Dialogo fra un fico e Stefano Mancuso
efano Mancuso ama leggere nei rchi qualche ta, come tutti. differenza d lettore comune però
e circondato da alberi, siepi fiori non saprebbe dare un nome e al platano, alla rosa, per lui parco è un libro più parlante quello che sta leggendo. Non vede torno a sé ciò che vediamo noi,e ni itante del parco non vede lui come de una perso qualsiasi. Questa la cronaca della prima volta
e fu - con grande stupore anche r lui - distolto dalla sua lettura un parco. à sappiamo a chi.
- “Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo...”.
- Chi ha parlato?
- Mi scusi, preparo un discorso e sto ripassando l’inizio.
- Hai parlato tu, fico?
- Pensavo ad alta voce. Con chi ho il piacere... - Stefano Mancuso. Il piacere è mio e non immagina quanto.
- Mancuso il teologo?
- Il botanico. Per questo conoscerla è un onore particolare per me.
- Mi dia del tu, ho solo tredici anni.
- E già lettore della Bibbia.
- Ascoltatore, in realtà. Anche a voler star dietro all’essere umano, nelle conoscenze, cosa che non è in cima alle nostre ambizioni, non credo che ci riusciremmo. Ma la tradizione orale ci dà tutto il necessario.
- Ne ero convinto.
- Non vede altri fichi ma intorno a me avevo fratelli e sorelle, zie, un gran numero di nonni, cugini. Poi è arrivato un benefattore. Ha comprato il terreno, ha costruito una villa per sé e questa parte l’ha donata. Ma aveva già tagliato tutti i fichi. Ha lasciato solo me, per bellezza. - Mi dispiace.
- Ma lei sa meglio di me...
- Dammi del tu, ti prego.
- Sai meglio di me, Stefano, che qui è pieno di vita a iniziare da questo tappeto di pratoline. Ogni primavera non vedo l’ora che rispuntino. - Sono bellissime.
- Quello che so l’ho imparato dalle piante: dai miei progenitori, dall’edera e dall’alloro, dal gelsomino...
- Così conosci anche Vito, il teologo?
- Viene a leggere su quella panchina, ogni tanto. - Quale discorso prepari, se non sono indiscreto?
- Una lezione “Sul fico nella Bibbia”.
- Ciò che sento travolge il risultato dei miei saggi. Chi mi crederà, che ho parlato con un fico, che cita la Bibbia, che tiene lezioni...
- Nessuno, penso. Ma non è detto. Non stanno credendo a tutto quello che hai scritto, finora? Mi sono fatto l’idea che l’amore per le piante ti annebbi un po’ la mente. D’altra parte deduzioni o intuizioni, partiti presi, prove e non prove, le tue conclusioni per me sono validissime. E chi ride di quello che scrivi lascialo ridere. “Se un saggio entra in causa con uno stolto/ si agiti o rida, non troverà riposo”. Proverbi, 29,9. - Conosci anche i miei libri? - Termino il concetto, scusa... I parametri di “scientifico” si sono spostati molto in avanti. Fra tre libri crederanno anche a questo: al tuo dialogo con un fico.
- Potrei intitolarlo “La trasmissione orale nella cultura dei fichi”.
- Perché non di tutte le piante? Sei diventato cauto, di colpo?
- Delle altre non è certo ancora. Dovrei studiarle.
- Hai scritto solo cose provate nei tuoi studi? - Beh, no.
- Il mese scorso su ‘Science’ è uscito un articolo sul danio zebrato. Pesce particolarmente empatico, grazie all’ossitocina. Se vede un compagno triste gli si avvicina ecc. Come se l’orata, il tonno, il polpo non facessero lo stesso. - Hai ragione. Se tra gli animali avviene come tra le piante, la cui vita interiore... - Di questo passo quando arriverete? Aspettate di provare che il cammello è empatico, poi il giaguaro, la rana, lo scoiattolo?
- Non dirlo a me. Fosse per me.
- Se sono empatico io, che non posso muovermi! Anche se tu hai scritto che posso e lì non ti seguo, a dire la verità.
