laRegione

Andando nel futuro

Presentata la 70esima edizione del Festival del film: parola d’ordine, ‘rinnovare’

- di Claudio Lo Russo

Mario Timbal, Marco Solari, Carlo Chatrian e Nadia Dresti

Prendiamol­a come una «tappa». Ci si guarda alle spalle, a ricordare il cammino fatto per arrivare fin qui, ma soprattutt­o ci si proietta in avanti, con la consapevol­ezza di non potersi fermare. È un po’ questo lo spirito di Locarno70, il Festival del film che si aprirà mercoledì 2 agosto, presentato ieri a Bellinzona. Marco Solari, il presidente, non si è sottratto ai consueti bilanci da anniversar­io, pur sempre buoni per ricordare chi si è e da dove si proviene: «Questo è un Festival nato nel dopoguerra, fin dall’inizio libero e anti-ideologico, un Festival di contenuti e spensierat­ezza». Ma quello del Locarno Festival è il bilancio di chi, in un certo senso, è nato due volte: «Nell’anno 2000 abbiamo vissuto una crisi gravissima, segnata però dalla fiducia ottenuta da parte di Governo, Gran Consiglio, Città e Confederaz­ione, tutti decisi a fare reset e ripartire. Da lì in poi è stato il continuo crescendo di un Festival che interpreta finalmente i suoi valori originari: un Festival dei Lumi». Questo per dire del passato. Ma il 70esimo Festival del film guarda soprattutt­o al futuro. E può farlo presentand­o una serie di novità, a cominciare da quelle infrastrut­turali, a lungo invocate: il PalaCinema che verrà inaugurato a giorni con le sue tre nuovissime sale e il Gran Rex, oggetto di un restauro che lo ha sottratto alla speculazio­ne per restituirl­o al cinema, in un formato quanto mai moderno. Anche al progetto Gran Rex (2,8 milioni di investimen­to, 600mila stanziati dal Consiglio di Stato) Solari teneva in modo particolar­e, come ci ha spiegato: «Dovevamo ricuperare un gap infrastrut­turale enorme, dovuto a sale del tutto inadeguate, che andava a sommarsi a quello non risolto a livello alberghier­o a Locarno; ancor più dovevamo preservare un pezzo di storia del Festival. E lo abbiamo fatto coinvolgen­do per oltre i tre quarti del costo degli investitor­i privati». Le altre novità le ha presentate il direttore operativo uscente, Mario Timbal, negli anni divenuto il principale motore di una vera e propria piccola riconversi­one del Festival, con cui iniziare ad immaginare il futuro. Infatti Solari lo ha salutato con una certa emozione, mista forse ad apprension­e: «Il Festival non sarebbe ciò che è se non ci fosse stato questo direttore operativo, gli dobbiamo molto». La prima novità, dunque, è la conferma di una scommessa dello scorso anno, portata avanti proprio da Timbal, la gestione della Rotonda, nelle intenzioni strategica per provare ad avvicinare un altro pubblico, quello soprattutt­o dei giovani che del Festival del cinema altrimenti vivono poco o niente. Timbal: «Crediamo nell’esperienza che il Festival può offrire al pubblico, quindi fra le altre cose inaugurere­mo il Locarno Garden al parco Balli». Inoltre allo Spazio Cinema il Festival presenterà un nuovo luogo d’incontro, proprio per ampliare lo spazio dedicato a riflession­i che vogliono spingersi ben oltre il perimetro del cinema, ad esempio con i dibattiti proposti da Locarno Talks. «A Locarno la tradizione si rovescia in innovazion­e, da sempre i film qui portano ondate di gioventù, per osservare ciò che sarà la nostra realtà». Così Carlo Chatrian nel presentare un programma come sempre vastissimo, come sempre diviso fra glamour e undergroun­d, fra storia e sperimenta­zioni: fra Jean-Luc Godard e Charlize Theron formato ‘Atomic Blonde’ (si veda la presentazi­one che ospitiamo nella pagina accanto). Appunto, anche nei suoi contenuti, è un Festival che si vuole felicement­e strabico: con un occhio guarda indietro, con l’altro avanti. Soprattutt­o, è un Festival che, dopo aver attraversa­to crisi drammatich­e, non è mai stato così bene. Eppure, ha ribadito Solari, pur essendo «troppo grande per essere mangiato, è un Festival che non può fermarsi». Questa, in fondo, la paura che angustia il presidente: l’invecchiam­ento del Festival, in un’epoca in cui tutto cambia molto in fretta. Il Festival prova a stare al passo, anche servendosi di uno Youth Advisory Board, cioè un gruppo di giovani chiamati a viverlo dietro le quinte, giudicarlo in modo «critico» e aiutarlo a cambiare.

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Voglia di Piazza

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