laRegione

Da allievo a maestro

- Di Marzio Mellini

Vederlo giocare era un vero piacere per gli occhi. Indole un po’ pigra, ma talento raro da trovare in un giovane tennista, Robin Roshardt da tempo ha abbandonat­o il tennis profession­istico al quale aveva cercato di affacciars­i. Nel tennis, però, è rimasto. È titolare di un’accademia nella regione di Zurigo che porta il suo nome (Roshardt Tennis Academy). Vi insegna e la amministra con il fratello Luca, anche lui molto forte, da ragazzo. Ha svoltato. E lo ha fatto presto. A vent’anni ha fatto una scelta di vita radicale: addio sogni di gloria. Proprio al momento in cui devi decidere se “dentro o fuori”, ha deciso di gettare le basi del suo futuro profession­ale. Eccolo, quindi, oggi, ancora con la racchetta in mano, per dispensare ai giovani che decidono di affidarsi a lui quanto ha imparato negli anni in cui è stato il miglior giovane a livello svizzero, con ottime prospettiv­e anche in ambito internazio­nale (Atp 500). «Ho deciso da solo – ricorda lo zurighese – . Mia madre (Claudia Pasquale, già n. 60 al mondo, per molti anni nel Top-100 della Wta, ndr) mi ha sempre appoggiato. Ha condiviso anche la mia scelta di abbandonar­e il profession­ismo. Le devo molto, per avermi trasmesso l’amore per il tennis e aver fatto di me il giocatore che sono stato». In Ticino per seguire alcuni dei suoi pupilli ai Campionati svizzeri, da giocatore fu uno dei protagonis­ti delle edizioni che dal 2004 al 2007 andarono in scena a Locarno e Ascona. È in quegli anni che era lecito pensare a lui come una grande speranza del tennis svizzero. Salvo però, poco dopo, fare i conti con le bizze di un fisico un po’ troppo fragile, e con la dura realtà di una promessa del tennis costretta a tradire le aspettativ­e riposte su di lui, e sul suo invidiabil­e talento. Forte di un ranking che lo colloca ancora oggi a ridosso del Top-10 nazionale, oggi Robin gioca qualche torneo e l’interclub, in Germania e in Svizzera, con il Tc Seeblick. «Me la cavo ancora, grazie al fatto che ogni giorno lavoro con giovani promettent­i, ma è al mio lavoro all’Accademia che consacro la maggior parte del mio tempo. Ho 150 validi talenti, lo spazio per curare il mio tennis è ridotto». Artista della racchetta un po’ indolente (ammise la sua natura di pigrone in un’intervista a ‘laRegione’ ad Ascona, addirittur­a 12 anni fa), Robin dopo un problema alla schiena e un intervento chirurgico al polso ha perso motivazion­e e slancio. «Andava tutto molto bene – ricorda senza cedere alle emozioni –. A 18 anni ho vinto l’Orange Bowl (sorta di Campionato del mondo juniores, ndr), ero nel Top-10 del ranking internazio­nale Itf (n. 4, ndr), avevo fatto i quarti agli Slam juniores a Parigi e Wimbledon. A 18 anni i problemi fisici mi hanno messo fuori gioco. Ho perso un po’ di motivazion­e. Avevo poca voglia di viaggiare, volevo restare con gli amici, con la mia famiglia. Ecco perché ho deciso di giocarmi la carta del maestro di tennis e di una mia scuola. Ne ho rilevata una già in attività nella struttura di Lengg (Zurigo, ndr). Funziona molto bene. Mi piace, mi diverto».

‘Nessun rimpianto, sono appagato’

Ormai trentenne, il suo sguardo all’indietro è disincanta­to. Non ha rimpianti per quello che avrebbe potuto essere ma non è stato. Anche se... «Mi fa un certo effetto guardare alla television­e giocatori affermati come Marin Cilic, Ernests Gulbis, o Donald Young: li conosco, ho giocato tanto e vinto spesso contro di loro. Tuttavia non provo tristezza né ho rimpianti. Quello che faccio è totalmente appagante, sono felice della scelta che ho fatto molti anni fa. Il tennis è sempre stata la mia passione L’ho giocato, oggi lo insegno. Accompagno i miei ragazzi a tornei, do loro tutto quello che posso. Mi sento realizzato». Federer e Wawrinka sono unici, ma non eterni. Alle loro spalle, il vuoto... «Alle spalle di Laaksonen, che lotta per stare attorno alla centesima posizione, c’è un buco, e non lo colmeremo presto. Non c’è nessun nome che al momento mi sento di indicare. In ambito U14, però, siamo ben messi. È il settore che conosco meglio, ma parliamo di ragazzi ancora troppo giovani per sbilanciar­si».

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TI-PRESS/REGUZZI Ai tempi in cui era il giovane svizzero più promettent­e
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TI-PRESS/GOLAY Lia Forni ha vinto in rimonta
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TI-PRESS/GOLAY Tutto facile per Carolina Pölzgutter
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Kim Fontana

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