‘Una morte senza colpevoli’
AlpTransit, gli avvocati contestano le accuse e chiedono il proscioglimento degli imputati Sulla tragedia al cantiere di Sigirino che sette anni fa costò la vita a Pietro Mirabelli, nel secondo giorno di processo emerge un’altra storia. E i legali fanno l
È una sola la certezza emersa nei due giorni di processo celebrato alla Corte delle Assise correzionali di Lugano: Pietro Mirabelli, 54enne minatore attivo nel cantiere della galleria di Sigirino quel 22 settembre del 2010 non avrebbe dovuto essere sotto il braccio della perforatrice mentre era attiva. Una certezza che accomuna accusa e difese. Nessuno è invece stato in grado di capire né di spiegare il motivo per cui l’uomo si trovasse lì, proprio dove una roccia di 400 chili si staccò e gli cadde addosso uccidendolo. Una presenza inopportuna e sconsiderata quella della vittima è parsa agli occhi dei tre avvocati che ieri hanno sostenuto le arringhe a difesa dei rispettivi imputati. Ad aprire le danze è stato Stefano Rossi che tutela il minatore macchinista 45enne, accusato, come gli altri tre imputati, di omicidio colposo, subordinatamente di violazione delle regole dell’arte edilizia. Il legale ha chiesto il proscioglimento del suo assistito in quanto «non ci sono prove che si sia distratto, né che abbia violato le norme di sicurezza». Rossi ha contestato sia le conclusioni del pg John Noseda che quelle del legale di parte civile Sandra Xavier. Lo ha fatto citando passaggi della stessa perizia giudiziaria spiegando che i fatti emersi non provano la responsabilità dell’imputato. L’avvocato ha poi censurato l’inchiesta: il cantiere non è nemmeno stato posto sotto sequestro dopo la tragedia. E le gravissime lacune istruttorie impediscono di trarre qualsiasi conclusione definitiva. Le prime fasi dell’indagine sono state peraltro ritenute insufficienti dal perito che ha criticato i rilievi della Scientifica e le analisi degli esperti sull’incidente.
Oltre all’indagine, censurata anche la perizia giudiziaria allestita a due anni dai fatti
La parola è poi passata a Luigi Mattei, legale del caposciolta 68enne, per il quale ha chiesto il proscioglimento contestando l’atto d’accusa stilato dal pg John Noseda. Il legale, sottolineando il lungo tempo trascorso dai fatti (sette anni), si è lungamente soffermato sui clamorosi errori dell’istruttoria: «Il peccato originale è stato quello di non aver chiesto un accompagnamento di specialisti di lavori in galleria subito dopo la tragedia – ha detto Mattei, facendo eco all’avvocato Rossi –. L’istruttoria contiene inoltre troppi elementi da chiarire, fra cui quale fosse l’attrezzatura attorno alla perforatrice, lo stato dei lavori al momento dei fatti e la descrizione delle cause del distacco della roccia di 400 chili che ha ucciso Mirabelli». Secondo il legale, l’analisi della scatola nera contenuta nella perforatrice avrebbe consentito di ricostruire l’incidente. Insomma, troppe domande restano senza una risposta univoca anche nella perizia giudiziaria «che non poteva fare miracoli a due anni dai fatti senza elementi e senza che il perito abbia potuto essere sul posto subito dopo la tragedia», ha aggiunto Mattei. “Mera consulenza senza alcun potere decisionale, l’ingegnere non era il responsabile della sicurezza bensì un addetto”. Questo è il succo del contratto di lavoro per gli incarichi del 50enne nel cantiere di AlpTransit di Sigirino citato dal suo avvocato Sebastiano Pellegrini. Muove da queste considerazioni la richiesta di proscioglimento del suo assistito a cui non possono essere chiesti risarcimenti. Per l’avvocato, dovrebbe essere chiaro che le censure mosse al cinquantenne «cadono nel vuoto: il mio assistito non aveva il compito di verificare l'adeguatezza della formazione dei lavoratori». Il legale ha pure sottolineato come l'ingegnere non fosse nemmeno in galleria quando è successa la tragedia. L’imputato non aveva neppure compiti di sorveglianza e nella denegata ipotesi che l’ingegnere fosse ritenuto in qualche modo responsabile della tragedia, ha rimarcato Pellegrini, non c’è il nesso di causalità fra l’incidente e il suo comportamento.