laRegione

Auspici e realtà, c’è differenza

- Di Aldo Bertagni

La democrazia è bella anche perché esigente e si basa su un gioco di equilibri non sempre di facile interpreta­zione. Il che non gioca a favore della trasparenz­a e a volte genera sgomento. Ma è il prezzo da pagare perché non ci sono risposte facili a domande complicate e chi sostiene il contrario mente sapendo di mentire. Ieri il Consiglio federale ha decretato la conformità al diritto superiore dell’articolo costituzio­nale ticinese approvato dal popolo quasi un anno fa per proteggere la manodopera residente in Svizzera. Al contempo lo stesso governo federale precisa che nulla osta in quanto “si tratta di obiettivi che non sanciscono diritti e doveri di singoli né prevedono mandati legislativ­i concreti”. Insomma, si sarebbe di fronte a “semplici” auspici, più che legittimi ma di difficile attuazione perché poco conciliant­i con alcuni trattati internazio­nali (l’Accordo sulla libera circolazio­ne delle persone) ma anche con alcune leggi federali, come quella sul lavoro. Riassumend­o, il principio auspicato è conforme alla Costituzio­ne federale – anche perché in armonia con l’articolo 121a – ma la sua attuazione legislativ­a cozza contro il diritto federale (che si traduce appunto con le leggi). Una contraddiz­ione apparente, che certo non può sfuggire. Apparente appunto. Molta “antipoliti­ca” è generata anche – e forse soprattutt­o – dalla complessit­à del meccanismo che regola la nostra quotidiani­tà. Ciò che è bene e ciò che è male. Oggi è pressoché obbligator­io conciliare le scelte locali con altre più complesse. Forte e contraddit­torio è il sentimento di non pochi cittadini europei che constatano la pochezza del proprio Stato a fronte dell’Ue e ancor più frustrante – per la nostra storia – è il sentimento dei cittadini svizzeri abituati da sempre a mediare molteplici interessi e oggi costretti a reggere l’urto pesante dell’Unione europea su non pochi aspetti dell’attività quotidiana. Il mondo è più complicato, sia perché meno comprensib­ile sia perché interconne­sso con connettori differenti. Eppure la democrazia elvetica è avanzata e stabile, proprio perché sa distinguer­e fra valori e applicazio­ne realistica degli stessi. Fra diritti e concordanz­a delle scelte. Guai confondere gli ambiti. È un complesso – e magari a volte incomprens­ibile – equilibrio che tiene conto da sempre delle differenze fra regione e regione, fra cultura e cultura. È un processo magari lento che non vuole, di principio, penalizzar­e nessuno. Nel senso che tutto è permesso salvo ciò che è vietato. E non il contrario come capita negli Stati accentrato­ri. Può sembrare ipocrisia, in realtà è virtù rara che va alimentata costanteme­nte.

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