Trump e il nuovo ordine mondiale
La raccapricciante esibizione delle intenzioni politiche di Trump crea in modo crescente, di giorno in giorno, il terrore di un ritorno indietro delle lancette della storia. Nel suo muoversi come un elefante in una cristalleria, Trump non sembra voler seguire il fil rouge di una politica internazionale fatta d’intese a piccoli passi, non sempre spettacolari. L’ordine mondiale basato su due blocchi contrapposti aveva scongiurato, fin dal 1945 dopo gli accordi di Jalta, scontri a livello planetario come quelli delle due precedenti guerre mondiali. D’altro canto, Papa Bergoglio ha più volte affermato che il pianeta sta vivendo uno stato di terza guerra mondiale a macchia di leopardo. Difficile dargli torto con 61 conflitti aperti e con 430'000 morti solo in quello siriano. Di fatto, dopo la caduta del Muro di Berlino e lo scioglimento dell’Unione Sovietica nel 1991, non è stato creato un nuovo ordine internazionale che tenesse conto della nuova situazione creatasi. In quel vuoto, l’Occidente, a capitalismo privato e a democrazie rappresentative di varia consistenza, ha creduto di avere facile vittoria sull’altro blocco, il cui Stato egemone era stato la Russia. Gli Stati europei del Patto di Varsavia sono così passati a far parte dell’Alleanza Atlantica e poi dell’Unione Europea. Anziché coinvolgere la nuova Russia, essa pure divenuta a capitalismo privato e su una strada traballante della democrazia parlamentare, la si è messa nell’angolo. Dal quale riuscirà poi a prendersi soltanto la Crimea dall’Ucraina e a suscitare reazioni gestite da un estremismo islamico strumentale, negli Stati asiatici dell’ex Urss dove, fas ac nefas, ha cercato di mantenere l’antico controllo. Un estremismo che si è poi dimostrato una bandiera contro tutti, come s’è visto con i Talebani in Afghanistan. Ora, le amichevoli relazioni d’affari, fin qui intrattenute da Trump e dai suoi amici, lo portano a non più considerare la Russia e il suo presidente Putin come antichi nemici ma come soci d’affari con cui stringere relazioni come con i capitalisti di qualunque altro Stato. “Pecunia non olet”, che venga dalla Russia, da Cuba (con cui peraltro egli aveva già relazioni d’affari quando le leggi del suo Paese le proibivano...) o da un vecchio alleato. Si andrebbe cioè a configurare un nuovo ordine internazionale, determinato da “interessi privati in atto pubblico”, gestito da una classe dirigente proveniente da quelle multinazionali che hanno sempre cavalcato la globalizzazione chiedendo a gran voce nel contempo il protezionismo interno, capaci come Trump di produrre in Cina e poi di minacciare le importazioni cinesi di forti tasse doganali, di imporre alla Ford o alla Toyota di non produrre in Messico ma di voler togliere vincoli e limiti alle banche del proprio Paese e a Wall Street. Da questo scenario privo di ogni coerenza potrebbe, paradossalmente, uscire un nuovo ordine internazionale con la Russia attratta all’Occidente da ex generali Usa soci in affari di Putin.