Più alta la paghetta in Ticino
L’educazione all’uso dei soldi varia tra le aree linguistiche: i germanofoni vengono istruiti prima I bambini di 10 anni ricevono mediamente 16 franchi al mese, indica uno studio del Credit Suisse. Vip, media e pubblicità hanno un’influenza negativa.
In Ticino i genitori riconoscono ai propri figli la capacità di usare del denaro soltanto a partire dagli 8 anni d’età, due anni più tardi in media rispetto al resto della Svizzera. I genitori ticinesi si dimostrano però più generosi di quelli delle altre regioni linguistiche. Lo rivela uno studio pubblicato ieri dal Credit Suisse (Cs). In generale, per i genitori svizzeri, avere il giusto rapporto con i soldi è più rilevante rispetto all’orientamento al successo, alla modestia o alla creatività. Lo studio dell’istituto di credito fa emergere un ‘Röstigraben’: nella Svizzera tedesca il 41% dei bambini tra i5 e i 7 anni riceve la paghetta, rispetto all’11% soltanto in Romandia. I genitori dei cantoni tedescofoni sono più rigorosi con i pargoli: di regola non concedono anticipi quando questi hanno finito i soldi. E se lo fanno, è soltanto in cambio di lavoretti domestici. Nei cantoni latini i bambini ottengono più spesso degli aiuti supplementari: “In questo modo familiarizzano fin da piccoli con il principio dell’indebitamento”, ha sottolineato davanti alla stampa Michael Hermann, responsabile dell’istituto ‘sotomo’, che ha realizzato lo studio per conto di Cs. L’indagine si basa su due sondaggi separati, condotti dagli istituti ‘amPuls’ e ‘sotomo’, con interviste a più di 14mila adulti di tutte le regioni linguistiche: circa la metà degli intervistati aveva almeno un figlio fra i5 e i 14 anni d’età. Da essa emerge che una grande maggioranza di bambini accantona regolarmente almeno una parte della paghetta, senza nessuna imposizione da parte dei genitori. Le cifre affidate ai figli sono generalmente abbastanza esigue, ma i genitori ticinesi si rivelano essere i più generosi: in Svizzera in media un bambino di 10 anni riceve 16 franchi al mese. In Ticino però due terzi dei genitori ritiene adeguato un importo maggiore. In media, i bambini svizzerotedeschi affrontano per la prima volta con i genitori argomenti legati al denaro all’età di sei anni. A sette anni possono effettuare per la prima volta piccoli acquisti in autonomia e a dieci ricevono doni pecuniari. Devono poi passare altri sei anni fino al prossimo importante traguardo, ossia l’uso di una carta bancaria. Anche in questo caso, la tempistica dell’educazione varia a seconda delle regioni linguistiche: nella Svizzera latina, escludendo l’ultima tappa, avvengono da uno a due anni dopo. Il 91% dei genitori intervistati ritiene poi che l’educazione finanziaria dei figli sia un compito in primo luogo di loro competenza, che non deve essere quindi delegato alla scuola. Lo studio rivela peraltro che chi ha un reddito inferiore ai 50mila franchi annui ritiene più importante insegnare ai figli a gestire correttamente il denaro rispetto ai genitori che ne guadagnano più di 200mila. Non tutti i genitori sono tuttavia in grado di spiegare come i propri figli intendano spendere il denaro risparmiato. Se l’obiettivo di risparmio è noto, spesso si tratta di un computer, di uno smartphone o di un motorino. Anche i genitori spesso mettono da parte denaro di cui i figli potranno disporre in futuro: questi soldi serviranno perlopiù a finanziare degli studi o l’esame di guida. Dall’indagine emerge che il 75% dei genitori giudica negativamente l’influsso di altri bambini sull’educazione finanziaria. L’influenza più negativa è tuttavia attribuita ai media, ai personaggi famosi e alla pubblicità. Una maggioranza del 56% è infine convinta che le banche in linea di principio possano influenzare positivamente i propri figli e il loro rapporto con il denaro, indica Cs in una nota.