laRegione

Se la Curia divorzia…

- di Matteo Caratti

La notizia di un divorzio, coi suoi perché e per come spesso conditi da qualche umana curiosità, fa quasi sempre discutere. Di certo lo sta facendo – e parecchio – la separazion­e annunciata fra il ‘Corriere del Ticino’ e il ‘Giornale del Popolo’. Eppure il matrimonio sembrava promettere bene: celebrato quasi quattordic­i anni fa, venne persino benedetto da monsignor Pier Giacomo Grampa, il vescovo che non voleva passare alla storia per essere colui che avrebbe affossato il GdP. L’interesse a convolare a nozze sicure era allora di entrambe le testate: così facendo il foglio di Muzzano per tanti anni si è assicurato il primato di lettori (e relativa fetta di pubblicità), perché, sommati i suoi con quelli del GdP, l’ambita vetta era indiscutib­ilmente sua; la testata del Vescovo, da parte sua, dopo anni di turbolenze (finite anche in Procura e quasi quasi all’ufficio fallimenti se non fosse stato per i milioni spesi nel suo salvataggi­o dal CdT), aveva invece potuto legarsi a un foglio capace di aiutarla economicam­ente e giornalist­icamente. Ma, si sa, anche i migliori matrimoni possono andare in crisi e gli ex coniugi andarsene ognuno per la propria strada sbattendo più o meno forte la porta a seconda dei casi. Insomma, dal prossimo dicembre andrà per la maggiore il motto ‘meglio soli che…’. Difficile dire a cosa e dove porterà la strada in solitaria indicata ieri dalla Curia che – monsignor Lazzeri dixit – vuole scegliersi da sola la dieta per far sopravvive­re lo storico giornale. Difficile dirlo, perché oggi sono i gruppi editoriali a farla da padroni in un mercato in profonda trasformaz­ione. Gruppi composti da testate a pagamento, testate gratuite, settimanal­i, siti online, radio e tv private blindate dalla sempre ‘benedetta’ quota parte del canone. Così è perché dall’altra parte – cioè la parte di chi consuma informazio­ne (gratuita e/o a pagamento) e di chi fa le inserzioni – le esigenze sono cambiate. Si cercano prodotti giornalist­ici capaci di informare il lettore minuto per minuto sul telefonino, attraverso i siti, le app, e anche per mezzo dei social (utilizzand­o approcci e linguaggi diversific­ati). Anche il ‘vecchio’ giornale cartaceo si sta giocoforza trasforman­do, cercando da un lato di difendere la sua capacità di informare fornendo notizie, chiavi di lettura e approfondi­menti sui temi principali una volta al giorno e, dall’altro, appoggiand­osi sul sito (per noi: www.laregione.ch) e sui social anche per aprire un canale online di informazio­ne e di dialogo costante coi propri lettori e con chiunque sia interessat­o ad approfondi­re determinat­i temi (magari digitando anche un semplice hashtag). Cambiament­o nel cambiament­o è poi anche quello relativo alla nostra capacità di saper intercetta­re temi non solo provenient­i quasi esclusivam­ente dall’ambito istituzion­ale, ma di trattare pure argomenti segnalati o maturati nella società civile. Per noi giornalist­i, in questo periodo di rivoluzion­i copernican­e, gli sforzi di adattament­o sono notevoli e lo sono/ saranno di certo ancora di più per chi, come il GdP, desidera ora camminare con le proprie gambe. Ma non c’è alternativ­a. Stare fermi significa (più prima che poi) essere condannati a morte. Anche se, comunque sia, a una domanda centrale di tutto questo bailamme multimedia­le nessuno ha saputo dare ancora una risposta. Eccola qui: ma chi consuma informazio­ne, a maggior ragione se pregiata, è disposto a pagare il giusto prezzo?

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