- Era un discorso un po’ in generale... l’impollinazione... l’azione del vento...
- ... i botanici del Seicento, i missionari tornati dalla Cina... Ma sull’ossitocina ti dirò come la vedo. Non è che siamo empatici, tutti, per via dell’ossitocina: produciamo ossitocina per via dell’empatia.
- È lo stesso.
- Veramente è il contrario.
- Mi servo di qualche immagine, scrivendo. - Licenza scientifica.
- Eh! Mettiamola così. del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (www.linv.org), istituzione che ha sedi in Italia e Giappone, così come dirige la rivista Plant Signaling & Behavior. Sul fronte autoriale, Mancuso ha scritto (e scrive) diverse pubblicazioni su riviste internazionali e numerosi volumi scientifici che trattano la comunicazione e il comportamento vegetali, uno su tutti: Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale (Giunti; 2013), scritto con Alessandra Viola e tradotto in quasi venti lingue.
Impegno, studio e lavoro alacri che hanno portato a diversi riconoscimenti: ‘la Repubblica’, nel 2012, ha indicato lo scienziato come uno dei venti italiani che ci cambieranno la vita e, l’anno successivo, il ‘New Yorker’ lo ha annoverato nella classifica dei “world changers”. - Potreste preparare un integratore di ossitocina, per diventare tutti empatici.
Scherzo! Riguardo alla conoscenza dei tuoi libri, proprio Vito mi aveva parlato di te. Mi ha letto alcune pagine di un tuo saggio.
- Di che altro avete parlato?
- Ho una preferenza per i libri sapienziali della Bibbia. Mi sono fatto dire tutto quello che conosceva sul Siracide. Uno scambio intellettuale che non si è più ripetuto. Fino a oggi, naturalmente.
- Ti ringrazio. Io la Bibbia la conosco poco. Ho letto e riletto la Genesi, per confutarla ma non è ancora capitato. Anzi credo che non lo farò. Mi riprometto di approfondire, lo studio assorbe tutte le energie.
- Poche piante nella Bibbia?
- Non molte mi pare, e tutte minacciate da catastrofi, carestie.
- C’è il sicomoro.
- Sì, solo perché ci salga Zaccheo per ascoltare le parabole di Gesù, per vederlo. Visione antropocentrica, la solita storia.
- Io ho una visione fitocentrica che non mi rimprovero.
- Anch’io sarò fitocentrico fino alla morte. Volevo nascere, che so io, magnolia, carpino. - Devi sempre esagerare.
- È la verità.
- E poi c’è il fico come dicevamo. Proprio nei discorsi di Gesù che doveva amarlo particolarmente, salvo quello che ha seccato per fare un esempio agli apostoli, perché non aveva frutti. Un passo più famoso è quello con cui inizierò la lezione.
- Amava i fichi più di altre piante, Gesù?
- Non so se di più ma li cita volentieri. Se c’era una preferenza, però, la ragione credo di intuirla. Quando mettiamo le foglie, sembrano tante mani rivolte verso l’alto, aperte. Come se pregassimo.
- Ma pensa!
- Comprendo che l’immagine ti piaccia, sebbene alquanto antropomorfica.
Vorrei metterti in guardia da un rischio,
Stefano. Non ci resterai male?
- Ci mancherebbe.
- A forza di dire che le piante fanno questo e fanno quello, le paragoni continuamente agli esseri umani. Come se il massimo, al mondo, sia far parte della specie umana o superarla sul suo campo; e tu credi tutto il contrario, mi sembra. Più antropocentrismo di così non è possibile. Non te ne accorgi?
- La prossima volta verrò con un taccuino. Ma ti prego di fermarti, per oggi. Non so quante delle mie tesi stai avvalorando e quante demolendo. - Continuo con il mio ripasso, dài. Se non ti prepari bene, anche su un argomento che conosci, lo sai: ripetizioni, incertezze, lungaggini, dire una cosa per un’altra. - Verissimo.
- Stefano, sono felice di averti conosciuto. Vieni a trovarmi presto.
- Promesso. Ciao fico, buona lezione!