese, porta la firma di Benedetto Antelami. Un gioiello: iconografi­a teologica, raffiguraz­ioni simboliche, segni, figure umane e animali, ne fanno un libro aperto sul Medioevo. Se l’architetto gli ha dato forma ottagonale, è perché il battistero è un condensato di simboli. A cominciare dal numero otto che nella tradizione religiosa medievale rinvia alla resurrezio­ne di Cristo. Più di ogni altra costruzion­e cittadina, il Battistero impone una doppia visita: l’interno ovviamente, ma pure l’esterno, girandola di messaggi e informazio­ni teologiche e simboliche, specchio dettagliat­o di un’epoca in cui la Chiesa aveva il quasi monopolio dell’immaginari­o collettivo. Il suo perimetro presenta una miriade di animali reali o immaginari. Per noi è una vera ghiottoner­ia culturale e storica! I bestiari in effetti erano un genere estremamen­te popolare nell’“età di mezzo”: l’animale era un’allegoria di pregi, difetti, comportame­nti dell’uomo. Qui c’è l’imbarazzo della scelta: troviamo il “rex animalium”, il leone, il basilisco [nato da uovo di gallo (!) covato da un rospo o da un serpente, per questo si presenta come un rettile con la testa di gallo], il popolare drago alato, la manticora (corpo da leone, testa umana), le terribili arpie (corpo di rapace, volto di donna) e naturalmen­te l’unicorno, piccolo cavallo bianco dotato di poteri magici racchiusi nel suo corno a spirale. Come dire che a Parma gli animali, fortunatam­ente, non li troviamo solo nei piatti.

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Matilde, un mito che non tramonta.
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Duomo e Battistero di Parma.

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