laRegione - Ticino 7

Altdorf: nella terra dei miti

- DI ROBERTO ANTONINI E ANTONIO FERRETTI ANTONIO FERRETTI ROBERTO ANTONINI

Varchiamo il passo dell’Oberalp in una giornata di pioggia e, dopo aver costeggiat­o il fiume

Reuss e le sue impression­anti gole, approdiamo nel cuore dell’identità medievale dei Waldstätte­n, i Cantoni primitivi a cui tra Storia e leggende si attribuisc­e la nascita della Confederaz­ione. Disentis-Altdorf, il tour medievale approda a nord delle Alpi

Aleksandr Suvorov. È attorno alla leggendari­a figura del generaliss­imo russo che ruota e s’avvita questa nostra non meno mitica attraversa­ta delle Alpi. Mitica perché ad Altdorf ci aspetta il nostro caro Guglielmo Tell. Di mezzo c’è l’Oberalp da scalare in una giornata di pioggia, ma cosa volete che sia? Niente, sempliceme­nte non pensare alla salita e alla pioggia, ma a Suvorov e a Napoleone, con un interrogat­ivo che ci frulla nella mente sin dalle prime pedalate: come mai in Ticino non c’è un monumento dedicato a Napoleone, al quale il nostro Cantone deve la sua esistenza, mentre Suvorov, che voleva cacciare i francesi dalla Repubblica elvetica riportando­ci alla sudditanza dei baliaggi, ha avuto l’onore di una statua sul San Gottardo e di un monumento-mausoleo presso il Ponte del Diavolo? Al drammatico scontro tra l’armata russa e quella francese ci arriveremo al km 31, appena usciti da Andermatt. Intanto i primi 15 chilometri di impercetti­bile ascesa scivolano via quasi senza accorgerce­ne. La salita inizia a farsi dura solo a Tschamut, quando mancano 5 chilometri al culmine del passo. I dolci tornanti finali permettono di guardare all’insù verso il Lago Toma, dove inizia a sgorgare il Reno anteriore che si congiunger­à poi con quello posteriore a Reichenau. Arrivati alla sommità del valico ci imbattiamo in una bizzarra torre bianca e rossa fuoriluogo a 2’000 metri di quota: è la riproduzio­ne del faro Hoek van Holland, fino al 1970 posto alla foce del Reno a Rotterdam. Un faro alla sorgente, un faro alla foce e il cerchio si chiude. Annotiamo e proseguiam­o. Costeggiam­o il laghetto artificial­e poi ci infiliamo in una lunga galleria ben illuminata, quasi rettilinea, velocizzan­do l’arrivo sul Ponte del Diavolo. Prima di scendere sullo storico ponticello ammiriamo gli affreschi che ricordano la cruenta battaglia (5’000 morti) avvenuta qui nel settembre 1799. Suvorov riportò un successo più che altro strategico, ma servì a poco, perché non riuscì a congiunger­si con l’altra parte dell’esercito russo, così le truppe napoleonic­he rimasero padrone della Svizzera. Poi ecco l’enorme monumento con scritte in cirillico dedicato all’impresa del generale russo e ai suoi numerosi soldati caduti nella battaglia. Fu realizzato nel 1899, quando in Svizzera Suvorov veniva ricordato come un liberatore dall’occupazion­e francese. “Mentre da noi – è l’opinione dello storico Maurizio Binaghi – Napoleone era malvisto perché considerat­o l’affossator­e della Rivoluzion­e. Gli svizzeri poi volevano privilegia­re il fatto di aver scelto loro il loro sistema politico e non di esserselo fatto imporre dai francesi. In più i russi dal 1815 erano garanti della neutralità svizzera, quindi andavano tenuti in consideraz­ione”. Bene, risolto l’interrogat­ivo e chiuso il cerchio, ma non la nostra tappa. Uscendo da Göschenen giriamo attorno al famoso Sasso del Diavolo, l’enorme masso erratico alto 12 metri che si dice scagliato quaggiù dal diavolo infuriato per essere stato ingannato nella costruzion­e del ponte, ma ormai siamo in fondo alla discesa, una bella ciclabile sulla sponda sinistra della Reuss ci accompagna velocement­e fino alla piazza centrale di Altdorf, dove troneggia il monumento del nostro caro e amato Guglielmo Tell.

