Fermati, che poi io passo
Gazzola (Tcs): ‘Un bambino sulla strada è distratto da molte cose e può essere imprevedibile’ Rilanciata la campagna ‘Ruote ferme, bimbi salvi!’. Ai più piccoli viene insegnato che prima di attraversare i veicoli devono essere immobili.
Rallentare, fare un cenno e accendere i fari non basta. Quando un bambino vuole attraversare è necessario fermare completamente il veicolo. Anche quest’anno è stata rilanciata la campagna di sensibilizzazione per la sicurezza stradale ‘Ruote ferme, bimbi salvi!’. Iniziata nel 2015 è promossa dal Touring club svizzero (Tcs), dall’Ufficio prevenzione infortuni (Upi) e dalla polizia, in collaborazione con i Comuni e le scuole. Sino ad oggi i risultati non sono mancati e la conferma arriva da un sondaggio da cui emerge che il 90 per cento degli automobilisti ha percepito e compreso il senso dell’iniziativa. Ma rispondere alle domande e mettersi al volante sono due cose diverse. Infatti, non bisogna trascurare che «il 10 per cento degli intervistati ha ammesso di non conoscere la campagna. Proprio per questo motivo è importante continuare a lavorarci» precisa alla ‘Regione’ il portavoce del Tcs Renato Gazzola. Nonostante la prevenzione, alcuni conducenti non sono al corrente che i bambini imparano a scuola ad attraversare le strisce pedonali soltanto quando i veicoli sono completamente fermi. Per quale ragione rallentare non è sufficiente? «Bisogna sempre tener conto che quando un bambino è sulla strada è distratto da moltissime cose. Tante volte l’automobilista viene sorpreso dal comportamento del bambino stesso, che può essere imprevedibile». Sebbene la maggior parte degli automobilisti confermi di conoscere la campagna, la statistica degli incidenti parla chiaro: stando ai dati dell’Upi il 42 per cento dei bimbi tra i cinque e i 14 anni rimasti coinvolti in incidenti della circolazione stradale, con ferite talvolta mortali, sono successi nel percorso casa-scuola. «Un conto è il risultato di un sondaggio – chiarisce il portavoce del Tcs –, un altro è il reale comportamento sulla strada». Perché alcuni conducenti non si fermano? «In linea di massima per ignavia. Il conducente deve fare sostanzialmente due cose: fermarsi e mantenere il contatto visivo con il bambino». Il Tcs non è l’unico attore al fronte di questa campagna. Collaborando con le autorità locali, anche nel 2017 saranno distribuiti gratuitamente 80mila gilet di sicurezza agli scolari di prima elementare in tutta la Confederazione. Infatti, «con l’arrivo della brutta stagione la luminosità diminuisce e questo giubbettino giallo aiuta ad aumentare la visibilità» dice Gazzola. Oltre all’abbigliamento quale altra attività svolgete? «I nostri gruppi si recano regolarmente nelle scuole. Cerchiamo di coadiuvare il lavoro con dei ragazzi, di solito premiati alla fine dell’anno, che si mettono a disposizione per aiutare i loro colleghi alunni ad attraversare. Però va detto
che non solo i più piccoli sono a rischio, anche le persone anziane possono trovarsi in situazioni pericolose». Sulla strada bambini e nonni non si comportano allo stesso modo. «L’anziano è più insicuro – spiega Gazzola –, inizia ad attraversare e poi, magari, si ferma, riparte o torna indietro. Può capitare che non percorra quei dieci metri in più per raggiungere il passaggio pedonale, restando così bloccato in mezzo alla strada». La prevenzione dunque non deve mai abbassare la guardia, anche se i risultati degli ultimi decenni fanno ben sperare. Infatti, secondo l’Ufficio federale delle strade (Ustra), i dati raccolti sugli incidenti stradali con bambini coinvolti (vedi infografica) mostrano una situazione meno grave rispetto al passato. Nel 1980 il numero di feriti leggeri e gravi superava le 3’000 unità, nel 2014 sono poco meno di 1’300. Anche il numero dei morti tende a diminuire: nel 1990 erano 48, nel 2010 “solo” otto. Ma si può fare meglio.