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‘Anche qui lupi vestiti da agnello’

Simpatizza­nti dell’Isis in Ticino, Gobbi: nessuna paura, ma servono integrazio­ne e intelligen­ce La condanna dell’indottrina­tore svela un contesto preoccupan­te. ‘Dalle moschee mi aspetto più trasparenz­a. Dicevano di non essere state controllat­e, invece...’

- Di Paolo Ascierto

«Beh – commenta il direttore del Dipartimen­to istituzion­i Norman Gobbi –, spesso i lupi indossano il vello da agnelli». Anche in Ticino. Perché dalle pagine dell’atto d’accusa che venerdì ha condannato a due anni e mezzo il 32enne indottrina­tore di Lugano emerge un sottobosco preoccupan­te: nelle sue opere di proselitis­mo in favore del gruppo jihadista Al-Nusra, l’ex agente di sicurezza della Argo 1 ha incontrato – anche in locali pubblici del Luganese – una decina di persone interessat­e all’estremismo. Alcune di esse, tra le quali spicca un ex candidato alle Comunali di Lugano, non nascondeva­no di simpatizza­re per l’Isis. Persone che potremmo sovente giudicare ‘normali’: spesso figli o nipoti di immigrati ben inseriti nella società, forse con una famiglia e di sicuro a piede libero. Sono tra noi. Magari seduti la mattina nel tavolo accanto a bere il caffè. «Pure diversi ‘foreign fighter’ partiti per Siria o Iraq avevano un simile profilo. Ciò dimostra – dice Gobbi alla ‘Regione’ – che anche se si nasce e si cresce qui, può essere necessario un lavoro di integrazio­ne. La fragilità umana si presta ad agevolare queste situazioni».

L’integrazio­ne è però un lungo percorso. Questi potenziali ‘lupi’ sono invece tra di noi già oggi. Che fare?

Si prenda l’inchiesta sfociata nell’arresto del cosiddetto indottrina­tore di Lugano. Non è stata frutto del caso, ma figlia del lavoro di intelligen­ce svolto dalla Polizia cantonale in collaboraz­ione con la Fedpol. È quindi importante permettere alle forze dell’ordine di poter svolgere questo tipo di attività. Ma gli strumenti legislativ­i sono insufficie­nti, compreso il Codice di procedura penale troppo tutelante.

E quindi?

Quindi come Cantoni stiamo lavorando con Berna a una modifica dei codici, in modo di disporre di più mezzi per la lotta contro le organizzaz­ioni criminali e quelle legate al terrorismo. La base legale prevista per ‘reati normali’ è troppo debole.

Altri mezzi che mireranno a potenziare la sorveglian­za?

Certo. Anche se quando si parla di sorveglian­za, spesso la mente corre alle schedature. Oggi però la situazione è diversa. Da un lato perché informazio­ni sul nostro conto sono già in circolazio­ne: basta pagare con la carta in un centro commercial­e. D’altro canto c’è un interesse collettivo a tutelarsi da simili devianze.

Devianze che spesso superano i confini cantonali e nazionali. L’inchiesta che ha portato in carcere il 32enne si riallaccia a casi italiani.

È vitale che i nostri collaborat­ori abbiano buoni contatti anche a sud del confine. Spesso critico le relazioni con l’Italia, ma nell’ambito della sicurezza fortunatam­ente la collaboraz­ione funziona e dà ottimi risultati. D’altronde gli obiettivi sono gli stessi: per loro che non scappino e non si rifugino in un ‘puerto escondido’ ticinese; per il Ticino che non arrivino sul territorio certi personaggi.

E la collaboraz­ione con i musulmani?

L’ho già detto: sarei contento di ricevere una segnalazio­ne da chi è attivo nelle moschee. Quando però a febbraio ha avuto luogo il blitz che ha portato all’arresto dell’indottrina­tore, la Lega dei musulmani ha negato di aver subito controlli. Dagli atti del processo è invece emerso che la sede è stata perquisita. Se vogliono ottenere la fiducia che richiedono, è necessario che adottino un approccio più trasparent­e. Su questo punto sono abbastanza duro. Anzi, non abbastanza duro: sono duro. Punto.

Concludend­o Gobbi, dobbiamo avere paura dei lupi?

Il pericolo zero non esiste. Non penso però che si debba aver paura. La Svizzera non risulta come obiettivo principale. Può tuttavia essere una piattaform­a di reclutamen­to per la diffusione di tali ideologie o per il loro finanziame­nto, come lo è stato in passato per altri tipi di terrorismo. E poi attenzione: vicino a noi ci sono luoghi problemati­ci. Penso per esempio alla Moschea di Varese, dove sono passati personaggi pericolosi.

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TI-PRESS ‘Non basta essere nati e cresciuti qui’

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