Sono solo lupacchiotti!
Quanti dei quattro cuccioli di lupo fotografati in Val Morobbia diventeranno adulti. Due? Uno? Magari nessuno perché in natura i pericoli sono tanti e la mortalità fra i piccoli è molto alta. Intendiamoci, la preoccupazione è legittima, perché ora i lupi non sono più solo di passaggio, ve ne sono di stanziali e cominciano a nascere nei nostri boschi. Ma da qui all’allarme lanciato dal presidente dell’Associazione per un Territorio senza Grandi Predatori per il quale “fra 25 anni addio allevatori” ci sono ancora margini di tolleranza. È vero che le recinzioni sono difficilmente applicabili nel nostro accidentato territorio, i cani da protezione non sono facili da gestire e possono rappresentare un ostacolo per il turismo, i lama per il momento non convincono abbastanza. Ci sono però alcuni aspetti che non vengono mai presi in considerazione e potrebbero essere esplorati. Il vago pascolo per esempio: lo si dà come acquisito, ma non è così. Non è un diritto secolare, solo una cattiva abitudine decennale. Se il lupo fosse arrivato cinquanta o anche solo quaranta anni fa non sarebbe stato così difficile gestire la situazione perché c’era ancora l’abitudine di tenere gli animali all’interno del proprio territorio. Nei regolamenti comunali e patriziali c’era il chiaro divieto del vago pascolo e la cultura del controllo delle bestie era ben radicata. Poi sono venuti gli anni degli spazi aperti, della libertà assoluta, una comodità per gli allevatori che non dovevano più preoccuparsi della sorveglianza ma che ora faticano a trovare dei rimedi. Ora non pretendo che il divieto venga introdotto di nuovo in modo generale, ma qualche limitazione nelle zone più esposte potrebbe essere ancora presa in considerazione. Bisognerà controllare di più il bestiame, occorre riscoprire il ruolo del pastore, il capraio è stato una figura essenziale nella storia dei nostri alpeggi che si è perduta. Certo che bisogna pagarli e non si accontentano più di vitto, alloggio e duecento franchi alla fine della stagione come capitava un tempo. Ma io mi auguro che le persone che guardano con simpatia al ritorno del lupo, a questa vittoria della natura, impensabile ancora trent’anni fa, siano anche disposti a metterci del proprio, a partecipare alla creazione di un fondo privato che possa aiutare gli allevatori a stipendiare dei pastori. I risarcimenti dello Stato in caso di perdite sono certamente un aiuto importante, ma una capra o una pecora morta è sempre una sconfitta sconfortante e una perdita dolorosa per l’allevatore. Non è possibile immaginare una raccolta di fondi a questo scopo? Rimarrebbe il problema di come e dove trovare i potenziali pastori; non è un mestiere facile, passare mesi sulle montagne a curare capre potrebbe non essere il massimo dell’aspirazione di un giovane di oggi. E allora perché non formare delle persone tra i tanti richiedenti l’asilo nel nostro Paese che sono in attesa di una decisione e che sarebbero anche contenti di rendersi utili. Molti di loro vengono dall’Eritrea, la Somalia, il Kenya, l’Afghanistan, Paesi montuosi; i loro nonni, forse anche qualche loro padre, erano o sono pastori, qualcosa di questo mestiere sarà pur rimasto nel loro sangue, potrebbero anche imparare in fretta. Intendiamoci, i pastori non potranno impedire che il lupo colpisca ancora e se poi ce ne fosse qualcuno particolarmente problematico, si potrebbe accettare senza troppe remore un abbattimento mirato. Ma da qui ad un territorio totalmente senza grandi predatori che sottintende chiaramente l’eliminazione totale degli stessi, devono pur esserci ancora delle alternative. Il tempo non lavora a favore dei lupi, in alcuni cantoni alpini le iniziative contro i grandi predatori sono riuscite e la tendenza va inesorabilmente in questa direzione e presto i cittadini dovranno esprimersi. No, non ci sarà una stella in cielo che proteggerà le nostre capre dai lupi e nemmeno una che proteggerà i lupi. Il cielo si fa sempre più oscuro e forse ci dovremo rassegnare, ma nel frattempo lasciateci almeno guardare con tenerezza a questi quattro lupacchiotti.