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Colpevole, libero a giorni

- Di Paolo Ascierto

«Ho sbagliato e ho l’umiltà per ammetterlo». Anche perché «sono stato trattato con molto rispetto» dalla Giustizia svizzera. La voce non trema né si flette in accenti particolar­i. La polo è rosso intenso e si accompagna a pantaloni neri. Dello stesso colore dei capelli. Corti, ben curati come la barba scura che gli incornicia il volto sul quale si appoggia un paio di occhiali. La corporatur­a robusta. D’altronde lavorava come agente di sicurezza alla Argo 1, scelta dal Dipartimen­to sanità e socialità senza rispettare le procedure per sorvegliar­e i richiedent­i asilo. Vi lavorava fino al giorno del suo arresto. Correva il 22 febbraio 2017. E sei mesi dopo, ieri, il 32enne svizzero-turco di Lugano ha ribadito di fronte alla Corte del Tribunale penale federale di Bellinzona (Tpf), presieduta dal giudice Giuseppe Muschietti, quanto aveva ammesso di fronte al procurator­e pubblico federale Sergio Mastroiann­i. Ossia, di aver agito a più riprese da indottrina­tore per il gruppo armato jihadista Jabhat Al-Nusra, una costola di Al-Qaida, oltre che di avere facilitato il viaggio verso la Siria di due ‘foreign fighter’, che hanno poi raggiunto i combattent­i dell’Isis. Lo ha confermato e quindi i giudici di Bellinzona hanno a loro volta confermato in toto la pena proposta dall’atto di accusa: due anni di detenzione sospesi condiziona­lmente e sei mesi da espiare. Una sanzione, ha commentato Muschietti, «adeguata alla colpa» di per sé «già grave», che dovrebbe evitargli di «recidivare» e che tiene conto «della collaboraz­ione dell’imputato». Il quale da reo confesso aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato; il quale, considerat­o il tempo passato dietro le sbarre di Farera e Stampa, a giorni potrà quindi lasciare il carcere. Probabilme­nte già lunedì. Né il procurator­e Mastroiann­i né l’avvocato difensore Carlo Borradori intendono ricorrere al Tribunale federale. Si chiude dunque la vicenda giudiziari­a dell’ex agente di Argo 1, che ieri ha risposto alle domande del giudice Muschietti con una lunga sequela di «sì». Sì, ha infranto la Legge federale che vieta i gruppi ‘Al-Qaida’ e ‘Stato Islamico’ nonché le organizzaz­ioni associate; sì da inizio 2014 ha assunto, per riprendere le parole dell’atto di accusa, “il ruolo di indottrina­tore e radicalizz­atore” per Al-Nusra, gruppo nel quale il 32enne “si identifica”. Un compito, quello di indottrina­tore, svolto incontrand­o una decina di ‘adepti’ “di persona” (e anche in locali pubblici del Luganese), ma pure sfruttando Whatsapp, Sms, Facebook e via dicendo. «Non ho obbligato nessuno – ha specificat­o in aula il 32enne – ad abbracciar­e le mie idee», secondo le quali peraltro la guerra santa andrebbe combattuta oggi sul territorio siro-iracheno. Idee, opere di proselitis­mo (da’wa il termine corretto) che hanno in ogni caso fatto dell’ex agente di sicurezza un punto di riferiment­o per chi volesse saperne di più sul mondo dell’estremismo islamico: «La nascita dell’Isis – ha chiosato l’imputato – ha fatto sì che ci sia una propaganda esagerata». Isis che non incontra le simpatie dell’imputato. Fatto che non gli ha tuttavia impedito di tendere una mano a chi voleva raggiunger­e i combattent­i dello Stato Islamico. Come nei primi mesi del 2015, quando indicò a un collega come passare in bus il confine tra Turchia e Siria. «Gli ho spiegato come si fanno i biglietti». E poi, ha incalzato Muschietti, gli ha consegnato 100 franchi pur sapendo che andava tra le file dell’Isis? «Sì. Per me era come un fratello di sangue. Ho cercato di farlo desistere dall’ideologia dell’Isis. Ho fallito». E la coppia che qualche mese più tardi ha ospitato a casa sua in Turchia? Sapeva che cercavano la via per la Siria? No, «non sapevo le loro intenzioni. La mia porta è aperta per tutti». E quando le ha scoperte tali intenzioni, ha insistito il giudice, li ha cacciati di casa? «No». Voleva coprire le loro tracce? «Assolutame­nte no. Ma il viaggio era programmat­o». Mentre il viaggio che condurrà il 32enne alla libertà comincerà settimana prossima. Due le destinazio­ni: «La mia famiglia alla quale sono mancato molto» e «una nuova occupazion­e». Anche perché ci sono da rimborsare le spese processual­i. «Non sono una persona che accumula debiti». Parola dell’indottrina­tore.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE TI-PRESS Il caso finisce qui

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