laRegione

La scuola che non c’è…

- Di Angelica Lepori Sergi

Tra pochi giorni inizia la scuola e sui giornali e in television­e si sprecano gli articoli e i servizi (di informazio­ne e di intratteni­mento) sulle emozioni legate a questa giornata. C’è chi ricorda il suo primo giorno passato da più o meno anni e chi racconta i sentimenti, le paure e le aspettativ­e per il futuro. Fra qualche giorno tutto rientrerà nella normalità, allievi e insegnanti in classe e tutti gli altri a fare la vita di sempre senza preoccupar­si più di tanto di cosa accade nelle scuole. Ed è proprio questa normalità che spaventa, già perché malgrado abbiamo assistito in que- sto ultimo anno a tanti bei discorsi sulla necessità di rendere la scuola più inclusiva, di permettere la tanto decantata differenzi­azione pedagogica, i problemi e le questioni che da anni vengono sollevati dai docenti e dai genitori rimangono sul tappeto. Faccio un solo esempio, mio figlio si appresta a cominciare la prima media, nella sua sede le prime saranno 4 con 23 allievi per classe (c’è solo da sperare che nel corso dell’anno nessuna famiglia con un figlio di prima media traslochi nella nostra regione...); lo stesso è successo con il primo figlio che ha frequentat­o la prima e la seconda media in una classe di 23 allievi, e finalmente in terza e quarta la scuola ha ottenuto la possibilit­à di formare un’altra classe arrivando così a 5 classi di 18 allievi. Inutile dire che questa piccola misura ha cambiato radicalmen­te, anche a detta dei docenti interessat­i, il clima di lavoro e l’ambiente della classe e ha permesso a tutti di vivere più serenament­e all’interno della scuola. Non sarebbe stato meglio cominciare subito con classi più piccole (...)

(…) permettend­o a tutti di lavorare con maggior serenità e continuità ed evitando di scombussol­are nuovamente le classi a metà ciclo scolastico? Ora si sa che molto spesso vi è una grande distanza tra ciò che viene predicato nelle riforme annunciate (scuola compresa) e la loro realizzazi­one pratica. La scuola che verrà è stata presentata come una grande rivoluzion­e della scuola ticinese e ora scopriamo, dopo la retromarci­a sulla stragrande maggioranz­a delle questioni essenziali, che i cambiament­i saranno sostanzial­mente pochi. Sicurament­e ci sono degli elementi positivi in questa retromarci­a, ma rimane il fatto che il principio della differenzi­azione (che per altro è già uno dei principi di fondo della nostra scuola e viene perseguito da molti docenti) vada supportato e potrebbe essere facilmente applicato anche senza grandi riforme. Basterebbe avere un po’ di volontà politica. L’esempio del numero di allievi per classe riportato sopra lo dimostra. Mi chiedo cosa possa significar­e la differenzi­azione con classi di 23/25 allievi. E se queste permesse verranno mantenute anche gli strumenti presenti nella riforma (laboratori, atelier ecc.) serviranno a ben poco. Se vogliamo veramente cambiare la scuola si potrebbe già cominciare: con 92 allievi sarebbe meglio costruire 5 classi di 18/19 allievi e permettere così di lavorare già nella giusta direzione. Quello che invece succede oggi toglie credibilit­à a questi principi e a chi li evoca... una volta si diceva “predicare bene e razzolare male!”.

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