Da Orwell a Netflix, è sempre ‘1984’
Tecnologie che sfuggono di mano, dittature delle macchine, propaganda: tutti temi che hanno sempre spaventato le vedette di un futuro quantomeno nebbioso. Sarà per questo che il tema ha da tempo una sua bibbia: “1984“di George Orwell. L’ultimo esempio, lo scorso gennaio. Kellyanne Conway, consigliere del presidente americano Donald Trump, parlò allora di “fatti alternativi” per sdoganare le balle della Casa Bianca sull’affluenza alla cerimonia di insediamento. Subito uno stuolo di commentatori e di media – da Cnn al Washington Post – sottolineò la sinistra somiglianza fra la “verità alternativa” e un mondo dominato attraverso il lavaggio del cervello. E boom: 1984, il capolavoro dello scrittore inglese, è andato rapidamente esaurito su Amazon Usa. A guardare bene, in ogni epoca si trova l’occasione per ricordarsi del Ministero della Verità e del Newspeak, linguaggio svuotato del suo significato per impedire a ciascuno di pensare da sé. Già nel 1984, in una sua celebre pubblicità, Apple inneggiava alla rivolta di Davide contro il Golia Ibm, presentandosi come una coraggiosa atleta lanciata a distruggere il grigio conformismo di “zombie” asserviti al pensiero unico. La diresse Ridley Scott, quello di Blade Runner. Oggi è proprio Apple ad avere preso il posto di Ibm sulle scrivanie (e nelle tasche) di molti: corsi e ricorsi. Ma sono tantissimi gli artisti che hanno tratto ispirazione da “1984”, da John Lennon e David Bowie ai Radiohead di “Karma Police”. Tutti ipnotizzati dall’inquietante profezia del perfido antagonista: “Se vuoi sapere com’è il futuro, immagina uno stivale che calpesta il volto di un uomo. Per sempre”. Per un repertorio di musica, video e illustrazioni ispirate a “1984”, date un’occhiata a www.laregione.ch/a/orwell.