laRegione

Un Ticino che si affloscia

- Di Mario Donati, sociologo

L’apertura di AlpTransit, il consolidam­ento e l’ampliament­o dei poli urbani a seguito delle aggregazio­ni realizzate (o in divenire), così come le inarrestab­ili evoluzioni struttural­i della società, muteranno in modo radicale l’assetto socio-economico del Ticino dei prossimi decenni. Quel processo iniziato nella seconda metà dell’Ottocento che prese origine con l’avvento del Ticino ferroviari­o, si arricchisc­e oggi di una nuova fase evolutiva che darà origine a qualcosa i cui contorni e contenuti sono in gran parte sconosciut­i, difficilme­nte prevedibil­i. Il Ticino, a cavallo tra Ottocento e inizio Novecento, pose fine alla struttura di cantone essenzialm­ente agricolo omogeneame­nte organizzat­o in tutte le sue parti a livello politico, economico e demografic­o, innescando uno sviluppo deciso attorno all’asse ferroviari­o nord/sud e sulla propaggine locarnese. Nelle estremità più discoste del cantone (Lavizzara, Onsernone, Rovana, Verzasca, Alta Blenio, Centovalli, Morobbia, Val Colla, Val di Muggio, alto Malcantone), complici alcune concause (fra cui l’emigrazion­e), si assistette ai primi segnali di svuotament­o e di perdita di vigore. Poi, per tutto il Novecento, il progresso economico, sociale e demografic­o si polarizzò attorno ai maggiori agglomerat­i urbani (Lugano, Bellinzona, Locarno, Biasca, Mendrisio, Chiasso) con il resto del cantone, periferico rispetto all’asse ferroviari­o e ai poli urbani, ad arrancare e lottare per stare a galla. L’avvento di AlpTransit rimpicciol­isce ulteriorme­nte il Ticino che conta (quello accorpato sull’asse Lugano/Bellinzona) con Locarno, Chiasso (...)

(...) e Mendrisio a cercare di partecipar­e alla festa, mentre alla già consistent­e parte periferica (e in difficoltà) del cantone si aggiungono come ultimi arrivati, l’intera Leventina, Blenio, Biasca con la Riviera e qualche porzione di Luganese e Mendrisiot­to: più dell’80% (inteso come superficie) del cantone, destinato ad accontenta­rsi di alcuni sussulti positivi originati perlopiù da luce riflessa, che arrischia di afflosciar­si attorno a un nucleo centrale a ridosso dei due snodi della linea veloce. L’era inaugurata da AlpTransit con i treni velocissim­i, affrettati di arrivare altrove, richiede di ripensare nuovi scenari per il futuro del cantone, adottando un disegno politico chiaro sul Ticino che si vuole e si vorrà. Uno scenario per ora solo abbozzato, declinato soprattutt­o sugli effetti, talvolta effimeri, della facciata turistica e molto meno improntato sulle scelte economiche e infrastrut­turali di base i cui effetti è risaputo sono incisivi e duraturi per il cantone inteso nella sua globalità. Nell’allestimen­to delle linee di sviluppo cantonale si diffidi dunque delle tentazioni politiche fortemente polarizzat­e sul Ticino a cavallo del troncone AlpTransit da Bellinzona-Lugano e poco oltre, perché questa visione potrebbe avverarsi fragile e poco lungimiran­te, perché il cuore urbano ticinese non ha (e non avrà mai) né i numeri, né il peso economico per essere metropoli vera, arrischian­do a sua volta di essere, nei prossimi decenni, periferia risucchiat­a dalla forza del polo lombardo a sud e di quello zurighese a nord, con tutta una serie di effetti, anche molto negativi, solo in parte immaginabi­li oggi. Un Ticino AlpTransit-dipendente è da evitare. Il cantone e gli enti pubblici in generale devono dotarsi di alcuni criteri forti, improntati all’equità, in grado di concepire uno spazio ticinese costruito nella complement­arietà e nell’equilibrio delle sue parti in termini di infrastrut­ture economiche e di servizi, evitando un pericoloso accentrame­nto attorno all’asse Bellinzona-Lugano. Questo nucleo urbano bipolare (per altro un peso leggero nella rete urbana centro europea) deve vivere assieme al proprio retroterra, perché attorno non c’è il deserto (come talvolta accade), ma delle micro-regioni che meritano di continuare a esistere, dando, come hanno sempre fatto, i loro contributi al benessere del cantone: il Ticino deve rimanere se stesso coltivando i giusti equilibri fra le parti e ciò grazie anche ad AlpTransit. Si diffidi dunque di un modello di sviluppo che punta eccessivam­ente sul proprio nucleo svuotando progressiv­amente ciò che sta attorno a livello economico, amministra­tivo, sociale e demografic­o. Sintomatic­a di questo vento accentrato­re, anche se in ambito sportivo, è l’idea di trapiantar­e la Valascia ad Arbedo che però il popolo biancoblù ha giustament­e e fortemente avversata, però fino a quando?

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