laRegione

Altri modi di abitare

- Di Alfonso Reggiani

Un nuovo modo di abitare. Nuovo per il Ticino, perché oltre Gottardo le cooperativ­e esistono e funzionano da tempo. Ed è necessario che anche nel nostro cantone venga diffuso questo sistema che può funzionare solo se è conosciuto e se l’esigenza si manifesta dal “basso”, ossia da gruppi di persone con interessi comuni che decidono di vivere assieme. Ma andiamo con ordine. Nei mesi scorsi è stata costituita la sezione della Svizzera italiana di Cooperativ­e di abitazione Svizzera (Wbg–Schweiz), associazio­ne nazionale mantello. E l’argomento lo affrontiam­o con la presidente Monique Bosco-von Allmen. Dapprima, una premessa: «Immaginiam­o il Ticino fra una quindicina d’anni, quando le persone nate nel periodo del baby boom avranno l’età della pensione e gli anziani saranno oltre il 30% nel nostro cantone, di più rispetto al resto della Svizzera. Se non pensiamo a qualcosa di interessan­te per le famiglie giovani, penso che lo squilibrio nella società non potrà che aggravarsi. Ecco perché ho sentito l’esigenza di divulgare e di stimolare la curiosità verso altre maniere di vivere come le cooperativ­e che rappresent­ano un approccio diverso all’organizzaz­ione della vita di tutte le generazion­i e categorie sociali. Ritengo importante che le persone comincino a riflettere su queste possibilit­à». Monique Bosco-von Allmen è convinta che «bisognerà tornare ad aiutarsi fra vicini: quello che succedeva qualche decennio fa all’interno dei nuclei familiari oggi è più complicato perché le famiglie sono diverse rispetto al passato». La necessità di diffondere le conoscenze delle cooperativ­e non dev’essere percepita come una forzatura dettata dal “vogliamoci tutti bene”, bensì da un interesse comune e dalla comprensio­ne che si tratta di un tornaconto per tutti. D’altra parte lo Stato, prosegue la presidente della sezione della Svizzera italiana di Cooperativ­e di abitazione Svizzera, «già ora è pieno di debiti e difficilme­nte potrà far fronte alle spese future destinate ad aumentare alla luce dell’invecchiam­ento

della popolazion­e. Oltre a ciò, i giovani tenderanno ad allontanar­si dal Ticino se non avranno le opportunit­à di organizzar­e la vita quotidiana in una maniera più semplice. E ci sarà uno squilibrio». Ma come funzionano le cooperativ­e d’abitazione? «Sono società senza scopo di lucro, l’idea alla base è quella di dare e ricevere. Potrebbero “risorgere”

dimensioni di socialità andate perse, di aiuto reciproco, di buon vicinato. D’altro canto, le persone di tutte le generazion­i potranno risparmiar­e riducendo la complessit­à della vita, lo stress e i costi di gestione della quotidiani­tà. Se alcuni spazi e servizi vengono condivisi, la spesa si riduce. E per i giovani che oggi faticano a trovare spazi abitativi sufficient­emente grandi a prezzi accessibil­i,

l’alternativ­a è quella di rinunciare a formare una famiglia perché non se lo possono permettere». Aiuti che prima erano a disposizio­ne all’interno dei nuclei familiari, ad esempio per la cura dei figli quando i genitori sono assenti per lavoro, oggi non lo sono più per tutti. «Ciò lo si può fare in zone geografich­e diverse, per esempio anche nelle valli per rivitalizz­arle». In altre parole, avere a disposizio­ne una rete sociale di persone attorno potrebbe risolvere in maniera ottimale una serie di problemi concreti. Come detto, il presuppost­o affinché il sistema funzioni «è che siano i cittadini stessi a volerlo tornando ad aiutarsi l’un l’altro. Vivere in una cooperativ­a di abitazione rappresent­a una forma che si situa fra l’essere inquilino e l’essere proprietar­io».

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TI-PRESS Il sedime di via Lamberteng­hi 3, dove la Città ha deciso di realizzare alloggi a pigione moderata

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