Il Ticino in cui vorremmo vivere
Negli scorsi quarant’anni il territorio del fondovalle ticinese ha subito una trasformazione senza precedenti caratterizzata da uno sviluppo caotico che poco o niente ha tenuto conto del principio, sancito nella legge federale sulla pianificazione del territorio, di un utilizzo parsimonioso del territorio. Da inizio anni ottanta la costruzione di case monofamiliari ha subito un’accelerazione improvvisa. Le cosiddette villette hanno improvvisamente occupato la pianura agricola in prossimità dei nuclei abitativi. Questo fenomeno, non ancora concluso, ha determinato un rapido consumo di territorio pregiato. Parallelamente le zone industriali, spesso a ridosso dei confini comunali, si sono riempite in maniera disordinata con un’accozzaglia di capannoni di diverse dimensioni sempre più avulsi dalla realtà locale. Questi conglomerati di aziende in alcuni casi sono mal serviti dai trasporti pubblici e a volte anche l’infrastruttura stradale è lacunosa perché l’urbanizzazione del territorio che le ospita è arrivata in ritardo. Oggi, con la saturazione della pianura, le zone lavorative che inizialmente erano discoste dai centri abitati sono ormai a stretto contatto con i nuovi quartieri abitativi e la convivenza non è semplice da gestire. I centri commerciali cresciuti all’improvviso nella seconda metà degli anni novanta hanno trovato impreparate le autorità comunali, purtroppo a volte compiacenti, aggiungendo ulteriore caos a una edificazione mal condotta e causando i primi seri problemi di congestione stradale. Tutto questo sviluppo mal gestito ha portato non solo allo spreco di territorio, ma è anche una delle cause delle incessanti code di automobili che si formano ogni giorno. Per chi ha buon senso è chiaro che continuare così sia impensabile. Per scongiurare ulteriori degradi, visto che l’attuale quadro giuridico non è riuscito a evitare lo scempio che si è consumato in quarant’anni, la Confederazione nel 2013 ha modificato la legge sullo sviluppo territoriale. La nuova legge ha l’obiettivo di rallentare la dispersione degli insediamenti, favorire uno sviluppo centripeto e tutelare i terreni agricoli. I Cantoni sono tenuti ad aggiornare i loro Piani Direttori inserendovi questi principi. Il Dipartimento del Territorio ha messo in consultazione in questi giorni le schede del Piano Direttore R1, R6 e R10, che concretizzano questi obiettivi in maniera vincolante anche per i Comuni. Le modifiche apportate, se interpretate e applicate pensando veramente al territorio che vogliamo lasciare alle generazioni future, potrebbero portare a un vero cambiamento di paradigma. Per prima cosa i Comuni non potranno più ampliare la loro zona edificabile senza dimostrare la necessità di nuovi terreni da edificare in un orizzonte di crescita di 15 anni. Si dovrà invece puntare su un utilizzo delle riserve di terreni edificabili promuovendo nel contempo lo sviluppo centripeto in vicinanza dei trasporti pubblici. Si vuole anche migliorare la qualità dei quartieri e in questo senso viene data particolare importanza agli spazi verdi, ai percorsi pedonali e alle piste ciclabili. Da tutelare sono anche le rive dei laghi e dei fiumi che costituiscono un elemento privilegiato per lo svago di prossimità. Negli scorsi anni i Comuni hanno fallito nella gestione del loro territorio, ora con queste modifiche si cerca un miglior equilibrio tra Confederazione, Cantone e Comuni per evitare di continuare a distruggere quello che resta del nostro pregiato territorio e questo ci permette anche di riprovare a pensare il Ticino in cui vorremmo vivere.