Chiose al Festival del film a Locarno
Archiviati in bellezza i 70 anni del Festival di Locarno, è anche giunta, a giusta ragione, l’ora dei bilanci di questo evento che ha tenuto banco per 10 giorni nei moltissimi appassionati, e non, del cinema. A parte qualche giorno di pioggia facente comunque parte dell’inventario, il festival si è svolto nel migliore dei modi sia in Piazza Grande come nelle varie sale, registrando un importante numero di pubblico. Per cui, si può benissimo affermare che il 70° compleanno del festival ha avuto un grande successo. E questo grazie a tutto il gruppo dirigenziale che ha svolto un ottimo lavoro se si pensa alle grandi difficoltà che un simile evento porta con sé oltre alle meritate soddisfazioni. E molto di questo merito, senza minimizzare l’impegno di tutti collaboratori e collaboratrici, va a due persone: Marco Solari infaticabile trasci- natore del festival e C. Chatrian per l’enorme e gravoso lavoro di scelta dei film proiettati. Due persone alle quali va la più grande ammirazione e il più sentito ringraziamento. Il ringraziamento va anche al pubblico che contribuisce notevolmente a far fiorire e a dare un forte impulso per far sì che il festival, non solo prosegua il suo cammino, ma che migliori la sua già notevole qualità artistica. Chiaramente un evento di questa portata presenta, inevitabilmente e comprensibilmente anche aspetti negativi. In particolare la presenza molto limitata di film in italiano e ciò accresce la delusione dei numerosi italofoni che assistono alle proiezioni. Secondo punto, non meno importante, anzi, è la trascuratezza della lingua italiana. Vero che oggi ovunque si vada, la lingua più parlata è l’inglese, tuttavia questo non giustifica il poco rispetto nei confronti dell’italiano che è pur sempre la nostra lingua madre. Scorrendo i prospetti, i cataloghi, le insegne e tutto il resto che fa pubblicità al festival, in primis è l’inglese che la fa da padrone, l’italiano viene sempre dopo. Viviamo in Ticino e la nostra lingua è l’italiano e come tale va difeso e sostenuto. Non è certo per sciovinismo o esagerato campanilismo che sostengo questo problema, ma semplicemente per difendere la nostra lingua. Dopo tutto si tratta né più né meno di un aspetto culturale. Non è affatto per mancanza di rispetto verso i molti festivalieri stranieri, ma il festival ha il dovere di difendere la nostra cultura anche se siamo in pochi, ma così facendo, sono più che certo, saremo maggiormente rispettati. Tutto quanto so- pra è da riallacciare agli ultimi 50 anni, durante i quali ho assistito al degrado del nostro paesaggio, alla svendita del nostro territorio, delle rive dei laghi ed ora temo di assistere anche alla svendita della nostra lingua italiana.