Il giudice senza emozione
I gol fantasma (e quelli dubbi) hanno i giorni contati: verso la ‘situation room’. Stéphane Rochette: ‘Sono anni che lo dico’.
È senz’altro un passo in avanti. Ammesso che un giorno veda davvero la luce la ‘situation room’ dell’hockey svizzero, il cui spunto nasce da ciò che capita da anni in National hockey league, dove un pool di ex arbitri segue in tempo reale ciò che capita su tutte le piste da hockey, per poi dare il suo giudizio sulle azioni più delicate. In Svizzera siamo solo allo stadio iniziale. Tuttavia, stando a ciò che anticipa il portale watson.ch, un progetto verrà presentato alla Lega nel mese di novembre, e nel caso in cui l’idea dovesse incontrare i favori dei club potrebbe diventare operativa già nella prossima stagione. «È quella la direzione in cui andare, sono anni che le dico» esordisce Stéphane Rochette, ex arbitro canadese e vodese d’adozione. «Perché toglierà l’aspetto emozionale dalle situazioni di gioco. Rinchiuso chissà dove, davanti al suo monitor, chi sarà chiamato a decidere potrà farlo in totale serenità. Dalla sua scrivania, non sarà coinvolto da ciò che succede in pista. Come, magari, può capitare a un arbitro costretto a non concedere un gol alla tal squadra, dopo avergliene già annullato uno poco prima. Quindi, qualunque cosa decida quel giudice, chiamiamolo così, nessuno potrà volergliene». Infatti nessuno sa chi sia. «In Nhl è così che succede. Si sa unicamente che l’ufficio è a Toronto, ma non chi vi lavora. Sono comunque tutti ex arbitri, che non si fanno troppa pubblicità e, soprattutto, non hanno il diritto di parlare con i giornalisti. Ognuno di loro segue due o tre partite contemporaneamente, e se nota una situazione controversa, a quel punto interviene». Come? «Semplicemente aspettando la prima interruzione di gioco per avvisare il tavolo dei cronometristi di, che so?, Los Angeles: ‘Hey, ragazzi, aspettate: c’è un’azione che non mi è chiara’. E il gioco non riprenderà finché l’episodio non verrà chiarito». Tuttavia, la ‘situation room’ può anche servire da supporto. «Ed è così: il più delle volte sono gli stessi arbitri a chiedere un consulto. Mentre stanno per prendere una decisione, o l’hanno già presa, ma non sono certi che sia quella giusta. Per quel motivo si rivolgono a qualcuno che ha le immagini davanti e può riavvolgere il film a piacimento».
Insomma è un bell’aiuto. «E direi di più: posso immaginare che con l’introduzione del sistema la linea arbitrale sarà uniforme, siccome quel gruppo di persone deciderà per tutte le situazioni ambigue. E quelle decisioni rimarranno: se ad Ambrì si è di fronte a
un gol dubbio e la settimana prima a Ginevra si era verificato un caso analogo e in quell’occasione la rete non era stata convalidata, alla Valascia la decisione non potrà che essere la medesima». Nessuno, però, può escludere che ci siano degli angoli morti. «No,
non lo si può escludere anche perché, per capire se il disco è in porta o no, l’ideale è piazzare una telecamera esattamente sopra la porta, ciò che però in Svizzera non viene fatto. Al di là di tutto, però, la ‘situation room’ resta un passo nella giusta direzione».