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Chiose al Festival del film a Locarno

- Di Edgardo Ratti, pittore scultore

Archiviati in bellezza i 70 anni del Festival di Locarno, è anche giunta, a giusta ragione, l’ora dei bilanci di questo evento che ha tenuto banco per 10 giorni nei moltissimi appassiona­ti, e non, del cinema. A parte qualche giorno di pioggia facente comunque parte dell’inventario, il festival si è svolto nel migliore dei modi sia in Piazza Grande come nelle varie sale, registrand­o un importante numero di pubblico. Per cui, si può benissimo affermare che il 70° compleanno del festival ha avuto un grande successo. E questo grazie a tutto il gruppo dirigenzia­le che ha svolto un ottimo lavoro se si pensa alle grandi difficoltà che un simile evento porta con sé oltre alle meritate soddisfazi­oni. E molto di questo merito, senza minimizzar­e l’impegno di tutti collaborat­ori e collaborat­rici, va a due persone: Marco Solari infaticabi­le trasci- natore del festival e C. Chatrian per l’enorme e gravoso lavoro di scelta dei film proiettati. Due persone alle quali va la più grande ammirazion­e e il più sentito ringraziam­ento. Il ringraziam­ento va anche al pubblico che contribuis­ce notevolmen­te a far fiorire e a dare un forte impulso per far sì che il festival, non solo prosegua il suo cammino, ma che migliori la sua già notevole qualità artistica. Chiarament­e un evento di questa portata presenta, inevitabil­mente e comprensib­ilmente anche aspetti negativi. In particolar­e la presenza molto limitata di film in italiano e ciò accresce la delusione dei numerosi italofoni che assistono alle proiezioni. Secondo punto, non meno importante, anzi, è la trascurate­zza della lingua italiana. Vero che oggi ovunque si vada, la lingua più parlata è l’inglese, tuttavia questo non giustifica il poco rispetto nei confronti dell’italiano che è pur sempre la nostra lingua madre. Scorrendo i prospetti, i cataloghi, le insegne e tutto il resto che fa pubblicità al festival, in primis è l’inglese che la fa da padrone, l’italiano viene sempre dopo. Viviamo in Ticino e la nostra lingua è l’italiano e come tale va difeso e sostenuto. Non è certo per sciovinism­o o esagerato campanilis­mo che sostengo questo problema, ma sempliceme­nte per difendere la nostra lingua. Dopo tutto si tratta né più né meno di un aspetto culturale. Non è affatto per mancanza di rispetto verso i molti festivalie­ri stranieri, ma il festival ha il dovere di difendere la nostra cultura anche se siamo in pochi, ma così facendo, sono più che certo, saremo maggiormen­te rispettati. Tutto quanto so- pra è da riallaccia­re agli ultimi 50 anni, durante i quali ho assistito al degrado del nostro paesaggio, alla svendita del nostro territorio, delle rive dei laghi ed ora temo di assistere anche alla svendita della nostra lingua italiana.

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