‘Vittima’ di Equitalia con... il tesoretto in Ticino
È sospettato d’aver accumulato, dal 1980 al 2000, ben 71 milioni di euro depositati nella banche ticinesi; soldi che potevano essere invece utilizzati per salvare la sua società, una maglieria fiore all’occhiello dell’industria tessile comasca, mentre invece l’aveva lasciata fallire lasciando così a casa 90 dipendenti. Il fallimento sentenziato nel 2013, con un passivo di 10 milioni di euro, era giunto dopo che l’azienda non era stata in grado di pagare due rate da 10mila euro all’Inps (Istituto nazionale di previdenza sociale). I titolari della società di Inverigo allora diedero la colpa al fisco “succhia tasse” e a Equitalia “assassina”. Non solo. Gli imprenditori in questione avevano anche vestito i panni di paladini della ribellione civile contro la pressione fiscale esercitata in quel periodo dal governo della Penisola. Insomma, per tutti – con gran clamore sui media – la società comasca era fallita per colpa dei debiti con un fisco privo di scrupoli. Una storia che, allora, aveva fatto il giro d’Italia e che ora, però, viene riscritta con le carte dell’inchiesta penale del pm Mariano Fadda che sta indagando sul fondatore (recentemente scomparso all’età di 97 anni) e del nipote, accusati di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. La storia del “tesoretto” depositato in Ticino è venuta alla luce grazie al nipote che al magistrato inquirente – nel corso di un interrogatorio – ha raccontato come l’ex proprietario della società di Inverigo, suo zio, lo scorso anno attraverso la voluntary disclosure avesse riportato in Italia 71 milioni di euro. Soldi che sarebbero risultati più che sufficienti per salvare l’azienda coi novanta posti di lavoro. Quaranta milioni di euro, su richiesta del pm Fadda, sono finiti sotto sequestro preventivo, a seguito di una ordinanza del gip Ferdinando Buatier de Megeot, del Tribunale di Como. Alla morte del marito, la vedova ha chiesto il dissequestro dei 40 milioni. È attesa per la fine del mese la decisione del Tribunale del riesame. Gli ex dipendenti confidano in una risposta negativa dei giudici comaschi: sperano di avere quanto a loro spetta.