Banche in apprensione
Ordinanza sui fondi propri, alcuni istituti temono di ritrovarsi con le mani legate
Conclusa la procedura di consultazione. Solleva critiche la volontà del Dff di modificare le modalità di calcolo dei grandi rischi.
Le banche temono che la modifica dell’ordinanza sui fondi propri (Ofop) possa comportare una sensibile restrizione delle loro attività. È quanto emerge al termine della procedura di consultazione sulla revisione, avviata lo scorso 7 aprile dal Dipartimento federale delle finanze (Dff) e conclusasi ieri. Ritoccando il testo attualmente in vigore, il Consiglio federale punta a ridurre il pericolo di insolvibilità degli istituti finanziari, conformandosi alle nuove norme in materia di ripartizione dei rischi previste dallo schema internazionale di regolamentazione di Basilea III. Le associazioni del settore si sono mostrate sostanzialmente d’accordo con l’inasprimento delle disposizioni, indicando però che parte del progetto di revisione si spinge troppo in là. La modifica, elaborata da un gruppo di lavoro composto da rappresentanti dell’Amministrazione federale e del settore, prevede che i fondi propri di base ammontino almeno al 3% dell’esposizione totale. Questo indice massimo di leva finanziaria (‘leverage ratio’) è già soddisfatto da quasi tutte le banche elvetiche da molti anni, stando a un primo studio
sull’impatto condotto dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma). La maggioranza delle associazioni accoglie, dunque, favorevolmente l’introduzione della misura. Vi è invece meno consenso per la seconda aggiunta prevista dalla revisione dell’Ofop: i grandi rischi saranno calcolati soltanto in funzione dei fondi propri e in linea di principio non saranno più ammesse le posizioni in crediti che superano il 25% di tali risorse. Oggi, questa quota si applicava all’insieme del capitale. Ciò verrà applicato anche ai Comuni. Altri cambiamenti riguardano il finanziamento di immobili d’abitazione e per le obbligazioni fondiarie svizzere. L’indagine iniziale della Finma ha evidenziato come questa soglia massima del 25% potrà avere un impatto non indifferente sulle banche, in quanto parecchi dei 20 istituti finanziari presi in esame superano questo limite con un solo credito ipotecario. Questo inasprimento è quindi giudicato eccessivo dagli esponenti del settore. L’Associazione svizzera dei banchieri (Asb), l’Unione delle banche cantonali svizzere (Ubcs), l’Associazione dei banchieri privati svizzeri (Abps) e il gruppo Rba, che riunisce 36 istituti regionali, pretendono che il trattamento per le banche di piccola e media grandezza sia meno severo di quello per i giganti del ramo. Non piace nemmeno l’aumento degli ostacoli per i crediti interbancari. Viene pertanto chiesto che si rinunci all’abbandono delle eccezioni. Il Dff propone infatti che la regola del 25% sia messa in pratica senza riserve. Sgradito anche l’obbligo di rendere note le 10 principali posizioni in crediti. Le banche regionali temono di venire escluse da specifici segmenti di attività o di clientela e si oppongono quindi al freno dei crediti ipotecari nella Confederazione. In concomitanza con la procedura di consultazione, la Finma ha effettuato un’indagine più ampia, di cui il Dff terrà conto per l’adozione della modifica dell’ordinanza. La revisione relativa all’indice massimo di leva finanziaria dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2018, mentre quella riguardante la ripartizione dei rischi il 1° gennaio 2019.