Mafia: ‘Anticorpi nella legge’
Appalti pubblici e criminalità, il Consiglio federale risponde a Regazzi: nuove norme più efficaci Revoca o blocco dell’aggiudicazione di una commessa, misure anticorruzione, anticonflitti d’interesse e via dicendo. Berna promuove la sua ricetta.
Esiste già il vaccino per evitare che la mafia infetti i cantieri svizzeri. Dove lo si trova? Nel progetto di revisione della Legge federale sugli appalti pubblici, trasmessa in febbraio al parlamento. Legge che, una volta in vigore, permetterà di contrastare le infiltrazioni mafiose sul territorio elvetico. È quanto sostiene il Consiglio federale, rispondendo a un’interpellanza con la quale il consigliere nazionale ticinese Fabio Regazzi (Ppd) chiedeva all’esecutivo se fosse ammissibile che ad aziende a processo all’estero per mafia venissero attribuiti appalti pubblici in Svizzera. Regazzi nel suo atto parlamentare – il secondo sulla tematica – portava l’esempio del consorzio italiano Cossi-Condotte che controlla la Lgv impresa costruzioni Sa di Bellinzona. Consorzio che, ricorda l’Ats, ha vinto diversi appalti per il cantiere della galleria di base del Monte Ceneri pur essendo oggetto di procedure giudiziarie in Italia per sospetti legami con la ’Ndrangheta. Orbene, rispondendo al deputato ticinese il Consiglio federale ricorda che vige la presunzione di innocenza: le procedure penali, sottolinea il governo di Berna, sono ancora in corso e “sono state avviate solo nei confronti della società Cossi-Condotti e che in tale contesto la Lgv non è stata menzionata”. Si tratta inoltre, si aggiunge, di vicende avvenute esclusivamente in Italia e Roma non ha presentato alcuna domanda di assistenza giudiziaria. Tornando al di qua del confine, il Consiglio federale rileva poi che il progetto di revisione della legge sugli appalti prevede per l’appunto alcune armi contro le infiltrazioni mafiose. Quali? Per esempio, sempre stando all’Ats, l’introduzione di una disposizione che obbliga il committente ad adottare misure contro i conflitti di interesse, gli accordi illeciti in materia di concorrenza e la corruzione. Il committente ha inoltre la possibilità di escludere un offerente dalla procedura di aggiudicazione o di revocare l’aggiudicazione se è oggetto di una condanna passata in giudicato per un delitto, per un crimine o se ha violato le disposizioni sulla lotta contro la corruzione.
‘Un segnale importante’
«Accuso spesso il Consiglio federale di rispondere in maniera un po’ fumosa e vaga. Quasi a voler dare, per dirla alla ticinese, ‘un menavia’». Stavolta invece Fabio Regazzi sorride: prendendo posizione sull’interpellanza relativa al pericolo di infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, il governo «non ha girato intorno alla torta». Al contrario. Ha dimostrato, rileva il consigliere nazionale Ppd,
«che c’è la consapevolezza del problema e che si vuole affrontarlo. Un buon segnale». Ma la nuova Legge federale sugli appalti pubblici basterà a scongiurare che i tentacoli della ‘piovra’ si muovano liberi sul nostro territorio? «Per esperienza – risponde Regazzi, che è anche presidente dell’Associazione degli imprenditori
ticinesi (Aiti) – da sole le normative non risolvono mai simili problemi. Però aiutano, perché creano un deterrente, una barriera e soprattutto perché rappresentano uno strumento utilizzabile quando si verificano situazioni di questo tipo. Ora resta da capire nel dettaglio come si intende concretizzare tali norme». E sul caso Cossi? «Chiaro che vale la presunzione di innocenza. Tuttavia – annota il deputato – diversi procedimenti e sentenze in Italia sollevavano e sollevano interrogatori su alcune attività della società. E ciò non depone a favore di una situazione particolarmente chiara. Si vedrà».