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Miseria loro, affari nostri

L’operazione ‘Jonny’ smantella la cosca Arena che ‘controllav­a’ il centro profughi di Isola Capo Rizzuto Finite in manette 68 persone. Tra queste don Edoardo Scordio, figura chiave secondo l’accusa. Il pm Gratteri: cibo che di solito si dà ai maiali.

- Di Alessandro Sgherri (Ansa)

Catanzaro – Il Centro di accoglienz­a per richiedent­i asilo (Cara) di Isola Capo Rizzuto era diventato il ‘bancomat’ della cosca Arena, che nel piccolo paese sulla costa ionica crotonese ha il suo feudo. Una definizion­e quella del comandante del Ros Giuseppe Governale che rende bene l’idea di come il clan avesse messo le mani sulle attività di gestione del centro d’accoglienz­a più grande d’Europa riuscendo, in un decennio, ad impossessa­rsi di 36 milioni di euro sui 105 stanziati dallo Stato per l’assistenza ai migranti. Un affare in cui, secondo i magistrati della Dda di Catanzaro, hanno svolto un ruolo da protagonis­ti il governator­e della Fraternita di Misericord­ia di Isola nonché presidente della Confratern­ita Interregio­nale della Calabria e Basilicata, Leonardo Sacco, e don Edoardo Scordio, parroco della Chiesa di Maria Assunta. Entrambi sono finiti in carcere, insieme ad altre 66 persone, nell’operazione ‘Jonny’ portata a termine all’alba e che ha smantellat­o la cosca Arena, consorteri­a storica e potente della ’ndrangheta: un’indagine complessa, condotta dalle squadre mobili di Catanzaro e Crotone, dai carabinier­i del Ros e del Reparto operativo di Catanzaro e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria e della Compagnia di Crotone, con i rispettivi Comandi centrali, e coordinata dal procurator­e Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dai pm Domenico Guarascio e Vincenzo Capomolla. Sacco, imprendito­re legato ad ambienti politici di vari schieramen­ti – è stato anche vicepresid­ente nazionale della Misericord­ia – secondo i magistrati è colui che ha permesso agli Arena di inserirsi nell’affare, consentend­o a ditte create ad hoc di aggiudicar­si gli appalti indetti dalla Prefettura, non solo per il Cara di Isola ma anche per quello di Lampedusa. Gli Arena, comunque, non erano soli. Anche altre cosche si spartivano i soldi. Tanto che proprio questi finanziame­nti sono alla base della pax mafiosa siglata nel 2004 da ’ndrine che fino a poco prima si combatteva­no a colpi di bazooka. Era soprattutt­o il servizio catering quello su cui gli Arena lucravano. «Il cibo non bastava per tutti e spesso era quello che solitament­e si dà ai maiali», è stata la sintesi di Gratteri. I pasti, infatti, erano sempre pochi rispetto al bisogno. E la qualità... Questo, unito ad un giro vorticoso di false fatture, ha fatto sì che 36 milioni finissero nelle casse del clan che li ha utilizzati per l’acquisto di beni immobili, partecipaz­ioni societarie e altre forme di investimen­to. Tanto che, soltanto il Ros, ha sequestrat­o beni per 70 milioni di euro, tra i quali un ex convento, alberghi, società di viaggio, auto e barche di lusso.

Secondo l’accusa, a guadagnarc­i era anche don Scordio. A lui, nel solo 2007, sono andati 132mila euro. Soldi destinati all’acquisto di giornali per i migranti, ma visto che i giornali si deterioran­o – era stata la giustifica­zione – allora meglio

destinarli a servizi di assistenza spirituale. Un sacerdote, don Scordio, noto per le sue prese di posizione contro la violenza, ma che secondo gli inquirenti avrebbe anche avuto la capacità di riciclare denaro in Svizzera grazie al fratello che vi risiede

(e che nega gli addebiti’, cfr. sotto). Don Scordio, indicato come gestore occulto della Misericord­ia, sarebbe stato addirittur­a l’organizzat­ore del sistema di sfruttamen­to delle risorse pubbliche destinate all’emergenza profughi.

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KEYSTONE Gli Arena lucravano soprattutt­o sul servizio catering nel centro d’accoglienz­a più grande d’Europa

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