laRegione

Pulice rinviato a giudizio per omicidio volontario

Lo ’ndrangheti­sta di Viganello è chiamato a rispondere della morte di Antonio Dattilo

- Di Marco Marelli

Per Gennaro Pulice, 38enne killer ‘togato’ della ‘ndrangheta (è laureato in giurisprud­enza e in scienze giudiziari­e mentre era in carcere a Catania), il pm antimafia Elio Romano della Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario di Antonio Dattilo. Un caso di lupara bianca irrisolto per 19 anni. Ossia sino a quando nel giugno del 2015 Gennaro Pulice diventa collaborat­ore di giustizia, poco più di un mese dopo il suo arresto e inizia a raccontare la storia della ‘ndrangheta lametina. Un fiume in piena, non solo utile alla Dda per scardinare la potente cosca Cannizzaro-Daponte, ma anche per far luce sull’attività svolta in due anni a Lugano (“in Ticino ero arrivato per riciclare 45 milioni di euro”, raccontò al vaglio del Ministero Pubblico della Confederaz­ione, così come la presunta corruzione per ottenere il permesso G) e soprattutt­o far riemergere e risolvere i sette delitti di cui si è macchiato. Per due di essi è già stato condannato a complessiv­i 18 anni di carcere, avendo in entrambi i casi beneficiat­o delle agevolazio­ni previste per i pentiti di mafia. Non ancora per quello di Antonino Dattilo, del quale non si sapeva più nulla dal 12 maggio del 1996 (il ragazzo aveva 19 anni). I resti umani del giovane sono stati ritrovati nel luglio 2015, dopo il racconto fornito da Gennaro Pulice. Il caso di Antonino Dattilo sembrava uno dei numerosi esempi di lupara bianca – una ventina – registrati in un trentennio nel Lametino. Sparizioni di persone dovute alle guerre fra cosche calabresi, dove basta poco per essere condannati a morte. L’esecuzione era poi demandata a killer, come lo è stato Gennaro Pulice che ha incomincia­to ad ammazzare per conto della cosca Cannizzaro-Daponte all’età di 15 anni. Il primo delitto risale al 23 maggio 1996. Su ordine del nonno, per vendicarsi della morte del padre ammazzato per uno sgarbo. Anche quando ha compiuto il secondo delitto era minorenne. Per cui la competenza è della Procura dei minorenni di Catanzaro. Le due inchieste, si apprende negli ambienti della giustizia calabrese, dovrebbero essere alla fase conclusiva. Gennaro Pulice, che con moglie e figli (per i quali ha detto di essersi pentito) vive in una località segreta e con nuove generalità, si prospettan­o quindi mesi all’insegna di processi. Processi che per motivi di sicurezza (è stato minacciato di morte) non saranno nelle aule del Tribunale di Catanzaro. Sarà in teleconfer­enza. Il magistrato inquirente ritiene di chiudere entro l’anno l’ultima inchiesta: l’omicidio di Vincenzo Torcasio, 19enne, ucciso il 26 luglio a Lamezia Terme. Due mesi prima il giovane killer, con il pallino degli affari, aveva ucciso Antonio Torcasio, 32enne, cugino di Vincenzo, appartenen­ti alla cosca Torcasio in guerra con i clan Cannizzaro­Daponte per il controllo dello spaccio di droga e delle estorsioni.

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