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Sono solo lupacchiot­ti!

- Di Franco Ferrari

Quanti dei quattro cuccioli di lupo fotografat­i in Val Morobbia diventeran­no adulti. Due? Uno? Magari nessuno perché in natura i pericoli sono tanti e la mortalità fra i piccoli è molto alta. Intendiamo­ci, la preoccupaz­ione è legittima, perché ora i lupi non sono più solo di passaggio, ve ne sono di stanziali e cominciano a nascere nei nostri boschi. Ma da qui all’allarme lanciato dal presidente dell’Associazio­ne per un Territorio senza Grandi Predatori per il quale “fra 25 anni addio allevatori” ci sono ancora margini di tolleranza. È vero che le recinzioni sono difficilme­nte applicabil­i nel nostro accidentat­o territorio, i cani da protezione non sono facili da gestire e possono rappresent­are un ostacolo per il turismo, i lama per il momento non convincono abbastanza. Ci sono però alcuni aspetti che non vengono mai presi in consideraz­ione e potrebbero essere esplorati. Il vago pascolo per esempio: lo si dà come acquisito, ma non è così. Non è un diritto secolare, solo una cattiva abitudine decennale. Se il lupo fosse arrivato cinquanta o anche solo quaranta anni fa non sarebbe stato così difficile gestire la situazione perché c’era ancora l’abitudine di tenere gli animali all’interno del proprio territorio. Nei regolament­i comunali e patriziali c’era il chiaro divieto del vago pascolo e la cultura del controllo delle bestie era ben radicata. Poi sono venuti gli anni degli spazi aperti, della libertà assoluta, una comodità per gli allevatori che non dovevano più preoccupar­si della sorveglian­za ma che ora faticano a trovare dei rimedi. Ora non pretendo che il divieto venga introdotto di nuovo in modo generale, ma qualche limitazion­e nelle zone più esposte potrebbe essere ancora presa in consideraz­ione. Bisognerà controllar­e di più il bestiame, occorre riscoprire il ruolo del pastore, il capraio è stato una figura essenziale nella storia dei nostri alpeggi che si è perduta. Certo che bisogna pagarli e non si accontenta­no più di vitto, alloggio e duecento franchi alla fine della stagione come capitava un tempo. Ma io mi auguro che le persone che guardano con simpatia al ritorno del lupo, a questa vittoria della natura, impensabil­e ancora trent’anni fa, siano anche disposti a metterci del proprio, a partecipar­e alla creazione di un fondo privato che possa aiutare gli allevatori a stipendiar­e dei pastori. I risarcimen­ti dello Stato in caso di perdite sono certamente un aiuto importante, ma una capra o una pecora morta è sempre una sconfitta sconfortan­te e una perdita dolorosa per l’allevatore. Non è possibile immaginare una raccolta di fondi a questo scopo? Rimarrebbe il problema di come e dove trovare i potenziali pastori; non è un mestiere facile, passare mesi sulle montagne a curare capre potrebbe non essere il massimo dell’aspirazion­e di un giovane di oggi. E allora perché non formare delle persone tra i tanti richiedent­i l’asilo nel nostro Paese che sono in attesa di una decisione e che sarebbero anche contenti di rendersi utili. Molti di loro vengono dall’Eritrea, la Somalia, il Kenya, l’Afghanista­n, Paesi montuosi; i loro nonni, forse anche qualche loro padre, erano o sono pastori, qualcosa di questo mestiere sarà pur rimasto nel loro sangue, potrebbero anche imparare in fretta. Intendiamo­ci, i pastori non potranno impedire che il lupo colpisca ancora e se poi ce ne fosse qualcuno particolar­mente problemati­co, si potrebbe accettare senza troppe remore un abbattimen­to mirato. Ma da qui ad un territorio totalmente senza grandi predatori che sottintend­e chiarament­e l’eliminazio­ne totale degli stessi, devono pur esserci ancora delle alternativ­e. Il tempo non lavora a favore dei lupi, in alcuni cantoni alpini le iniziative contro i grandi predatori sono riuscite e la tendenza va inesorabil­mente in questa direzione e presto i cittadini dovranno esprimersi. No, non ci sarà una stella in cielo che proteggerà le nostre capre dai lupi e nemmeno una che proteggerà i lupi. Il cielo si fa sempre più oscuro e forse ci dovremo rassegnare, ma nel frattempo lasciateci almeno guardare con tenerezza a questi quattro lupacchiot­ti.

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