La fionda di Burkhalter
È una Svizzera che reagisce e non fa sconti al nuovo presidente Usa quella che abbiamo percepito nelle parole di Didier Burkhalter. Il nostro ministro degli Esteri ha pubblicamente ricordato agli Usa di Trump che hanno sì il potere di regolare l’immigrazione come meglio credono, ma senza calpestare i principi e i diritti fondamentali del diritto internazionale che vanno sempre rispettati. Una Svizzera (detto tra parentesi) che avremmo voluto sentir manifestare le stesse convinzioni anche in occasione della recente visita del presidente cinese Xi. Ma guardiamo avanti, la storia corre. Le parole di Burkhalter pesano, perché il piccolo Davide – depositario delle Convenzioni di Ginevra – dice a uno degli uomini più potenti del mondo che ci si deve sempre opporre alla discriminazione degli esseri umani a causa della loro religione o della loro provenienza, e che il decreto anti-immigrazione adottato dagli Usa va nella direzione errata. Oltre a ciò anche perché rifiuta l’accoglienza di vittime delle guerre. Scelta dall’alto potenziale incendiario, visto che ha pure come possibile effetto quello di esacerbare gli animi, aumentare le frustrazioni e in definitiva fomentare il terrorismo. Visto l’attivismo di Trump, il fatto che la Svizzera manifesti subito e ad alta voce il proprio dissenso – mentre l’Europa si muove in ordine sparso! –, anche solo armata di fionda, è importante. I fuochi sfuggiti di mano diventano incendi. Chi ama la pace e ha a cuore i diritti fondamentali non lo vuole.