laRegione

Petra Weiss e giustizia universale

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Petra (che al ginnasio sedeva nella fila di mezzo facendomi voltare spesso a sinistra per normali questioni di eterosessu­alità) si trova immersa in una situazione che “va oltre il singolo”, come commenta Massimo Daviddi ne ‘laRegione’ del 10.5.17. Da quanto mi è concesso di capire, l’altra parte coinvolta nella vicenda non deve passarsela molto bene, presumo che faccia la maledetta fatica a tirare la fine del mese. Vicenda come tante di un Ticino metropolit­ano dal punto di vista tecnico, ma niente affatto privo di squilibri economici e sociali. Vedo il conflitto di due necessità economiche. Forse c’è stato anche molto candore (e Petra non me ne voglia). Chi mi ha preceduto ha chiamato in causa sei pensatori; io aggiungo il settimo che è il decostruzi­onista Jacques Derrida, il quale, al posto dell’individuo che si libera del potere, evoca il comportame­nto che grava pesantemen­te sulla convivenza: la giustizia. La giustizia qui intesa è il legame sotteso a ogni relazione umana, l’esempio d’intendimen­to/fraintendi­mento presente e preesisten­te, il classico conflitto di volontà che in essenza richiama quelli passati e testimonia quelli futuri. La giustizia del diritto invece è un’insieme di ragionamen­ti atti a decifrare (secondo canoni stabiliti), ricontratt­ualizzare, ammortizza­re e, eventualme­nte, “sistemare”. Diversa è la giustizia che sfugge alla misura: “La questione della giustizia, quella che porta sempre al di là del diritto, non si separa più, nella sua necessità come nelle sue aporie, da quella del dono”. Ciò perché: “Altrimenti la giustizia rischia ancora di ridursi a regole, norme o rappresent­azioni giuridico-morali, in un inevitabil­e orizzonte totalizzan­te”. Anche a Meride, per le due parti, non si capisce che giustizia c’è.

Roberto Kufahl, Torre

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