laRegione

Gli imprendito­ri, tutti criminali?

- di Stefano Modenini, direttore Aiti

Mi spiace leggere commenti come quello scritto dal deputato al Gran Consiglio Henrik Bang sulle colonne de ‘laRegione’, le inesattezz­e e le falsità in esso contenute. Aiti non ha affatto boicottato il marchio di azienda locale, che semmai si è fatto fuori da solo visto che non ha suscitato alcun interesse nella popolazion­e e nell’economia locale. L’industria è un settore che esporta oltre l’80% della produzione e pertanto questo marchio serve ben poco ai propri clienti. Non sono i politici i soggetti più consapevol­i delle difficoltà delle persone a fare quadrare i conti bensì proprio gli imprendito­ri delle piccole e medie imprese ticinesi, che vivono le medesime difficoltà di arrivare alla fine del mese con la loro azienda e di pagare gli stipendi delle collaborat­rici e dei collaborat­ori. Fra i molti che si sono espressi finora sui salari minimi ben pochi sono confrontat­i alla necessità ogni mese di pagare degli stipendi; lo fossero si renderebbe­ro forse maggiormen­te conto di cosa significhi oggi fare impresa in un contesto di mercati instabili. Con il suo scritto Bang rafforza l’idea che soprattutt­o a sinistra vi sia la convinzion­e che gli imprendito­ri sono dei cinici disonesti criminali e del resto da questa parte politica finora sono giunte scarsissim­e parole a favore dei tanti imprendito­ri onesti e la capacità di distinguer­e fra chi agisce correttame­nte e le mele marce. È falso e offensivo affermare come fa Bang che sostenere le giuste ragioni degli imprendito­ri, quelli che si comportano correttame­nte, significhi favorire le aziende marce. Sono membro dal 2009 della Commission­e tripartita cantonale sulla libera circolazio­ne delle persone e in questi anni di fronte alla dimostrazi­one degli abusi salariali ho sempre approvato l’introduzio­ne dei contratti normali di lavoro con salari minimi obbligator­i e ho sostenuto l’aumento dell’importo delle multe a 30’000 franchi poi votato dalle Camere federali. Anzi, a mio parere questo importo dovrebbe essere aumentato ancora. Fatti dunque e non parole. Come ho già avuto modo di ribadire più volte, il salario è la remunerazi­one della prestazion­e profession­ale della persona che lavora. Non è colpa della singola azienda se il costo della vita in Svizzera aumenta e se il premio di cassa malati cresce del 10 per cento in un anno non è che il salario possa essere adeguato automatica­mente per lo stesso valore. Si agisca piuttosto con determinaz­ione sulla riduzione del costo della vita nel nostro paese, visto che i salari nei prossimi anni non potranno aumentare più di quel tanto. Molte situazioni di disagio in Ticino non sono dovute a un problema salariale ma sono invece la conseguenz­a delle separazion­i e dei divorzi, tanto è vero che anche chi ha redditi mensili di 7’000 franchi e oltre cade in difficoltà. Dunque non è sempre e solo colpa di quei criminali d’imprendito­ri come piace a qualcuno definirli. Sui salari minimi il Consiglio di Stato prima e il Gran Consiglio poi sono chiamati ad adottare una legge di applicazio­ne. Con la sentenza del Tribunale federale sul caso del cantone di Neuchâtel conoscono ora meglio lo spazio di manovra. Non possiamo che auspicare che le istituzion­i di questo paese sappiano trovare una soluzione equilibrat­a nella ponderazio­ne dei differenti interessi in gioco. Inutile proporre soluzioni all’eccesso che procurereb­bero solo disoccupaz­ione, arrivo sul mercato del lavoro ticinese di ancor più lavoratori dall’estero e difficoltà per diverse aziende, artigiani e piccoli commerci già confrontat­i a una congiuntur­a instabile. Si tranquilli­zzi il signor Bang, sono figlio di operai, che hanno lottato per difendere i loro diritti e dunque ho vissuto molto bene sulla mia pelle cosa significhi vivere con un solo stipendio in casa. Mi spiace ma io da lei di lezioni proprio non ne prendo.

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