Il genere fantascientifico perde uno dei suoi maestri, lo scrittore Brian Aldiss
“Io non sono d’accordo con quelli che dicono che la fantascienza è una sorta di predizione del futuro, io penso che sia una metafora della condizione umana”. Lo aveva detto Brian Aldiss, nel 2007, con l’estrema lucidità che caratterizza tutta la sua opera di maestro del genere, e anche la sua vita. Aldiss è morto nella sua casa di Oxford a 92 anni e nel giorno del suo compleanno (era nato il 18 agosto del 1925). Ad annunciare la sua morte solo ieri è stato il suo agente letterario Curtis Brown. Osannato in patria, il grande scrittore inglese era noto soprattutto per i romanzi e racconti di fantascienza, ma in realtà è stato autore di una vasta opera di oltre cento volumi composta da poesie, saggi e memorie. Autore di una brillante storia letteraria della fantascienza, ha scritto alcuni capolavori del genere pubblicati in Italia nella classica collezione di Urania: da “Galassie come granelli di sabbia” (1960) a “La lampada dell’amore” (1961), “Il lungo meriggio della Terra” (1961), “Marte pianeta libero” (1999). Aldiss era noto ai lettori italofoni soprattutto come autore del racconto breve “Supertoys che durano tutta l’estate” da cui fu tratto il film “A.I. - Intelligenza artificiale” (2001). Sviluppata da Stanley Kubrick, la storia fu poi diretta da Steven Spielberg. Le sue opere sono state premiate col premio Hugo e col premio Nebula, i principali riconoscimenti della fantascienza. Nel 2005 la Regina Elisabetta II gli conferì il titolo di ufficiale dell’Ordine dell’Impero britannico per meriti letterari.