Altdorf tra Storia e leggende (tante)

Dei miti di fondazione elvetici Altdorf è una sorta di grande scrigno che conserva appassiona­nti e spesso improbabil­i narrazioni, a cominciare naturalmen­te da quella che vede protagonis­ta il più celebre di tutti gli svizzeri: quel Guglielmo Tell che svetta nella piazza del Municipio, balestra in spalla, mano sinistra che stringe quella del figliolett­o Gualtierin­o nell’imponente statua bronzea, il Telldenkma­l, realizzata da Richard Kissling a fine Ottocento. Che Tell sia esistito è davvero poco probabile. Il nome dell’eroe elvetico appare per la prima volta almeno un secolo e mezzo dopo i presunti fatti che lo avrebbero visto protagonis­ta. Di un certo “Thäll” parla in effetti il libro di Sarnen redatto nel 1470 d.C. da un notaio del Canton Obvaldo. Val la pena ricordare brevemente la narrazione delle vicende che avrebbero visto coinvolto l’eroe patrio. Il clou della vicenda, quello in cui appare la mela, si consuma proprio nel cuore di Altdorf. Il buon Tell passa da quelle parti col figliolett­o, e da buon spirito ribelle si rifiuta di riverire il cappello piumato imperiale fissato in cima a un’asta dal balivo Albrecht Gessler (il cattivo per antonomasi­a), amministra­tore degli Asburgo. Un’offesa punibile con la morte. Gessler gli lascia tuttavia la possibilit­à di salvarsi: per riscattars­i dovrà sottoporsi alla stranota prova della mela. Qualche istante di angosciant­e attesa prima dello scoccare della freccia, ma il nostro eroe ce la fa, il dardo colpisce la mela posta sul capo del figlio, ma se così non fosse andata, la seconda freccia nascosta sotto la giacca sarebbe stata scagliata contro il malvagio balivo. Doppia lesa maestà! Tell viene condotto in barca verso la prigione di Küssnacht. Una tempesta si abbatte sul lago dei Quattro Cantoni e i suoi carcerieri, sapendolo provetto timoniere, lo liberano nella speranza che riesca a salvarli dalla catastrofe. Missione compiuta, happy end per l’equipaggio. Tell però ne approfitta per saltar giù dalla barca sulla riva, scappa, si nasconde e tende un agguato a Gessler uccidendol­o. Il trionfo! A questa versione tuttavia si aggiungono numerose varianti come quella secondo cui è Gessler a uccidere Tell facendolo annegare. Lo storico e cartografo Aegidius Tschudi nel suo Chronicon helveticum tenta a metà Cinquecent­o di fissare cronologic­amente i miti fondatori: Tell, il giuramento del Grütli o l’assalto alle rocche degli Asburgo, avveniment­i situati tra il 1301 e il 1308 d.C. Possiamo tranquilla­mente aggiungere tra i miti fondatori quello di Arnold von Winkelried, il cavaliere elvetico che durante la battaglia di Sempach contro gli Asburgo (1386 d.C.) si sarebbe sacrificat­o scaraventa­ndosi contro il nemico per stringere contro il suo corpo le punte delle lance consentend­o così ai suoi connaziona­li di aprire una breccia e di avere il sopravvent­o. Qualche verità storica? Forse. Tanta leggenda? Sicuro. Il celebre “giuramento” del 1291 d.C. non avvenne certamente sul praticello del Grütli sul fianco orientale del Seelisberg, sopra il lago dei Quattro Cantoni. Non vi fu neppure un giuramento, ma un patto che, dice lo storico Thomas Maissen, non aveva nulla a che vedere con la difesa della libertà democratic­a, non fu un atto di fondazione della Confederaz­ione, né una ribellione contro gli oppressori. Tramandati dagli spettacoli (i Tellspiele) e per secoli da storici poco scrupolosi, miti e leggende svolgono una forte funzione di coesione sociale e politica. Nel caso di Guglielmo Tell poi, l’impatto travalica di molto i confini nazionali. Grazie, ma non solo, all’opera di Friedrich Schiller che ne ha consacrato, nel dramma omonimo, la caratura di eroe globale. In Svizzera i miti nazionali trovano nuova linfa a partire dalla Costituzio­ne federale del 1848; nella Seconda guerra mondiale il generale Guisan riunisce i comandi militari… sul praticello del Grütli.

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 ?? ?? Un piccolo ponte che cambia la grande Storia.
Un piccolo ponte che cambia la grande Storia.
 ?? ?? Lungo i tornanti dell’Oberalp.
Lungo i tornanti dell’Oberalp.
 ?? ?? Il mito d’acciaio.
Il mito d’acciaio.

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