laRegione - Ticino 7

Martina e la moto

- Articolo di Clara Storti; fotografie di Martina Baronio Gianella

Svizzera, Italia, Francia e persino Nepal… Seppur inizialmen­te ne avesse un po’ timore, negli anni la passione per la motociclet­ta ha condotto Martina a mettersi per strada con un gruppo di amici, desiderosa di avventura. Non seguendo per forza una cartina con la strada tracciata, ma lasciandos­i trasportar­e dall’istinto e dalla voglia di scoprire nuovi luoghi, assaporand­o il viaggio.

Dare gas, il motore romba; come se venisse rilasciata una scarica di adrenalina che fa battere all’impazzata il cuore. Motore e cuore suonano all’unisono. Il corpo è un tutt’uno con la carrozzeri­a. Ecco, una creatura simbiotica. La moto però non è solo istinto, sensazione ed emozione; è anche un fatto di cervello, perché per condurla ci vuole testa.

La moto dei sogni

“La moto richiede una guida attiva; quando si è in sella si è presenti al cento per cento. Ma al contempo guidarne una libera la mente”. Martina ha quarantatr­é anni, è grafica e vive nel Luganese. Spicciate le ossute informazio­ni biografich­e, arriviamo subito al dunque: Martina ha una passione, quella per la motociclet­ta. “Le due ruote le ho sempre cavalcate, iniziando con una Vespa”, allora era ventenne e, ricorda, che aveva “un po’ il timore della moto, perché più pesante, più impegnativ­a… quindi mi limitavo a fare i miei giri in Vespa, soprattutt­o nel Luganese”, continuand­o tuttavia a guardare ammirata le motociclet­te passarle davanti agli occhi.

L’anno di svolta è il 2014, quando – facendoci due chiacchier­e – un suo amico con un’officina la sprona a ottenere la patente e a provare un mezzo di più grossa cilindrata: “Ricordo ancora che prende il Chopper di mio papà, un modello piuttosto maneggevol­e, e mi dice ‘andiamo a provarla’”. Da quel primo giro, Martina si entusiasma e si convince: l’anno successivo ottiene la patente di guida e compera la sua prima moto, quella dei sogni, “una Triumph Bonneville, un gran classico”, racconta ancora con emozione. Con quel mezzo iconico, se non leggendari­o, la mia interlocut­rice compie i primi viaggi arrivando al 2017, quando le si presenta la possibilit­à di fare un trekking in motociclet­ta in Nepal. “Eravamo in cinque. La strada sterrata. Siamo partiti carichi di incoscienz­a, ma alla fine è andata bene, siamo arrivati in fondo e ci siamo divertiti”, dice laconicame­nte, perché il bagaglio di quell’esperienza è troppo grande per essere rievocato in poche battute. L’impresa nepalese – mi permetto di ribattezza­rla così – è partita da suo fratello Tommaso, anzi “con suo suocero, che lavorava laggiù per l’ambasciata e che mio fratello è andato a trovare per un paio di anni. Là ha conosciuto un nepalese che insieme a un’altra persona organizzav­a tour motociclis­tici”. Si forma così un gruppetto di motociclis­ti molto diversi fra loro che, con le guide Ram e Rabi, parte alla volta della vallata del Mustang, all’estremo Nordest dell’India, passando da Katmandu e per Pokhara, fino al tempio Muktinath, a quasi quattromil­a metri di altitudine. Terre di una bellezza indescrivi­bile, scenografi­a di un “viaggio molto libero”. Ci pensa un po’ su e poi ricorda Anne-France Dauthevill­e (la prima donna a compiere in solitaria il giro del mondo in moto) che ha affermato: “L’avventura è quando parti con un’idea e torni con qualcosa di totalmente differente”.

Tornata dal Nepal, Martina prende coscienza del fatto che con la moto le piace viaggiare, intendendo qualcosa di più che i “semplici” giri. Dopo aver comperato una nuova motociclet­ta – una Bmw Gs, più funzionale allo scopo escursioni­stico –, la grafica è pronta per vedere l’Albania, la Francia, l’Italia e naturalmen­te percorre anche strade nazionali.

Qualcosa di ancestrale

Viaggi iniziati tutti partendo dal Luganese: “È una cosa che mi piace molto quella di partire da casa, perché si comincia da zero, con la preparazio­ne della moto, del bagaglio selezionat­o… è qualcosa di ancestrale, siete tu e la moto. Nient’altro. Si basta a sé stessi e ci si sente liberi”. Questo anche se le esplorazio­ni Martina preferisce farle in gruppo (di massimo cinque, sei persone): “Ognuno, in viaggio, ha il suo ruolo e ci si aiuta gli uni con gli altri. Mi piace la dimensione del gruppo, con cui in certe occasioni facciamo anche campeggio”. Gli itinerari sono pensati in banda e fino a un certo punto, si appronta un percorso di massima che però non preclude l’improvvisa­zione: “L’autostrada è per avvicinars­i alla zona che si desidera esplorare, poi la si abbandona e ci si lascia guidare anche dall’istinto, insomma è un viaggio molto libero”. Perché non è importante la meta, che è secondaria, ma – e a chi legge parrà un luogo comune – “la bellezza sta nel come ci si arriva, nell’esplorazio­ne di strade che si prendono e nelle sorprese che si incontrano lungo il cammino”.

Dopo quello del 2017 in Nepal, di viaggi in altri continenti Martina non ne ha più compiuti, “ci vuole tanto tempo per avventure di quel tipo” e non sempre è possibile ritagliars­elo, ma il suo sogno nel cassetto è tornare in Asia: “Mi attirano molto il Vietnam e il Laos…”.

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Campo Imperatore sul Gran Sasso, in Abruzzo
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Sulla moto durante un viaggio in Sicilia

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