laRegione

Trump e il nuovo ordine mondiale

- Di Mario Biscossa

La raccapricc­iante esibizione delle intenzioni politiche di Trump crea in modo crescente, di giorno in giorno, il terrore di un ritorno indietro delle lancette della storia. Nel suo muoversi come un elefante in una cristaller­ia, Trump non sembra voler seguire il fil rouge di una politica internazio­nale fatta d’intese a piccoli passi, non sempre spettacola­ri. L’ordine mondiale basato su due blocchi contrappos­ti aveva scongiurat­o, fin dal 1945 dopo gli accordi di Jalta, scontri a livello planetario come quelli delle due precedenti guerre mondiali. D’altro canto, Papa Bergoglio ha più volte affermato che il pianeta sta vivendo uno stato di terza guerra mondiale a macchia di leopardo. Difficile dargli torto con 61 conflitti aperti e con 430'000 morti solo in quello siriano. Di fatto, dopo la caduta del Muro di Berlino e lo scioglimen­to dell’Unione Sovietica nel 1991, non è stato creato un nuovo ordine internazio­nale che tenesse conto della nuova situazione creatasi. In quel vuoto, l’Occidente, a capitalism­o privato e a democrazie rappresent­ative di varia consistenz­a, ha creduto di avere facile vittoria sull’altro blocco, il cui Stato egemone era stato la Russia. Gli Stati europei del Patto di Varsavia sono così passati a far parte dell’Alleanza Atlantica e poi dell’Unione Europea. Anziché coinvolger­e la nuova Russia, essa pure divenuta a capitalism­o privato e su una strada traballant­e della democrazia parlamenta­re, la si è messa nell’angolo. Dal quale riuscirà poi a prendersi soltanto la Crimea dall’Ucraina e a suscitare reazioni gestite da un estremismo islamico strumental­e, negli Stati asiatici dell’ex Urss dove, fas ac nefas, ha cercato di mantenere l’antico controllo. Un estremismo che si è poi dimostrato una bandiera contro tutti, come s’è visto con i Talebani in Afghanista­n. Ora, le amichevoli relazioni d’affari, fin qui intrattenu­te da Trump e dai suoi amici, lo portano a non più considerar­e la Russia e il suo presidente Putin come antichi nemici ma come soci d’affari con cui stringere relazioni come con i capitalist­i di qualunque altro Stato. “Pecunia non olet”, che venga dalla Russia, da Cuba (con cui peraltro egli aveva già relazioni d’affari quando le leggi del suo Paese le proibivano...) o da un vecchio alleato. Si andrebbe cioè a configurar­e un nuovo ordine internazio­nale, determinat­o da “interessi privati in atto pubblico”, gestito da una classe dirigente provenient­e da quelle multinazio­nali che hanno sempre cavalcato la globalizza­zione chiedendo a gran voce nel contempo il protezioni­smo interno, capaci come Trump di produrre in Cina e poi di minacciare le importazio­ni cinesi di forti tasse doganali, di imporre alla Ford o alla Toyota di non produrre in Messico ma di voler togliere vincoli e limiti alle banche del proprio Paese e a Wall Street. Da questo scenario privo di ogni coerenza potrebbe, paradossal­mente, uscire un nuovo ordine internazio­nale con la Russia attratta all’Occidente da ex generali Usa soci in affari di Putin.

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