Storia di ‘Lady Sos’, l’angelo dei migranti
Una pagina su Facebook e un numero di cellulare. Dal basso, ha costruito in pochi anni una rete di supporto ai migranti, fuori da ogni schema, coinvolgendo tanti giovani che aiutano altri giovani, bypassando Ong e politica. La chiamano l’angelo dei migran
La chiamano Lady Sos perché da quando andò in Siria a portare farmaci negli ospedali a Homs, il suo numero di telefono passa di mano in mano ai profughi, che la chiamano (ad ogni ora) dai barconi nel Mediterraneo. La prima volta era un giorno di fine estate nel 2013. Voci maschili urlavano in arabo ‘Madame, ti prego Madame chiama i soccorsi, qui stiamo affondando!’. Madame è Nawal Soufi, 29 anni, di origini marocchine, cresciuta a Catania con la famiglia. Da allora è l’angelo dei migranti, avrebbe contribuito a salvare oltre duecentomila persone. Parla tutti i dialetti dei paesi arabi, laureata in scienze politiche e relazioni internazionali, osannata da molti, criticata da altri, è il punto di riferimento dei migranti alla deriva: «Prima devo calmarli e poi urlare più forte delle onde per farmi dare le coordinate dell’imbarcazione e passarle alla Guardia costiera perché li porti in salvo. A volte è direttamente la Guardia che mi mette in contatto con loro». Da allora le telefonate a Yamma (mamma in palestinese) sono aumentate come pure la sua popolarità. La incontriamo a Lugano dove è stata invitata da Amnesty International.
La nostra casa era aperta a chi soffriva
Oltre alle telefonate salva-vita, sta tra i migranti, nei campi profughi, sulle coste. Spiega loro quali diritti hanno. Accoglie. Aiuta. Si definisce un’attivista per i diritti umani: «Non è un lavoro, nemmeno una missione, ma uno stile di vita, l’ho imparato dai miei genitori. Mio padre aveva un commercio di lampade ed era un rivoluzionario. Casa nostra era sempre aperta a chi aveva bisogno, ospitavamo migranti in difficoltà. Mia madre era sempre ai fornelli». Una ragazza comune, minuta, quasi fragile ma determinata nello sguardo. Che sia una persona fuori dal comune, lo testimoniano i numerosi premi: nel 2016 è stata celebrata dal Parlamento europeo come cittadino europeo dell’anno. Qualche mese fa ha ricevuto (prima tra 65mila) l’‘Arab hope maker’ 2017, il più alto riconoscimento agli attivisti del mondo arabo.
‘Morirò in mare o aspetto che vi stancate’
Una forza dirompente. A 14 anni, mentre i suoi coetanei andavano al mare, lei era alla stazione di Catania tra gli emarginati. Portava loro cibo, vestiti. Fu allora che Mario, 60 anni di Messina, le diede una lezione importante: «Viveva in stazione e rifiutava il cibo da tutti. Un giorno di pioggia, ho legato due ombrelli e mi sono seduta accanto a lui: ha accettato i panini che gli offrivo perché li abbiamo condivisi. Mi raccontò la sua storia. Oggi sulle spiagge del Mediterraneo quando accogliamo i migranti, non distribuiamo cibo, ma condividiamo insieme pasti semplici, come uova e pomodori. È un gesto che dà loro dignità». Allora come oggi, Soufi trascina nelle sue avventure chi le sta vicino. L’entusiasmo è talmente contagioso, che negli anni ha creato una rete internazionale di sostegno, partendo da un numero di telefono su una pagina Facebook (Nawal Sos). Ha contagiato Mustafà, 33 anni, ferito di guerra siriano in carrozzella: «È diventato attivista seguendo il mio esempio, era molto coraggioso, mi forniva la lista dei farmaci necessari in Libano e li consegnava ai feriti. Anche se era ferito lui stesso». Il 20 febbraio, Mustafà è morto durante un intervento chirurgico in Italia. «Ho perso il migliore amico che avevo», dice con un filo di voce. Poi ci racconta di Hamza, 24 anni, siriano in carcere sull’isola di Lesbo da undici mesi, in attesa di un permesso. «Mi ha detto queste parole: ‘Non tornerò in Siria, morirò in mare o vi stancherete di rigettarmi indietro’. Questi giovani non si fermeranno davanti a nulla. Hanno già vinto loro, non l’Europa. O si risolve il problema a monte o si aprono corridoi unanitari a terra. Non ci sono tante altre alternative», dice.
Falsità sui migranti per evitare ribellioni
Ondate che però fanno paura a molti in Europa: «Con il progetto Mare Nostrum abbiamo salvato 200mila persone, in Europa ce ne sono 500 milioni: dove sta l’invasione?». Poi c’è l’incognita terrorismo che si incrocia coi flussi di migranti: «Pensate che l’Isis non abbia i soldi per pagare un passaporto e far arrivare uno jihadista in Eu- ropa? Inoltre spesso chi semina terrore è cresciuto in Europa. Sui migranti ci sono tante falsità, forse per impedire una rivoluzione, che parte dalle piazze, dai giovani, da chi è stanco di tanti morti nel Mediterraneo. La parte migliore dell’Europa è sulle spiagge, nei campi profughi, nelle città ad accogliere i migranti». Dai leader politici, l’attivista non si aspetta nulla. «Chi potrebbe fare qualcosa sono gli europei, la gente comune, non i politici; tanti giovani si stanno attivando». Una rete di aiuto nata dal basso, fuori da ogni schema, lontana da politici o Ong. Una semplice pagina Facebook che oggi catalizza l’aiuto di persone da tutto il mondo: «Non abbiamo soldi da investire, ma gli aiuti arrivano. Possono essere 50 euro per ricaricare il telefono satellitare sui barconi, un pasto, dei farmaci... mettiamo i migranti direttamente in contatto con chi li aiuta. Se un giorno mancheranno i soldi, andremo avanti col cuore», dice.
Tour tra i profughi perché la gente sappia
Sa che per sempre farà ciò che sta facendo oggi, e tradisce rabbia parlando delle ‘falsità’ propagandate sull’immigrazione: «Bisognerebbe organizzare dei tour nei campi profughi perché tutti capissero chi sono i rifugiati, non sono clandestini, ma persone che scappano da guerre e
dittature». I primi passi non sono stati facilissimi. Un ufficiale della Guardia Costiera le ha ventilato una denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poi finita in nulla. «Ma se io non aiutassi chi mi chiama dal mare dovrei piuttosto essere denunciata per omissione di soccorso».