Il Vecchio continente teme l’euro forte
La Bce continuerà ad acquistare titoli. L’inflazione e la Fed frenano il ‘tapering’.
L’euro non smette di crescere, per le imprese del Vecchio continente le esportazioni si fanno sempre più difficili, la Banca centrale europea (Bce) dovrebbe attendere ancora nell’annunciare l’avvio del ‘tapering’: la riduzione del programma di acquisto di titoli per sostenere l’economia e rilanciare inflazione. Il giorno dopo l’allarme di Francoforte sulla forza della moneta unica il quadro tracciato dagli analisti è questo, anche perché dagli Usa non giungono segnali di immediato rialzo dei tassi. Anzi. Mario Draghi si è dato il 2% come obiettivo per l’inflazione europea, ma Eurostat ha appena confermato che a luglio come a giugno si è fermi all’1,3%. Secondo gli analisti di Credit Suisse ci sono “i primi segnali di un possibile trend al rialzo dell’inflazione ‘core’: in Spagna il processo è già ben avviato, mentre in Germania un ‘bottom out’ prolungato si è probabilmente concluso negli ultimi mesi, con Francia e Italia che appaiono in leggero ritardo”. Ma “la Bce probabilmente resterà cauta, rimandando la decisione sul futuro del suo programma di ‘quantitative easing’ (Qe) solo dopo la riunione di settembre”. La maggioranza degli analisti si aspetta una riduzione degli acquisti trimestrali di Francoforte a partire da gennaio, con la fine del programma che potrebbe essere posto nella seconda parte del 2018. Nella maggior parte dei report viene definito “irrilevante” il ricorso contro il Qe presentato nei giorni scorsi dalla Corte Costituzionale tedesca, con la sensazione che la Bce e i mercati vogliano il ‘tapering’, ma sia i dati macroeconomici sia l’andamento dell’euro ancora non lo consentano. Così la corsa della moneta unica prosegue. Immediatamente dopo la pubblicazione delle minute dell’ultimo direttivo della Bce le quotazioni dell’euro sono scese di quasi un punto percentuale, per recuperare però in breve le quotazioni abituali. E nelle ultime ore il trend di crescita non si è fermato, con un aumento di quasi mezzo punto. L’euro si muove infatti attorno a quota 1,175 sul dollaro, con un rialzo del 13% da inizio anno. Poco inferiore la corsa rispetto alla sterlina (+9% dai minimi di aprile) e sul franco (+6%), con stime quasi sempre di ulteriore consolidamento. Gli analisti della giapponese Nomura prevedono che nei prossimi anni l’euro possa rafforzarsi in modo “costante e progressivo”, con la moneta unica che, rispetto al dollaro, potrebbe valere 1,20 alla fine del 2018 e 1,30 nel 2019, non lontano quindi dai massimi storici di 1,39 del 2014. Più cauta Mps capital services: il taglio delle tasse in Usa “potrebbe riportare il cambio in area 1,10 nei prossimi mesi”, rimanendo “su questo livello nel corso del primo trimestre 2018, in vista del turno elettorale in Italia”. Ma subito dopo “il dollaro potrebbe iniziare nuovamente a deprezzarsi in vista di un atteggiamento Fed molto morbido in tema di politica monetaria”, conclude Mps.