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I sindacati: ‘Bisogna rafforzare altro che indebolire le regole’

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Proprio giovedì scorso la Segreteria di Stato dell’economia ha pubblicato l’annuale rapporto sulle misure d’accompagna­mento per il 2016. I controlli hanno rilevato un leggero aumento, rispetto all’anno precedente, delle infrazioni in materia di condizioni salariali e di lavoro presso le imprese svizzere sprovviste di contratti collettivi di lavoro (Ccl) e per i lavoratori distaccati attivi nei settori pure privi di Ccl. «Il rapporto della Seco ha messo in evidenza come da un lato sono aumentati i controlli in materia di mercato del lavoro, ma dall’altro lato anche gli abusi sia salariali sia di altro genere», precisa

Renato Ricciardi, segretario cantonale del sindacato Ocst. «La Seco stessa, inoltre, riconosce che senza misure di accompagna­mento il fenomeno di dumping salariale sarebbe stato peggiore». «Un altro aspetto emerso dal rapporto Seco è la deriva degli orari di lavoro settimanal­i con aumenti dove non esiste un Ccl. Questo dimostra che il libero mercato in sé non funziona. Senza regole si lasciano le briglie sciolte a chi persegue interessi personali e che non ha nessun tipo di responsabi­lità sociale», continua Ricciardi che precisa che «senza regole non c’è mercato. Per fortuna ci sono imprese che si comportano correttame­nte. Quella di Avenir Suisse mi sembra più una provocazio­ne che una proposta seria». Pure Enrico Borelli, segretario cantonale di Unia prende con le molle le proposte di Avenir Suisse ricordando comunque che «le misure di accompagna­mento servono anche alle imprese corrette che operano in Svizzera e in Ticino». «Anzi – continua il sindacalis­ta –, tali misure andrebbero rafforzate come andrebbe rafforzata in generale la legislazio­ne sul lavoro per combattere le dinamiche di messa in concorrenz­a delle persone e l’erosione dei diritti e dei salari». «Il turbo capitalism­o, che tanto piace e a cui si ispira Avenir Suisse, ha creato sconquassi sociali in tutto il mondo. Basta vedere i problemi causati dalla sottoccupa­zione o dal fenomeno dei ‘working poor’ che si riverberan­o negativame­nte sullo Stato e sul ‘welfare’ soprattutt­o in Ticino», conclude Borelli.

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