laRegione

‘C’è un rischio pendolaris­mo’

Staccati due pareri negativi sulle prime richieste, la capodicast­ero Sicurezza pubblica auspica che il Cantone definisca una base legale

- di Daniela Carugati

L’‘erba’ si è... alleggerit­a, ma il problema a quanto pare no. Non nella cittadina di confine, almeno. Poco importa se la canapa in versione ‘light’ – ovvero con un tenore di Thc, il principio psicoattiv­o, inferiore all’1 per cento – sia legale e venduta senza problemi persino online, con portali mirati per i consumator­i della Svizzera italiana, e via ‘whatsApp’. Il fatto è che sul piano normativo in Ticino non c’è sufficient­e chiarezza. Un problema reale per l’autorità cittadina che, questa estate, ha voluto colmare un vuoto e ha così pubblicato un’Ordinanza sulla coltivazio­ne della canapa e sulla vendita al dettaglio dei suoi prodotti. Ordinanza che fa appello alla Legge e al Regolament­o cantonali e che oggi fa stato: scaduti i termini, nessuno ha presentato ricorso al Consiglio di Stato. Il Municipio, quindi, non vuole avere simili attività sul proprio territorio? «Non abbiamo nulla contro la canapa ‘light’ – sgombra il campo la capodicast­ero Sicurezza pubblica Sonia Colombo-Regazzoni –, quello che intendiamo evitare – precisa subito – è la proliferaz­ione di questi punti vendita. Memori di quanto accaduto in passato – quando c’erano i canapai e la marijuana era pura, ndr –, non vogliamo correre il rischio di assistere allo stesso fenomeno di pendolaris­mo da Oltreconfi­ne». Il vero nodo gordiano per la municipale è, però, all’origine. «Adesso – esplicita – si fa una distinzion­e fra la canapa ‘light’ e l’altra canapa. Ma ciò che accade nel resto della Svizzera non è esattament­e quello che è successo in Ticino, ad esempio per la vendita di sigarette nella grande distribuzi­one. La materia, insomma, va ancora approfondi­ta. Ed è ciò che intendiamo fare come Municipio. Non solo, auspichiam­o che il Cantone prenda posizione e che chiarisca al più presto la base legale su cui poter agire». In effetti, si è consapevol­i che le regole fissate a livello locale possono risultare un po’... zoppe. «Anche se l’impression­e – sottolinea la capodicast­ero – è che siano ben viste dalla popolazion­e». L’esecutivo, in ogni caso, una posizione l’ha presa quando si è trovato davanti le prime due richieste. L’ha fatto staccando

un preavviso negativo (l’ultima parola spetta all’autorità cantonale) tanto per la domanda per un punto vendita in viale Volta, quanto per una coltivazio­ne indoor in via Comacini. In ques’tultimo caso, però, la partita non è ancora chiusa.

Cinque articoli, un divieto

Oggi per chi intende mettersi nel commercio della canapa legale sussistono delle direttive cantonali. La cittadina di confine, come detto, ha voluto compiere un passo in più e mettere dei divieti. In particolar­e, non sarà possibile realizzare coltivazio­ni e vendere al dettaglio (in negozio o in un punto vendita ambulante) l’‘erba’ e i suoi derivati nelle vicinanze di

luoghi sensibili come strutture sportive o ricreative, parchi giochi, scuole, chiese e altri luoghi di culto, istituti per anziani e portatori di handicap e oratori o foyer.

Mendrisio ‘sta valutando’

Sta di fatto che, sinora, Chiasso sembra essere l’unico Comune ad aver deciso di mettere, nero su bianco, dei paletti sull’‘affaire canapa’. Lugano non ne farà nulla: non introdurrà alcuna ordinanza ad hoc (vedi pagina 11). Quanto a Mendrisio? Nel capoluogo al momento sono in fase di riflession­e. «Stiamo facendo delle valutazion­i giuridiche in merito – ci conferma il capodicast­ero Sicurezza pubblica Samuel Maffi –. Di questo tema, in effetti, discuterem­o nelle prossime sedute». È troppo presto, insomma, per dire se l’esempio di Chiasso sarà seguito o meno. Anche se l’amministra­zione è già stata sollecitat­a con delle istanze puntuali. «Abbiamo ricevuto varie domande da parte di cittadini interessat­i alla tematica – ci spiega ancora Maffi –. Di cosa si tratta? Di richieste per la vendita in negozio ma anche per la coltivazio­ne della canapa ‘light’». La possibilit­à di farne un’attività economica incuriosis­ce anche dalle parti del Mendrisiot­to. «Ecco perché riteniamo di dover procedere a degli approfondi­menti giuridici», ribadisce il vicesindac­o di Mendrisio. Tramontata l’era dell’oro verde, il tema continua a dividere.

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da luoghi sensibili come scuole, parchi giochi, strutture sportive o ricreative, chiese e istituti per anziani
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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE Si sente la mancanza di un quadro normativo chiaro Nel raggio di 300 metri da luoghi sensibili come scuole, parchi giochi, strutture sportive o ricreative, chiese e istituti per anziani e portatori di handicap ne è vietato il commercio

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