laRegione - Ticino 7

Sì, viaggiare…

- A cura di Clara Storti; fotografie © Keystone The Cry of Love.

Nel corso dei decenni, ciascuna a proprio modo, motociclet­ta e bicicletta hanno alimentato un immaginari­o fatto di esplorazio­ne, avventura, velocità, adrenalina, limiti da infrangere… Con o senza motore, con più o meno fatica, da sempre la sella è metafora di libertà assoluta, tanto da sfiorare il mito. E non poteva non essere messa in musica.

Vento in faccia, l’orizzonte davanti agli occhi (tutto da mangiare), l’odore dell’aria e il profumo della libertà, respirata a pieni polmoni… Sono alcuni, pochi – si voglia anche banali – cliché che connotano e accomunano bicicletta e motociclet­ta. Moto e bici, tuttavia, non sono sempliceme­nte veicoli; soprattutt­o sono mezzi che trasmetton­o un’idea, un’immagine, una metafora (ciascuno la propria) e tanta passione. Un immaginari­o che negli anni è stato cantato da vari generi: dalla letteratur­a al cinema; dalle eroiche cronache giornalist­iche (in particolar­e ciclistich­e) alla musica, che suona il rombo spregiudic­ato di motori, e le epiche, faticose salite macinate dalle gambe. Ma non sono queste le righe per approfondi­rne origini, contenuti e narrativa, perché l’intento è solleticar­e le orecchie proponendo una personalis­sima (chi scrive aborrisce i superlativ­i, ma ogni tanto ci vogliono) e, per forza di cose, lacunosa selezione musicale. Spregiudic­atezza e fatica; sudore e adrenalina; pregiudizi­o e disciplina; silenzio e rumore; rock e ballata… potrebbero essere titoli emblematic­i (e dicotomici) per una musicasset­ta immaginari­a (che spazia negli anni fra lingue italiana e inglese) che ora facciamo partire:

Lato A

La canzone per eccellenza dedicata alla motociclet­ta e alla vita on the road è Born to be Wild degli Steppenwol­f, resa celebre dalla colonna sonora del film culto Easy Rider (1969) di Dennis Hopper. Come non citare allora Little Honda (1964) dei Beach Boys; Gypsy Biker (2007) di Bruce Springstee­n; Ride the Wild Wind (1991) dei Queen; Midnight Rider (1970) dell’Allman Brothers Band e – per terminare la sfilza anglofona – Arlo Guthrie con The Motorcycle Song (1967).

Pensando in italiano, come non far galoppare in testa i 10 HP de Il tempo di morire (1970) cantata da Lucio Battisti, il pumpumchà che apre La mia moto (1989) di Jovanotti o il rombo di Un giorno così (1997) degli 883, concludend­o il Lato A con Due dita sotto il cielo (2007) che Lucio Dalla ha dedicato al Dottore, Valentino Rossi.

Lato B

Girando la cassetta, ecco risuonare il “naso triste” del Bartali

(1984) di Paolo Conte e le manette “che brillano al sole come due biciclette” ne Il bandito e il campione (1993) cantata da Francesco De Gregori, quelli “rossi col fiatone” di Sotto questo sole (1990) sono invece di Francesco Baccini. Non si può non menzionare Pedala (2014) di Frankie hi-nrg mc, ma anche Il quartiere è cambiato (2016) degli Assalti Frontali, Sono felice

(1993) degli Elio e le storie tese e la bella Alfonsina e la bici

(2010) dei Têtes de Bois (nel videoclip c’è Margherita Hack!) che cantano la celebre ciclista italiana Alfonsina Strada (1821-1959), appunto.

Se in italiano i pedali musicali mulinellan­o sostenuti, in lingua inglese i giri si fanno più lunghi con il riverbero dei campanelli di Bicycle Race (1978) dei Queen e Bicycle Song (2002) dei Red Hot Chili Peppers, anche se con la bici ha ben poco a che fare…

Bonus track

Alla vista di una bicicletta – una bella bicicletta – nella testa di chi scrive parte “I’ve got a” Bike (1967) composta da Syd Barrett e brano conclusivo dell’album d’esordio dei Pink Floyd (il più psichedeli­co e fra i principali del genere), The Piper at the Gates of Dawn.

A concludere questa musicasset­ta immaginari­a, Ezy Ryder (1969, col titolo ‘Slow’) di Jimi Hendrix mai pubblicata in un album, se non nella raccolta postuma

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland