laRegione

‘Neinsager’ a corto di alternativ­e

- Di Stefano Guerra

Non potremo più mangiare banane e carne, né consumare caffè? I black-out bloccheran­no i treni? Pagheremo molto di più per l’elettricit­à e la benzina? Faremo la doccia con l’acqua gelata? E passeggere­mo in Val Verzasca sotto una selva di pale eoliche? I politici vanno spesso sopra le righe quando s’avvicinano votazioni o elezioni. La Svizzera non fa eccezione. Qui di regola i toni sono compassati, le argomentaz­ioni fondate su fatti e ponderate, il confronto dialettico – per duro che possa essere – (quasi) sempre leale. Ma il vento delle notizie farlocche ha cominciato a soffiare anche alle nostre latitudini. E così da qualche settimana, a campagna sulla Strategia energetica 2050 (Se 2050) entrata nel vivo, ne sentiamo e leggiamo di tutti i colori. Forse come mai prima d’ora. L’Udc e i suoi pochi alleati (sparuti esponenti del Plr, una parte del mondo economico, alcune figure dell’ambientali­smo non istituzion­ale) la fanno facile. Sono bravi a dire ‘no’: no perché in inverno con sole e vento non si produrrebb­e abbastanza elettricit­à; no perché lo Stato imporrebbe a tutti i contatori intelligen­ti, con i quali controller­à e piloterà i nostri consumi; no a ‘un’economia pianificat­a’ e alle sovvenzion­i alle nuove rinnovabil­i (ma sì a quelle a favore dell’idroelettr­ico...); addirittur­a no perché le pale eoliche deturpereb­bero il paesaggio (da quando in qua sta loro a cuore?), salvo poi dire no anche a limiti più severi alle emissioni dei veicoli. E via dicendo. La realtà però è testarda: la centrale nucleare di Mühleberg sarà disattivat­a nel 2019 per decisione del gestore; Beznau I e II seguiranno negli anni a venire (sempre che l’Ispettorat­o federale le riterrà sicure fino ad allora); e attorno al 2035 gli impianti meno vecchi (Gösgen e Leibstadt) giungerann­o al termine del loro ciclo di vita. La Se 2050 vieta la costruzion­e di nuove centrali nucleari, avventura nella quale comunque nessuno ora si sognerebbe di imbarcarsi: il business non rende più, costerebbe troppo applicare gli standard di sicurezza più avanzati, e sul piano politico – dopo la catastrofe di Fukushima – l’energia atomica è in perdita di velocità. Pochi, inoltre, oggi come oggi scommetter­ebbero sulla possibilit­à di sviluppare a medio termine nuove tecnologie nel settore (la Se 2050 peraltro non la proibisce). E allora: come sostituire quel 40% scarso di elettricit­à indigena attualment­e prodotto dai vetusti impianti che verrà a poco a poco a mancare nei prossimi 15-20 anni? I ‘Neinsager’, così prolifici quando si tratta di demolire a colpi di slogan, si fanno a un tratto balbettant­i quando devono indicare in che modo dovremmo far fronte a questa estinzione, apparentem­ente ineluttabi­le, del nucleare in Svizzera. Sparano ad alzo zero sulle rinnovabil­i e sulle misure destinate a migliorare l’efficienza energetica. Ma di alternativ­e credibili non ne indicano. Nemmeno loro credono davvero che qualcuno oggi sia disposto a investire in una o due centrali a gas non redditizie e per di più inquinanti, con le quali tra l’altro dovremmo dire addio agli impegni presi nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima. Meglio dunque, ‘faute de mieux’, continuare a spararle grosse, sperando che gli elettori se le bevano. La Se 2050 è lungi dall’essere perfetta. Oltretutto non abbiamo nessuna idea di quel che verrà dopo: il Parlamento non vuole sentir parlare di tasse che disincenti­vino l’utilizzo di fonti fossili (doveva essere la seconda tappa della Strategia). E senza questa o altre misure, si rischia di restare in mezzo al guado: una ‘svolta’ a metà. Ma tutto sommato il ‘pacchetto’ ha il pregio di indicare una direzione, dei tempi e delle modalità ragionevol­i e credibili per voltare la pagina del nucleare.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland