Gli imprenditori, tutti criminali?
Mi spiace leggere commenti come quello scritto dal deputato al Gran Consiglio Henrik Bang sulle colonne de ‘laRegione’, le inesattezze e le falsità in esso contenute. Aiti non ha affatto boicottato il marchio di azienda locale, che semmai si è fatto fuori da solo visto che non ha suscitato alcun interesse nella popolazione e nell’economia locale. L’industria è un settore che esporta oltre l’80% della produzione e pertanto questo marchio serve ben poco ai propri clienti. Non sono i politici i soggetti più consapevoli delle difficoltà delle persone a fare quadrare i conti bensì proprio gli imprenditori delle piccole e medie imprese ticinesi, che vivono le medesime difficoltà di arrivare alla fine del mese con la loro azienda e di pagare gli stipendi delle collaboratrici e dei collaboratori. Fra i molti che si sono espressi finora sui salari minimi ben pochi sono confrontati alla necessità ogni mese di pagare degli stipendi; lo fossero si renderebbero forse maggiormente conto di cosa significhi oggi fare impresa in un contesto di mercati instabili. Con il suo scritto Bang rafforza l’idea che soprattutto a sinistra vi sia la convinzione che gli imprenditori sono dei cinici disonesti criminali e del resto da questa parte politica finora sono giunte scarsissime parole a favore dei tanti imprenditori onesti e la capacità di distinguere fra chi agisce correttamente e le mele marce. È falso e offensivo affermare come fa Bang che sostenere le giuste ragioni degli imprenditori, quelli che si comportano correttamente, significhi favorire le aziende marce. Sono membro dal 2009 della Commissione tripartita cantonale sulla libera circolazione delle persone e in questi anni di fronte alla dimostrazione degli abusi salariali ho sempre approvato l’introduzione dei contratti normali di lavoro con salari minimi obbligatori e ho sostenuto l’aumento dell’importo delle multe a 30’000 franchi poi votato dalle Camere federali. Anzi, a mio parere questo importo dovrebbe essere aumentato ancora. Fatti dunque e non parole. Come ho già avuto modo di ribadire più volte, il salario è la remunerazione della prestazione professionale della persona che lavora. Non è colpa della singola azienda se il costo della vita in Svizzera aumenta e se il premio di cassa malati cresce del 10 per cento in un anno non è che il salario possa essere adeguato automaticamente per lo stesso valore. Si agisca piuttosto con determinazione sulla riduzione del costo della vita nel nostro paese, visto che i salari nei prossimi anni non potranno aumentare più di quel tanto. Molte situazioni di disagio in Ticino non sono dovute a un problema salariale ma sono invece la conseguenza delle separazioni e dei divorzi, tanto è vero che anche chi ha redditi mensili di 7’000 franchi e oltre cade in difficoltà. Dunque non è sempre e solo colpa di quei criminali d’imprenditori come piace a qualcuno definirli. Sui salari minimi il Consiglio di Stato prima e il Gran Consiglio poi sono chiamati ad adottare una legge di applicazione. Con la sentenza del Tribunale federale sul caso del cantone di Neuchâtel conoscono ora meglio lo spazio di manovra. Non possiamo che auspicare che le istituzioni di questo paese sappiano trovare una soluzione equilibrata nella ponderazione dei differenti interessi in gioco. Inutile proporre soluzioni all’eccesso che procurerebbero solo disoccupazione, arrivo sul mercato del lavoro ticinese di ancor più lavoratori dall’estero e difficoltà per diverse aziende, artigiani e piccoli commerci già confrontati a una congiuntura instabile. Si tranquillizzi il signor Bang, sono figlio di operai, che hanno lottato per difendere i loro diritti e dunque ho vissuto molto bene sulla mia pelle cosa significhi vivere con un solo stipendio in casa. Mi spiace ma io da lei di lezioni proprio non ne prendo.